La strage degli operai, perché dedicare subito una via a Kevin Laganà
La morte del giovane messinese assomma tutto ciò che abbiamo ceduto e che ora dev’essere, per quello che è possibile, riportato a casa, anche soltanto con un gesto simbolico
I messinesi che se ne sono andati, per amore o, quasi sempre, per forza, non smettono di essere concittadini di coloro che sono rimasti. Forse questo è il momento per ricordarsene una volta per tutte.
Rappresentano, gli esportati, una quota enorme di questa comunità, non solo aritmeticamente, perché siamo soprattutto una città d’esportazione, ma di lavoro e basta, purtroppo. Siamo da sempre un contributore di braccia e di cervelli, spesso di tutte le due cose assieme, per tanti altrove, nel nostro paese e all’estero.
La morte di Kevin Laganà assomma tutto ciò che abbiamo ceduto e che ora dev’essere, per quello che è possibile, riportato a casa, anche soltanto con un gesto simbolico, poetico, dedicando a questo frammento di noi, serio e laborioso, come i messinesi di una volta, una strada o una piazza cittadina, perché l’ha guadagnata. Per lui e per tutti noi, per coloro che si sono persi migliaia e migliaia di albe sullo Stretto, per quelle mamme che si sono consumate aspettando la telefonata della figlia o del figlio, un tormento allentatosi solo da quando ci sono i cellulari e almeno la voce è sempre disponibile, sebbene non possa mai sostituire un abbraccio.
Abbiamo bisogno di questo gesto, per favore, abbiamo bisogno di una vera riconciliazione tra chi è rimasto e chi è partito, abbiamo bisogno di riannodarci, di sapere che siamo qui anche quando ci svegliamo da un’altra parte, fosse anche un’altra parte dove stiamo bene e dove abbiamo fatto famiglia.
Ecco, sapere che a Messina possiamo passare da via o da piazza Kevin Laganà, ci restituirebbe la certezza che restiamo parte della nostra storia anche quando siamo costretti ad allontanarcene, ma soprattutto ci renderebbe orgogliosi sapere di essere rappresentati, noi esportati, da un operaio, perché finalmente avremmo la gioia di sapere che nella graduatoria dei cittadini illustri si può accedere anche coi calli nelle mani, che il vero merito sta nello spirito e non nei titoli, ai quali in questa città diamo sempre eccessiva importanza, assai più che altrove, cadendo talvolta nella caricatura.
Tante cose belle porterebbe alla luce questo piccolo-grande gesto toponomastico, rendendo immortale una creatura sottratta ingiustamente alla vita, proprio nell’atto di guadagnarsela, e ponendo le basi per riavvicinarci, non certo per compiacersi dei comuni campanili, semmai per trovare energie nuove da mettere in circolo, per il bene comune.