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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca Merì

Pestaggio al Cao di Merì, Gitto: “Mi hanno massacrato davanti agli occhi indifferenti di tanta gente”

Il direttore del Centro di primo ascolto e orientamento racconta la drammatica esperienza di venerdì sera. Preso a botte in ufficio davanti ai suoi nipotini. “Ora gli aggressori sono ancora in giro”

Massacrato di botte davanti agli occhi indifferenti di tanta gente.

C’è amarezza in Mariano Gitto, due giorni dopo l’aggressione di un branco di cittadini rumeni che lo hanno preso di mira mentre era al Cao di Merì, il centro di primo ascolto e orientamento di cui è direttore nazionale.

“Tutto è cominciato intorno alle 18.30 – si sfoga il dottore Gitto – ero al Cao quando si è presentata una donna del paese con un cittadino rumeno che abita nella zona. Avevano avuto un incidente stradale e volevano approfittare della nostra sede per fare delle fotocopie legate al sinistro. Nel volgere di pochi minuti sono entrati però altri parenti dell’uomo che erano venuti a conoscenza dell’incidente e si erano forse preoccupati, probabilmente perchè non avevano le carte in regola. Si sono fiondati nell’ufficio ma era evidente che erano fuori di sé, alterati, quasi sicuramente ubriachi. In questi giorni credo siano lì per il matrimonio di qualche parente, uno di loro che abita in paese, e avevano festeggiato. Non le dico come erano ridotti. Ho capito subito che la situazione stava diventando pericolosa e gli ho detto che era meglio se uscivano. Non l’avessi mai fatto”.

Quello che si è scatenato dopo fa ormai parte della denuncia presentata alla stazione dei carabinieri di Merì e dei referti medici.

Calci e pugni fino a lasciarlo a terra esanime, pestato a sangue. E senza guardare in faccia nessuno. “Erano cinque uomini e una donna – svela il direttore del Cao – Ed è stata proprio lei la prima ad alzarmi le mani. Poi, durante il pestaggio si è aggiunto di sicuro un altro uomo ma io già non capivo più nulla”.

Ad assistere alla scena anche due minori, nipoti di Gitto che si trovavano nell’ufficio. “La più piccola sono riuscito a metterla in salvo facendola rintanare in una stanza - racconta - L’altro nipote, quello più grande, purtroppo è rimasto e nel tentativo di venirmi in soccorso si ritrova ora pieno di lividi e con un occhio gonfio, così come un signore del negozio accanto, l’unico insieme a mia cognata, che ha avuto lo slancio di ripararmi dai colpi prendendole a sua volta”.

Ma attorno c’era tanta gente che avrebbe potuto fare qualcosa e non ha mosso un dito. E' questa oggi, l'amarezza più grande del direttore del Cao, servizio dedicato in particolare all'ascolto per i bisogni e difficoltà di vita personale, familiare e sociale. Un centro, insomma, che mira a soccorrere gli altri e che paradossalmente nel momento in cui ha avuto bisogno di aiuto si è trovato il deserto attorno.

“Sì, mi ha amareggiato molto questa vicenda. Quello è un’orario in cui c’è movimento, siamo nel centro del paese. In tanti hanno visto. Non dimenticherò mai... Indifferenza, paura? Non lo so – spiega Gitto - Ma non si può vedere un branco massacrare la gente e rimanere inermi. Non è possibile. Così come non è possibile chiamare aiuto verso le 18.30 e vedere arrivare i carabinieri alle 20.15”.

Su questo aspetto il direttore del Cao è deciso ad andare fino in fondo. “Abbiamo la stazione dei carabinieri a pochi metri e quella di Barcellona non è lontana. Quasi due ore per arrivare... poteva accadere di tutto. Per fortuna ora posso raccontare questa drammatica esperienza e fra qualche giorno le ferite visibili scompariranno ma quello che mi lascia dentro non potrà passare mai. Un pestaggio messo a segno con ferocia inaudita in mezzo a gente che sta a guardare. I carabinieri hanno identificato le persone che mi hanno aggredito a cinquecento metri dall’ufficio, praticamente in flagranza di reato, ma loro sono ancora lì, liberi oggi di passarmi davanti e ridermi in faccia. Una vera e propria umiliazione. Io sono una persona civile e mai reagirei a provocazioni, ma la mia preoccupazione oggi è che possano continuare, prendermi di mira, che possa accadere di nuovo”.

Intanto sono scattate le indagini. E come sempre, le cose sono più delicate di come appaiono a chi le subisce. “Due le pattuglie che sono intervenute -  spiega il maresciallo Maisano - A quell'ora la stazione di Merì è chiusa come tutte le altre stazioni. Perchè l'orario è quello che va dalle 8.30 alle 17. Poi rimane una pattuglia per tutto il territorio che da Merì arriva a Montalbano. Quasi sicuramente erano lontane dal posto in cui è avvenuto il pestaggio. Se ci sono stati ritardi? Verificheremo. Abbiamo gli anticorpi giusti per individuare anche queste responsabilità”. 

Sulle indagini massimo riserbo. I militari stanno cercando riscontri sull’accaduto anche visionando telecamere di videosorveglianza, una in particolare vicino al luogo teatro del pestaggio. E potrebbe essere la svolta.

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