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Giovedì, 21 Settembre 2023
Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Cultura a lutto a Messina, è morta Rosalba Filardi Bonanzinga: grazie per ciò che lascia

Mamma della libraia Daniela, era tornata da Torino alla fine degli anni Sessanta, insieme al marito Nino. Nel 1969 avevano aperto una libreria di varia, senza il paracadute della “scolastica”, iniettando nel sangue della città il genio di una miriade di autori di grandi altezze

Il mio telefono è quasi sempre silenziato, soprattutto quando lavoro. Ogni tanta mi perdo qualche chiamata, ma rimedio immediatamente. Stavolta erano due i nomi segnati in rosso. Daniela Bonanzinga e Graziella Lombardo.

Due donne messinesi per le quali nutro un affetto particolare unito ad una stima incrollabile. Non devo spiegare neppure le ragioni, chi vive questa città a testa alta le conosce bene.

È così che oggi, 14 settembre 2023, intorno alle 15,15, mi è giunta la notizia della scomparsa di Rosalba, la madre di Daniela. Ma forse sarebbe più giusto ricordare che Daniela è figlia di Rosalba, il rapporto di causa effetto è chiarissimo, almeno nelle scaturigini, con gli anni è diventato un rapporto di circolarità, quando la figlia si è fatta crescere i muscoli per starle alla pari, riuscendovi. Rosalba è stata un competitore positivo e straordinario per Daniela, in un rapporto che non conobbe la mediocrità.

Le sentivo parlare, con quella cadenza buddace e spessissimo in dialetto, manifesto di una messinesità fatta di piccole imprese che durano, perché fondate sulla roccia.

Rosalba era tornata da Torino alla fine degli anni Sessanta, insieme al marito Nino, che aveva un ruolo prestigioso presso la Bollati Boringhieri, e nel 1969, insieme, avevano aperto una libreria di varia, senza il paracadute della “scolastica”, iniettando nel sangue della città il genio di una miriade di autori di grandi altezze, che venivano in città a farsi conoscere, depositandovi solidissimi lasciti.

Una trasfusione proseguita da Daniela e ancora oggi abbondante.

Niente apologie dei morti, per carità, ma proviamo a immaginare questa città, privata di tutti i contributi culturali di chi ci raggiunge richiamato dalla libreria Bonanzinga che, a pieno titolo, dovrebbe portare anche il cognome di Rosalba.

Quando Daniela mi invitava a Messina per qualche intervento pubblico, dormivo a casa di Rosalba, che aveva riservato una stanza per gli scrittori ospiti. La sera, dopo cena, si chiacchierava, prima di andare a dormire, spaziando dal nipotino, luce dei suoi occhi, oggi giovane studente universitario, a tutto quello che attraversa l’esistenza. Mi faceva sentire importante, perché mi dava retta e perché mi regalava riflessioni scarnificate, ruvide, vere, ma soprattutto perché mi faceva percepire a casa, inattivando la mia incapacità di adattamento rapido a luoghi che non sono i miei.

Di solito impiego qualche giorno per “ritrovarmi”, a casa di Rosalba non accadde mai, la sua voce era troppo familiare, mi ricordava quella dei messinesi di una volta, che riconosco meglio di quella dei messinesi oggi, essendomi perso mezzo secolo di suoni vocali.

Proprio perché edotto del suo disincanto, evito di farla troppo seria e troppo lunga, non vorrei mi ammonisse, proprio alla messinese: “Matricedda, ma chi stai dicennu, chi su sti così!”.

Grazie Rosalba, su di me non puoi vantare un grande vantaggio, una quindicina di anni abbondanti, per questo non ti posso parlare con la superbia di chi ti guarda da lontano. Anche io credo di cominciare a capire, sebbene vagamente, cosa possa significare congedarsi dopo tanta strada.

Quello che è certo è che c’è modo è modo di camminarci sopra, tu l’hai fatto come le donne messinesi, il vero ossigeno di questa città, traduzione castana delle signore tedesche. Una di loro, Anja Kampe, soprano di fama mondiale, pochi anni fa, prima di esibirsi alla Scala, rilasciò una bella intervista al Corriere della Sera. Mi annotai questo pensiero, meraviglioso e verissimo.

“Gli uomini fanno le guerre e le donne poi devono sistemare le cose”.

Forse tu avresti detto, dal tuo punto di osservazione quasi secolare, da antropologa di strada.

“I masculi fannu i babbarii e i fimmini ricettuno i cosi”.  Grazie, anche per averci surrogato, noi maschi, dico, facendoci spesso fare bella figura.

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