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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Piccoli migranti al largo della Sicilia e supermamma Meloni, la "Repubblica delle Banane" è casa sua

Mentre la premier fa conferenze stampa con slang coatto, tantissimi bambini languono sulle navi delle Ong, perché quando si parla di famiglia forse si intende solo la propria. Un metodo di lavoro sistematico che crea un abisso verso tutta l’umanità

Mentirei se le dicessi che mi sta simpatica, e se devo proprio essere sincero fino in fondo, la considero una delle tre più brutte notizie che siano passate da Palazzo Chigi nel dopoguerra.

La prima si chiama Silvio Berlusconi, di cui non dico nulla, parla per se stesso. Tutti sappiamo che se le infrazioni commesse da lui, nella vita pubblica e in quella privata, le avesse commesse un fruttivendolo, si sarebbe rovinato la vita; invece, il suo compagno di maggioranza si è limitato a rovinarla a noi, rendendo l’immagine del Paese uno straccio. Qualche Rave privato se l’è fatto, forse più spinto di quelli che ora la fanno indignare, ma per quattro voti si tace, mostrando i muscoli ai giovani.

La seconda disgrazia si chiama Matteo Renzi, il distruttore, che ora potrebbe aggiungere al suo curriculum il titolo di cacciatore di rinascimenti. Se ne doveva andare al primo insuccesso, ma temo che se ne andrà prima lei, nel frattempo a sinistra si contano le macerie del suo passaggio. Magari niente di fondamentale, giusto un poco di odio in più.

Adesso arriva lei, che sembra essere diventata una collegiale, ma lo sarà per poco, perché la sua vera natura morde il freno e non vede l’ora di palesarsi. Adesso non sarebbe funzionale, le arriverebbe addosso una tempesta.

Non ci si iscrive a caso ad Allenza Nazionale e neppure si lascia il simbolo della fiamma sullo stemma del proprio partito, inoltre, considero la sua versione autentica quella di piazza di Piazza San Giovanni, poi replicata a Marbella, quando si era lasciata andare ad una performance da sovranista esaltata. Chiacchiere in libertà, ma capaci di indicare i nemici, con una certa finezza, devo ammetterlo, parlando d’altro.

Qualcuno si è meravigliato, non il sottoscritto. Dopo quarant’anni in cui si incontrano persone, non sfugge nulla, creda.

Negli ultimi tempi le avevo dedicato una serie di articoli, a futura memoria, solo per i miei figli, ma anche per quelli che si accorgono l’indomani. Per rinforzare il concetto, avevo scritto a tutti i miei contatti, per comunicare che chi tra loro avesse votato il suo partito, poteva considerare chiuso il nostro rapporto personale.

Adesso non mi attardo oltre. Volevo sono lasciare ai miei lettori una piccola precisazione a proposito della Repubblica delle Banane, un’affermazione banale quanto chi la pronuncia, a corto di concetti e di vocabolario.

Proprio lei, che vuole fare quella tutta d’un pezzo, dovrebbe evitare lo spirito di patata, perché è proprio nelle repubbliche delle banane che il presidente del consiglio nomina il cognato ministro. Anche qui, non ci venga a raccontare la barzelletta che lui faceva politica da prima, perché proprio nelle repubbliche delle banane, di cui è diventata cittadina a tutti gli effetti, il concetto di “opportunità” non esiste. Per cercare di giustificarla mi viene da pensare che l’abbia fatto come omaggio al cinema italiano, visto il cognome del congiunto e l’amore che lei ostenta per le cose italiane. Ma forse sono stato generoso.

A proposito, proprio mentre quasi in slang coatto facciamo conferenze stampa, facendo l’impressione dei velleitari, tantissimi bambini languono sulle navi delle Ong al largo della Sicilia. Mia moglie non è una super mamma, ma di sicuro i bambini li farebbe sbarcare subito. Si vede che le super mamme di oggi sono fatte in modo diverso, sono più serie, quando parlano di famiglia parlano della propria famiglia, un metodo di lavoro sistematico: si comincia dai vicini, come per il cognato del resto. È proprio questo, signora Meloni, che stabilisce un abisso tra noi, che mai potrà essere colmato, almeno fino a quando lei non farà un vero salto culturale verso tutta l’umanità.

Per adesso la chiudiamo qui. Inutile dirle che lei non mi rappresenta, così come è inutile dirle che fino a quando lei sarà presidente del consiglio, non muoverò un dito per il mio paese, salvo lo stretto necessario, sarò un indolente sociale. Un metodo pacifico per dissentire, niente manganelli e neppure bevande disgustose.

E poi, è giusto che a pulire siano gli stessi elettori che il 25 settembre si sono divertiti a sporcare.

Piccoli migranti al largo della Sicilia e supermamma Meloni, la "Repubblica delle Banane" è casa sua

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