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Giovedì, 18 Aprile 2024
#UNMINUTODILIBRI

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A cura di Eliana Camaioni

Padre Alessio, l'ultimo eremita: la vicenda umana e religiosa di un uomo solo apparentemente fuori dal mondo

Ritratto del religioso di rito greco che ha costruito pietra su pietra il tempio della Candelora. Un viaggio alle radici della nostra civiltà nel libro di Celi, Basso e Privitera

Eʼ sui monti di Santa Lucia del Mela che ha messo su il suo eremo, un gioiello dʼOriente, dove vive in preghiera e solitudine. Con lui solo la natura, e cani, gatti, un variopinto pavone. Padre Alessio non è solo un eremita, è il primo archimandrita messinese incaricato di occuparsi della comunità greco- ortodossa locale, dopo che il terremoto del 1908 ha spazzato via
 ogni traccia di
grecità sul territorio.  Alla sua storia, al suo fascino, è dedicato il libro  “L’ultimo romito” (Lithos ed.) di Diego Celi, Enzo Basso e Pino Privitera, che induce a riflettere sulle nostre radici più profonde, su quella  storia  millenaria, oggi spesso dimenticata,  di  cui la Sicilia rimane terra d’elezione.

In Alessio Mandanikiotis, nella sua cultura, nel suo modo di essere, nella sua scelta a favore del silenzio e della vita ritirata dell’eremo vivono e si rispecchiano le radici della nostra civiltà, specie di quella greca. Il testo  rappresenta l’occasione per un riesame delle testimonianze ancora presenti  nel nostro territorio.

In padre Alessio  troviamo risposte che altri non vogliono o non possono dare, i suoi interrogativi e le sue conclusioni, sempre ragionate e mai supponenti  o superbe, stridono  con certi ecumenismi ripetitivi e di facciata. La sua vita semplice, spartana, lontana dai canoni  della modernità rinvia  al mito e alla storia, la sua tonaca nera a falde larghe  rimanda  a quel mondo greco bizantino che per quasi mille anni si assunse l’onere di assicurare continuità  e sopravvivenza  alle tradizioni della perduta romanità; tutto intorno a lui  invita al silenzio e alla riflessione.  

Abbiamo intervistato Diego Celi, che ci racconta meglio questa opera particolare.

L’Ultimo romito riporta l’attenzione su un pezzo di storia siciliana, e messinese in particolare, che la memoria collettiva sembra aver dimenticato: il monachesimo italo-greco, che ha avuto il suo epicentro, nella nostra città, nell’Archimandidrato di S. Salvatore, più comunemente conosciuta come chiesa del Savio. Quale percorso ha condotto voi autori a fare il focus su un argomento tanto particolare?

“Il fatto che gli uomini non imparino molto dalla Storia è la lezione più importante che la Storia ci insegna” (Aldous Huxley).

Questo saggio non è l’apologia di un monaco vivente, vuole essere uno stimolo a conoscere le origini della nostra cultura. Ridurre, tuttavia, il monachesimo italo-greco, che ha avuto l’epicentro in Sicilia e Calabria, ad un fenomeno storico-culturale- religioso di esclusiva pertinenza meridionale è riduttivo. Le basi della civiltà europea sono anch’esse bizantine oltre che romane. Va sottolineato, inoltre, che la cultura bizantina di Venezia e Ravenna sono altra cosa rispetto a quella del Sud d’Italia. Messina, con l’Archimandritato del Ss Salvatore, aveva una giurisdizione su oltre 60 monasteri di tradizione bizantina situati in Sicilia e Calabria. I messinesi prima della invasione dei Saraceni erano greci di rito e di lingua, riporta Caio Domenico Gallo nei suoi “Annali della Città di Messina”. Pietro Bembo imparò il greco nella città dello Stretto. Abbiamo raccontato questa storia, perchè un uomo, in questo territorio è l’ultimo epigono di una cultura millenaria: lievito non reliquiario di tradizioni e civiltà.

L’ecumenismo incompiuto, a vostro dire, è una ferita lasciata volutamente aperta e non sanata: in che senso, e perché?

