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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

Anatomia di una fascista camaleontica, furba e risoluta a cominciare dal linguaggio

Dalle parole rivolte al giovane di Cagliari alla violenza, implicita, riservata al papà single che ha adottare una bimba down c’è l’abisso che separa la ragione da una destra primitiva e pericolosa, che vede nei diritti una generosa concessione del potere

Ci sono un’infinità di cose che ci sfuggono, ma non è colpa di nessuno, semmai della fretta che ammorba le nostre vite. La stessa fretta che rende dei comuni cittadini clienti di chi fa il mio lavoro, la stessa fretta che ci fa assumere decisioni improvvide di cui noi stessi e i nostri figli pagheremo le conseguenze. In questi giorni incombono su di noi gli effetti della velocità inconsulta cui siamo votati, perché stiamo per schiantarci contro un albero secolare che non si farà neppure un graffio, mentre noi potremmo uscirne ancora più incattivi e divisi di quanto non osiamo immaginare.

Trovo sacrosanto desiderare una vita migliore, ma è necessario valutare la qualità e la quantità dei rischi che corriamo per raggiungere lo scopo. Un mese fa, proprio su questa testata, avevo scritto un articolo dal titolo molto esplicito, “Giorgia Meloni, ambigua e forse pericolosa maestrina”, in cui analizzavo il discorso violento che aveva tenuto durante un comizio dell’estrema destra spagnola.

Espressioni, quelle del delirante comizio iberico, in cui non c’era una sola proposta costruttiva, ma questo è naturale perché la diretta interessata manca di cabotaggio, una grande intrattenitrice ma col magazzino delle competenze piuttosto vuoto. In compenso, quella lunga invettiva, è utilissima ad alimentare il basamento sociale da cui la violenza scorga per conseguenza logica.

Malgrado io stesso eviterei di indulgere sulla natura genuinamente fascista di Giorgia Meloni, trovo però urgente porre l’attenzione sulla violenza, subdola ma continua, presente nella sua comunicazione. Di certo, non invoca l’uso dei manganelli, ma indulge in altre forme di violenza, ad esempio le urla con cui accompagna l’elencazione dei nemici, in genere stranieri e omosessuali, le denigrazioni, implicite ed esplicite, di persone e categorie, tutto camuffato all’interno di un modo di porsi apparentemente normale. Vediamone alcuni esempi “innocenti”.

Le parole rivolte al giovane di Cagliari che, accompagnato dalla bandiera arcobaleno, le chiedeva rispetto per i diritti delle persone omosessuali. “Io la penso diversamente”, aveva risposto sbrigativamente la signora, parlando in modo generico di rispetto reciproco, peccato che il ragazzo dovrebbe rispettare un’idea secondo la quale lui e gli omosessuali non sono normali.  Non siamo più a ottant’anni fa, quando le persone omosessuali finivano nei campi di sterminio nazisti, mentre in Italia venivano “solo” mandate al confino, atto di generosità del fascismo, ma c’è una sottile continuità culturale. “Tanto, avete le unioni civili”, è stato il finale sprezzante, con un sorriso, della candidata che, invece di pensare a un paese dove c’è spazio per tutte le espressioni pro-sociali dei cittadini, si rivolge alla parte più involuta della popolazione, quella che non tollera eccezioni allo schema infantile e bipolare maschio – femmina, alimentandone il risentimento.

In quello scambio c’è l’abisso che separa la ragione da una destra primitiva e pericolosa, che vede nei diritti una generosa concessione del potere.

