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Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Corsa al Quirinale, Casellati ma non in mio nome

Le cose dette il giorno prima valgono più di quelle dette il giorno dopo, allora faccio la mia parte e dico che la senatrice Maria Elisabetta Casellati presidente della Repubblica non mi rappresenta, se poi diventa quello che temo, meglio per lei, tanto non dobbiamo mica mangiare insieme.

Se in un Paese ZEPPO di donne come Fabiola Gianotti si decide di immaginare un presidente della Repubblica come la senatrice in parola, non possiamo tagliarci le vene. Prendiamo solo atto che il futuro ce lo scegliamo da noi e accettiamo l’idea che la destra italiana è un terreno desertificato, dove trovare una figura all’altezza delle attese del Paese è pressoché impossibile.

Del resto in un luogo dove si è discusso per settimane della possibilità che la prima carica dello Stato andasse a Silvio Berlusconi, può succedere di tutto, e di solito succede.

A una piccola paziente che si lamentava del comportamento isterico della sua maestra, avevo spiegato che quando piove noi possiamo solo prendere l’ombrello, dal momento che non abbiamo il potere di opporci agli aventi naturali. Un atteggiamento di auto salvaguardia che tiene a bada lo stress.

Tuttavia, visto che sto invecchiando, mi piacerebbe vivere questa stagione della vita nella certezza che le lezioni nel nostro paese si imparano, invece non c'è niente da fare, è come negli infiniti ritorni di cui parlava Friedrich Nietzsche, sempre la stessa solfa. C’è ancora gente che vagheggia pensieri fascisti o che continua a vedere gli stranieri come la peste. C’è una politica che sembra la stessa uscita dalla memorabile pellicola “Anni facili” di Luigi Zampa, un’agghiacciante profezia datata 1953, su soggetto di Vitaliano Brancati, di cui renderei obbligatoria la visione in tutte le scuole del Paese almeno una volta l’anno, dalle elementari fino alla laurea. Quello che sta accadendo nella tonnara quirinalizia, a cominciare dai personaggi evocati, anche femmine, è un prolungamento dell’agonia iniziata subito dopo che i costituenti avevano dato il meglio di se stessi, impedendoci ancora oggi di naufragare.

Non smetteremo mai di ringraziare quelle persone, nano particelle di un vaccino monodose sempre efficace, anzi sempre più efficace.

Mago Merlino, meno tormentato del filosofo tedesco, diceva: “la maledizione degli uomini è che dimenticano”. Pensiero che si adatta bene a chi parla di presidenti della repubblica evocando individui che sono stati entusiasti rappresentanti della più grande malattia italiana del dopoguerra, il berlusconismo, che già in passato avevo messo in carico soprattutto ai timidi intellettuali italiani, perlomeno persone che si sentono tali solo perché scrivono.   

La signora Casellati, una madre, redarguiva Massimo Cacciari dei dibattiti televisivi, al filosofo che descriveva le abitudini serotine e notturne di Silvio Berlusconi, replicava piccatissima che ognuno la sera a casa sua può fare quello che vuole. Non considero nemmeno i picchetti e le urla davanti al tribunale per difendere l’idolo della borghesia italiana.

Chi afferma quelle cose non dovrebbe stare dove sta e non dovrebbe neppure immaginare di stare ancora più in alto. Il fatto che lo immaginino altri avvilisce e assottiglia considerevolmente la speranza di vedere sorgere paese migliore.

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