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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Da Enrico Borghi a Caterina Chinnici, due o tre cose su come si riduce il valore della politica

L'addio al Pd dal senatore che passa a Italia Viva e dell'europarlamentare pronta a transitare in Forza Italia

Il salto annunciato dell’europarlamentare Caterina Chinnici dal Pd a Forza Italia, sinceramente non è neppure una notizia, si tratta di un fatto normale nella surreale politica siciliana.

Se una persona non capisce che tra due partiti così distanti corre una differenza insanabile nella visione dell’uomo, è inutile perdere tempo.

Meglio dedicarsi alla defezione del senatore del Partito democratico Enrico Borghi, una delle tante spie della profonda crisi umana e civile in atto da tempo nella politica italiana. Sottolineo “umana” perché principalmente su questo terreno si è innescata una mutazione grave e dall’esito incerto.

Il fenomeno dell’astensionismo, preoccupante nelle sue dimensioni, trova spiegazioni ragionevoli soprattutto nell’inarrestabile caduta verticale della qualità del personale politico. Una verità che si cerca di mascherare ricorrendo ad improbabili e consolatorie analisi sociologiche, come fa la chiesa cattolica quando si interroga sulle ragioni della diserzione di massa dei fedeli, cercandole però nella società e mai nel proprio recinto.

In questi giorni abbiamo registrato raggelanti manifestazioni di inconsistenza tra persone che ricoprono cariche importanti, poi ci siamo dilettati con la lite da cortile tra i leader del terzo polo, che si sono presi volgarmente a male parole, contestandosi cose orrende, che teoricamente renderebbero impossibile ogni riavvicinamento.

Per la cronaca, costoro sarebbero i “moderati”, quelli presso i quali si è accasato il transfuga, mentre la segretaria del Pd, concetti del senatore in fuga, avrebbe spinto il partito verso lidi massimalisti ed estremisti. Certo, il cervello non può stare collegato 24 ore al giorno, con quello che consuma.

Se è vero che non si può generalizzare, non si può neppure parlare di semplici eccezioni, basta fare l’elenco di ciò che è accaduto nella politica negli ultimi anni, proprio a causa dell’atteggiamento ludico e irresponsabile di diversi rappresentanti dei partiti, del parlamento, del governo. Il caso del senatore e dei suoi complici -gli stessi che da tempo cercano di annientare il Pd, reo di non avere assecondato la loro ipertrofica volontà di potenza- è solo la prosecuzione di questa incessante aggressione alla credibilità della politica stessa, le cui conseguenze sono difficili da valutare.

La scorsa settimana sono stato ospite di una meritoria Fondazione che opera ai Quartieri Spagnoli di Napoli, l’invito prevedeva un confronto con una serie di figure educative che in quello spaccato così difficile surrogano lo Stato, tenendo in piedi una realtà che a persone come il senatore Enrico Borghi farebbe bene abitare, un bagno di realtà che lo terrebbe lontano dalla tentazione di comportarsi con la faccia tosta e la furbizia “renziana” che sta palesando in questi giorni, per giunta guadagnando venti volte ciò che guadagnano quegli operatori, che con i loro modesti stipendi pagano le tasse ai parlamentari, lui compreso.

Sono loro che mi rendono fiero di appartenere a questo paese, ed a loro dovrebbero chiedere scusa questi signori, a loro che avrebbero diritto di vedere rappresentati i propri valori da interpreti adeguati, e che non trovandoli, come molti cittadini esasperati, diserteranno le urne.

Se non avesse condiviso la linea della nuova segretaria del suo partito, nulla avrebbe impedito al senatore Enrico Borghi di lasciare il Senato e pure la poltrona al Copasir, che oggi difende coi denti appellandosi alle regole parlamentari, dimenticando altre regole valoriali, assai più importanti, proprio quelle che nel suo collegio elettorale sono state violate da lui stesso, carpendo la fiducia degli elettori del suo partito, sotto le cui insegne si è garantito cinque anni di reddito.

Mi occupo di persone da 40 anni e sono inorridito da un uomo che invece di chiedere un appuntamento alla sua segretaria di partito e spiegare le ragioni del disagio, si fa intervistare da un quotidiano per comunicare le sue decisioni, per poi presentarsi alla conferenza stampa con il nuovo referente. In quella Napoli di cui parlavo poc’anzi, il giudizio morale sarebbe stato molto pittoresco.

È il rispetto di queste regole minime che educa il Paese, quelle che i genitori con fatica cercano di trasmettere ai propri figli e che certi comportamenti di personaggi pubblici invalidano, rovinando il lavoro di madri, padri e insegnanti. Meglio, dunque, se il senatore smette di usare a vanvera parole come “testimonianza”, giacché non avrebbe scampo se dovessimo valutarlo in base alla sua, la stessa che cerca di coprire con patetiche razionalizzazioni a posteriori, presumendo senza dirlo che i cittadini siano una massa di sciocchi, proprio come devono sentirsi oggi coloro che l’hanno votato.

Tuttavia, se fossi stato un elettore del suo collegio l’avrei votato anche io, perché la necessità di tenere la destra fascista lontana dal governo mi avrebbe fatto tollerare ogni cosa, persino il rischio di promuovere individui che, acquattati dietro la mia speranza, avrebbero poi derubato il mio voto, consegnandolo al ricettatore di fiducia.

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