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Venerdì, 19 Aprile 2024
Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

La sinistra senza territorio sfida i propri fantasmi

Durante il processo di selezione dei candidati, abbiamo visto quello che avremmo preferito non vedere. Da una parte le sportellate dei forti e dall’altra gli ululati degli esclusi, spesso infantili. Un campionario di narcisi sanguinanti, molti dei quali dimenticano di avere alle spalle due o più mandati e di essersi portati a casa oltre un milione di euro insieme a una ricca posizione per la vecchiaia

Se qualcuno pensa che gli italiani non voteranno Giorgia Meloni solo perché è fascista -lo è fino al midollo, come spiegherò in un prossimo articolo- è completamente fuori strada. Quando le persone, dopo essere state lavorate per bene dalla propaganda populista, sviate dalla falsificazione incessante degli avventurieri dell’informazione, cominciano ad avere paura, arriva il bene di rifugio per eccellenza. L’uomo forte, anche in versione femminile.

Dunque, se si imposta una campagna elettorale su questo tasto, si perde, anzi più si insiste più l’avversario verrà percepito come definito e temuto, dunque più facile da leggere e da votare.

Se poi si tira in ballo il pericolo di un cambiamento radicale, le persone che sentono di stare male, e sono un’infinità, vengono invitate a nozze, per loro rovesciare il tavolo significa coltivare delle speranze.

C’è un livello di malessere a cui la sinistra non è in grado di arrivare. Innanzi tutto, perché è nevroticamente concentrata su se stessa, al punto da restare quasi indifferente alle gravissime vicende laziali e alle manfrine dei signori che si sono accaparrati tutti i posti migliori con relativi stipendi. In secondo luogo, perché quel livello non le appartiene più, ma purtroppo il destino si deciderà proprio negli scantinati che i progressisti non frequentano da tempo. Per la verità non li frequenta neppure la destra, che tuttavia è abilissima a lisciare il pelo a chi li abita, attraverso quella che definisco la “tecnica del pedofilo”, minestra a base di finta compassione, promesse false e spregiudicate che intercettano il bisogno di affetto e di considerazione, che sono fortissimi nei soggetti più esposti. L’antidoto a questo abuso di massa sarebbe la gente di sinistra, ma qui bisogna intendersi su che cos’è la sinistra. In Italia direi che è una vestigia del passato, ciò che rimane è un grumo di inespressive figure di cartongesso.

Ovviamente, questo non vale per il Pd del territorio, quello originale, che lotta e vince alle amministrative, ma i suoi fuoriclasse sono stati tenuti in panchina per fare posto al museo delle cere e ai prepotenti che detengono il partito, ma senza il Pd del territorio la partita sembra senza storia, con la beffa di ritrovare in parlamento gente che sembra Leonid Breznev alle sfilate dell’armata rossa, sopraffatta dagli anni e dalla grave dipendenza dalla politica, una malattia che prosciuga l’ossigeno alle istituzioni.

Come un autosalone gestito da ospiti dei vecchi manicomi, il Pd tiene in magazzino le Tesla fiammanti ed espone in vetrina delle vecchie Isotta Fraschini con le gomme a terra nonché inutili funzionari di partito, come il segretario dalla regione in cui abito, di cui si accorge solo ora che si è ritagliato un posto blindato alle elezioni in arrivo. Uno si chiede come fa un segretario regionale a impegnarsi nella ricerca e nella difesa dei candidati migliori mentre cerca di candidare se stesso, come se un arbitro facesse il portiere di una delle due squadre in campo.

Perché si possa capire il popolo degli scantinati, il vero pascolo e la vera missione del progressismo, servono i sindaci, perché sono gli unici veri ambasciatori della realtà, quelli che più somigliano a Pepe Mujica, l’ex presidente dell’Uruguay, uno di sinistra per davvero, che non solcava i mari in barca a vela ma viveva in conformità con le idee professate, cosa che riesce meglio a chi è abituato a stare in mezzo alla gente.

Pensate che logica, tre mesi orsono il Pd faceva incetta di vittorie a livello locale, anche con margini notevoli, indicando chiaramente una strada, oggi il partito nazionale smentisce quella evidenza e si rituffa nelle proprie sentine. Incredibile.    

Durante il processo di selezione dei candidati, abbiamo visto quello che avremmo preferito non vedere. Da una parte le sportellate dei forti e dall’altra gli ululati degli esclusi, spesso infantili. Un campionario di narcisi sanguinanti, molti dei quali dimenticano di avere alle spalle due o più mandati e di essersi portati a casa oltre un milione di euro insieme a una ricca posizione per la vecchiaia. A sinistra la politica nazionale è diventata una finzione che si trasforma presto in dipendenza, persone che si ammalano di sé e del ruolo conquistato, a cui si imbullonano bloccando l’evoluzione della collettività, politica e civile. Clamoroso il caso della parlamentare europea Patrizia Toia, che esplicita meglio di mille parole il concetto di eternità. Tempo fa mi trovavo in coda alle Cappelle Medicee a Firenze, si avanzava a passo di lumaca. Una ragazza poco più che ventenne ci chiedeva di pazientare. Le avevo chiesto come mai fossimo bloccati. “Alla cassa c’è una donna di 64 anni che non parla una sola parola di inglese, né di altre lingue, e impiega quarti d’ora per intendersi con i visitatori stranieri, ma il sindacato ritiene che quella posizione spetti a lei, mentre io che parlo quattro lingue sono qui a tenere a bada la fila”.

Ecco, questo è l’effetto che produce sull’intero paese tale modello di attribuzione delle responsabilità scelto dal Pd nelle tristi elezioni in arrivo, nelle quali temiamo un viaggio senza ritorno ma nello stesso tempo sappiamo che il partito-garante è percorso da istinti suicidi e di cambiare non sembra avere proprio voglia.

La sinistra senza territorio sfida i propri fantasmi

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