È questo il fascismo del terzo millennio, un inganno sottile e pervasivo che si fissa nei comportamenti come un veleno da cui è difficile difendersi, che chiama a raccolta integralismi di vario genere, facendone materiale esplosivo. Un fascismo eclettico, persino da libro cuore, quando parla elle emozioni (specialità del populismo), raccontando il mito di una donna, la cui madre voleva abortirla e il cui padre è sparito presto dalla circolazione, un quadretto edificante smentito dal cinico distacco che la stessa riserva al tema della migrazione, proprio mentre i sub che operano nelle acque libanesi raccontano di una madre in fondo al mare con ancora in braccio il figlio. Un bambino, come sua figlia, a cui vorrebbe opporre il blocco navale. Il natante ospita altre decine di naufraghi, tutti affogati mentre cercavano di raggiungere un luogo dove vivere dignitosamente, un privilegio che la democrazia riconosce persino ai fascisti.

La stessa violenza, implicita, riservata al papà single che si è reso protagonista di una scelta meravigliosa, quella di adottare una bimba down, rendendola felice, dandole quella dignità che i tifosi della vita prima di nascere, ma solo prima di nascere, non prendono nemmeno in considerazione. La signora, con gentilezza, come prima al ragazzo omosessuale, si limita a ricordare che la famiglia è fatta da due genitori, dimenticando che la sua fu monogenitoriale, omettendo il fatto decisivo che quella bimba ora non è più priva di speranza.

I fascisti sono quelli delle cose perfette, spesso scatole colme di povertà interiori, che citano donne violentate, non per condividere il loro dolore, ma solo perché c’è di mezzo la migrazione. La stessa sconfinata povertà che mette sullo stesso piano sofferenza e devianza. Cose da bettola.

Il fascismo, purtroppo, non è solo una cultura politica, bensì una vera e propria distorsione della personalità, che nasce da una visione dell’uomo fondata su sentimenti arcaici, accompagnati da un’idea piramidale del mondo, per questo non potrà mai elevarsi fino alla democrazia. Non esiste l’uguaglianza, perché vige una concezione delle relazioni comunitarie fondate sull’obbedienza, sulla sottomissione, sulla nostalgia di un passato mitizzato e a sua volta nostalgico di un altro passato millenario. Una carnevalata in costume da antico romano costata cara a milioni di italiani, incluso mio padre, che ora i fautori tendono a minimizzare, avendo buon gioco perché agli italiani la memoria dura lo spazio di un mattino mentre ad altri conviene stare zitti, non si sa mai.

Lo stesso Dio dei fascisti è malato, e non c’entra nulla con la paternità universale né con la Misericordia di quello del cristianesimo, è una macchietta, un gerarca barbuto cui sottostà un organigramma dove ognuno occupa un posto preciso e obbedisce a chi sta sopra, per questo molti sacerdoti, sgomenti dalla progressiva perdita di potere personale, si lasciano sedurre. Nel silenzio delle gerarchie, che nel pontificio istituto della cultura infilano di tutto, comprese musiciste fasciste e no vax convinte.

Il fascismo è una malattia infantile, una regressione verso forme esistenziali primitive, basate su opposizioni nette, proprio come accade ai bambini, un mondo diviso in bianco e nero, più nero per la verità, senza spazio per le sfumature. Da bambini partiamo tutti così, poi le persone normali evolvono, imparano che non esistono solo due cassetti, bensì un’infinità.

A molti questo non accade, per tale ragione tutto ciò che esula dallo schema bipolare, come l’omosessualità, viene ritenuto imperfetto.

Oggi i fascisti si vestono da moderati, ma solo nel linguaggio. Il potere non si può prendere più coi manganelli, l’Europa chiuderebbe i rubinetti, ecco allora l’idea geniale di usare una donna come grimaldello, dopo un paio di tentativi abortiti, con Almirante e Fini. Per una donna è più facile occultare la vera natura di Fratelli d’Italia, sebbene la stessa sia diventata ciò che è diventata evocando proprio tutto il campionario della cultura fascista, una cultura di morte.

Prepariamoci a una beffa atroce per chi, a costo della vita, ci aveva consegnato un Paese libero.

Anatomia di una fascista camaleontica, furba e risoluta a cominciare dal linguaggio

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