Sempre più spesso il termine ecumenismo appare vacuo se non ipocrita: la storia di Padre Alessio Mandanikiotis ne rappresenta un esempio eloquente, nonostante lo jeromonaco sia testimone e apostolo di quella cultura greco-ortodossa, pilastro della civiltà cristiana occidentale oggi seriamente minata e che andrebbe, invece, fortemente sostenuta. Durante il lungo Pontificato di Giovanni Paolo II sembrò concretizzarsi, nello spirito del Concilio Vaticano II, il dialogo interrreligioso ed ecumenico. Di più: la sera del 13 marzo 2013, Papa Francesco parlò per la prima volta al mondo, dalla Loggia delle benedizioni, e si definì “Vescovo di Roma “, prima che Papa. Il 20 marzo, il nuovo Pontefice abbracciò in Vaticano Bartolomeo I chiamandolo “Andrea” in quanto erede dell’apostolo. Ci si chiede perchè Padre Alessio non ha ottenuto una Chiesa in comodato d’uso dalle gerarchie ecclesiastiche dove potere svolgere la sua azione pastorale? Quali impedimenti cristiani hanno giustificato questo ormai annoso divieto? Eppure tantissime chiese sono ormai solo edifici abbandonati.

Attraverso la storia di padre Alessio, il lettore riceve in dono una straordinaria narrazione di microstoria, quella storia dal basso del nostro territorio che non è mai stata scritta in forma organica. Quanti anni di studi e che tipi di ricerche avete condotto per approdare a un panorama così dettagliato e preciso di eventi altrimenti destinati all’oblio?

La civiltà bizantina ha lasciato tracce indelebili nei nostri territori, nel nostro costume, nel linguaggio e nella toponomastica. A Milazzo, nella piana e nel suo promontorio, e poi a Santa Lucia e San Filippo del Mela, la varietà del territorio offrì opportunità per numerosi insediamenti che presero forma a cavallo tra il fiume Mela da un lato e il Floripotema dall’altro. Furono poi le cavità tufiche lungo il Niceto a dare luogo ai primi stanziamenti da cui derivarono San Pier Niceto, Condrò, Rocca e Monforte. Rometta, per la sua posizione, assunse subito il carattere di baluardo difensivo. “L’ultimo romito” ci ha permesso di riscoprire le nostre radici più profonde attraverso lo studio di fonti storiche che andrebbero insegnate per meglio comprendere chi siamo.

È la fede cristiana in crisi, o piuttosto la spiritualità in genere?

Scrivere de “L’ultimo romito” può apparire anacronistico e fuori moda in un mondo, quello attuale, caratterizzato da puro edonismo, arrogante superficialità e spietate guerre finanziarie antitesi dell’economia; lo abbiamo fatto non per un rimpianto della storia, ma per desiderio e fame di conoscenza e anche per rispetto e ammirazione verso chi sa testimoniare, a costo di rinunce e sacrifici, i propri valori. La testimonianza di fede del romito è un atto di continuo coraggio e autenticità. Se il cristianesimo è in crisi, vi è forse una maggiore necessità di spiritualità. Non si spiegherebbe altrimenti perché nell’Eremo della Candelora in contrada Sauci a Santa Lucia del Mela, l’eremita Alessio riceva tante persone desiderose di una parola di conforto...anche preti cattolici e uomini e donne provenienti persino dalla lontana Alaska.

Silenzio e riflessione sono il pane quotidiano della vita di padre Alessio. Possono considerarsi, a parer vostro, quella medicina di cui tanto avrebbe bisogno la nostra contemporaneità malata?

Abbiamo scritto questo saggio da laici, affascinati da Padre Alessio verso cui nutriamo deferenza culturale. Non ci siamo posti questa domanda: fa parte di quel bagaglio che solo i migliori posseggono. Sicuramente la lettura della storia e della vita dell’ultimo romito può dare risposte al quesito.

Padre Alessio, l'ultimo eremita: la vicenda umana e religiosa di un uomo solo apparentemente fuori dal mondo

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