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Cronaca Montagnareale

Terremoto giudiziario a Montagnareale, arrestato il sindaco Sidoti: sotto inchiesta i familiari

Bancarotta fraudolenta e riciclaggio tra le accuse dell'inchiesta di Finanza e Procura di Patti contro l'associazione a delinquere che secondo l'accusa era stata creata dal primo cittadino con i parenti. Sotto sequestro tre milioni e mezzo di euro

Terremoto giudiziario al Comune di Montagnareale dove finisci in arresto anche il sndaco ed ex assessore provinciale Rosario Sidoti  I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina, nell’ambito di indagini dirette dalla Procura di Patti, stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Patti nei confronti di dieci persone, con contestuale sequestro di denaro e beni per un valore complessivo di circa 3,5 milioni di Euro.

Il provvedimento cautelare interviene nella fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, nel rispetto della presunzione di innocenza che l’art.
27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva, svolgendo ogni ulteriore accertamento che dovesse rendersi necessario, anche nell’interesse degli indagati.

L'inchiesta

In particolare, all’esito di complesse indagini, sviluppate dagli specialisti economicofinanziari della Tenenza della Guardia di Finanza di Patti e sotto il coordinamento del Gruppo di Milazzo, consistite in intercettazioni telefoniche, articolate ricostruzioni documentali, integrate da accertamenti bancari, attività tipiche di polizia giudiziaria, è emerso come nel piccolo centro della fascia tirrenica messinese risultava operativa una strutturata associazione criminale, capeggiata dal sindaco e composta da 9 membri della sua famiglia (i genitori, la moglie, la suocera, la figlia, le due sorelle, un cognato e una cugina), dedita alla commissione di una pluralità di fatti di bancarotta fraudolenta e tentativi di accaparramento di ingenti finanziamenti pubblici - di matrice regionale e comunale - e connesse operazioni di riciclaggio e autoriciclaggio.

Nel dettaglio, sulla base delle imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare conferma in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, il primo cittadino di Montagnareale, oggi destinatario della custodia cautelare ai domiciliari, attivamente coadiuvato da tutti i congiunti, destinatari del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche per un anno si è reso protagonista della costituzione di un fittissimo reticolato societario, composto da sette società, con sede a Montagnareale,, Barcellona Pozzo di Gotto e Librizzi e attive in svariati settori commerciali, dalla costruzione di edifici e strade alla compravendita di beni immobili, sino allo svolgimento di attività ricettiva, di cui tre portate alla decozione, fallite e progressivamente svuotate dei rispettivi patrimoni a favore di altre società consorelle, appartenenti al medesimo gruppo composto dai membri della famiglia indagata.

Lo schema criminale oggetto d’indagine, oggi represso, definito dallo stesso Giudice come “estremamente sofisticato, molto elaborato, consolidato, ripetitivo, efficace e assai remunerativo”, aveva la finalità non solo di determinare le cennate bancarotte fraudolente e connesse operazioni di reimpiego dei patrimoni fraudolentemente distratti, ma anche - attraverso artifici e raggiri - di indebitamente intercettare cospicui finanziamenti pubblici, concessi dal Comune di Montagnareal) e dal vicino Comune di Librizzi 
da enti regionali.

Terremoto giudiziario a Montagnareale, le immagini

Il corposo materiale indiziario raccolto, allo stato ritenuto caratterizzato da profili di gravità, ha permesso di meticolosamente censire tutta la galassia societaria, documentando come, scientemente, venissero fatti lievitare i debiti di alcune società, soprattutto nei confronti dell’Erario, poi non onorati, mentre i relativi guadagni venissero puntualmente distratti a favore degli indagati, compiendo innumerevoli e variegate operazioni fraudolente, tali da poter definire le casse societarie come veri e propri bancomat personali del gruppo. In altri termini - secondo le indagini della Finanza - sino a che le società servivano a queste finalità illecite quali la creazione di illegittimi guadagni o l’acquisizione di finanziamenti pubblici, la relativa immagine, data ai creditori, era di solidità finanziaria, ma una volta “spremuta” e conseguito il massimo guadagno, l’impresa carica di debiti veniva abbandonata e lasciata naufragare verso un inesorabile, quanto preordinato, fallimento.

I componenti del gruppo ponevano in essere mirate iniziative - descrivono gli investigatori - volte a paralizzare eventuali azioni di recupero da parte degli stessi creditori, attraverso articolate operazioni con altre realtà societarie appartenenti al medesimo gruppo, attraverso vorticosi giri di denaro. Le nuove società, quindi, raccoglievano “il testimone” da quelle fallite, proseguendo ad operare sul mercato sempre riproponendo i medesimi illeciti metodi di gestione e con le medesime finalità: un sistema definibile “a staffetta”.

Sidoti imprenditore di società "bancomat"

Il Gip del Tribunale di Patti, aderendo alla richiesta avanzata dalla locale Procura della Repubblica, ha anche disposto il sequestro diretto, preordinato alla confisca, delle somme presenti sui conti correnti di quattro degli indagati, per l’ammontare complessivo di 2,5 milioni di euro pari all’ingiusto profitto ottenuto dalla commissione dei reati contestati, oltre al sequestro di 3 unità immobiliari, del valore stimato di 1 milione di euro, site a Librizzi e Taormina oggetto delle distrazioni
fraudolente,dei finanziamenti pubblici richiesti e delle condotte riciclatorie.

Rosario Sidoti, già assessore provinciale e consigliere nell'Udc nel 2021 aveva aderito a Forza Italia entrando a far parte del gruppo politico vicino al parlamentare Tommaso Calderone. 
 

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