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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Ricoverata in ortopedia muore di infarto, per i giudici “il fatto non sussiste”: assolti due medici

L'anziana era stata portata al Piemonte per una frattura al femore. Tre giorni dopo il decesso dopo una notte di dolori al petto e all'addome. La famiglia pronta a ricorrere in appello: “Il medico reperibile non si era presentato, mentre il collega di guardia ha prescritto solo una plasil all'occorrenza”

Sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste. Ma la vittima c’è e per i figli reclama ancora giustizia. Non si rassegnano alla sentenza di assoluzione per due medici del Piemonte e annunciano il ricorso in appello. I fatti risalgono al 2013, quando Rosaria Orioles, ottant’anni, viene portata una fredda sera di dicembre in ospedale, dopo una caduta che le procura una frattura al femore. Ricoverata nel reparto di Ortopedia, viene operata il giorno dopo. Ma le speranze di riportarla a casa presto svaniscono dopo tre giorni: Rosaria muore, dopo aver invocato aiuto tutta la notte.

Aveva iniziato a chiamare i figli alle tre e alla figlia nel frattempo arrivata gridava “aiutatemi, sto morendo, ho un infarto”, in preda a forti dolori addominali e al petto. Il medico reperibile chiamato dall’infermiere di turno, non si presenta e al telefono chiede di fare visitare la paziente al collega di guardia in ospedale. Quest’ultimo prescrive una fiala di Plasil “all’occorrenza”. Solo quatto ore dopo - sollecitati dal figlio della paziente e da una parente medico che li aveva raggiunti in piena notte - verrà eseguito un elettrocardiogramma. Ma per Rosaria Orioles non ci sarà nulla da fare: muore – scriverà il medico legale – “per coronarica inattesa”.

Durante il processo emergerà che il medico che l’ha visitata quella notte, in sostituzione di chi non si è presentato, non ha annotato quei sintomi nella cartella clinica su cui i consulenti della famiglia Orioles, difesa dall’avvocato Nino Cacia, avanzano più di un dubbio. Così come rischioso è apparso l’intervento al Piemonte per una paziente che dalla relazione anamnestica risulta affetta da cardiopatia ischemica, diabete mellito, angioplastica, e rischio anestesiologico.

Saranno gli stessi consulenti della Procura ad osservare che “se la paziente si fosse trovata all’ospedale Papardo vi erano possibilità di sopravvivenza” perché potuto accedere ad una sala di emodinamica.

Perché dunque operarla al Piemonte? Perché quella notte si è atteso tanto prima di effettuare un elettrocardiogramma? Con la sentenza di assoluzione si  è chiusa la prima tappa di un processo ad ostacoli. Nella fase di indagine, infatti, la procura aveva chiesto per ben due volte l’archiviazione per quattro medici inizialmente indagati, mentre il Giudice per le indagini preliminari, Salvatore Mastroeni, aveva dapprima disposto una integrazione e successivamente l’imputazione coatta per due camici bianchi, archiviando la posizione degli altri indagati.

Ora l’assoluzione destinata ad avere un seguito in appello.

“In attesa di leggere le motivazioni – spiega il legale Nino Cacia - posso solamente ipotizzare il ragionamento effettuato dal tribunale. La formula assolutoria, tuttavia, mi lascia assai perplesso atteso che le conclusioni dei consulenti del pm avevano ipotizzato,  in presenza della documentata insorgenza del dolore toracico alle ore 3,30,  la censurabilità del comportamento di entrambi i medici imputati. Ho avuto difficoltà a spiegare ai figli della signora Orioles che hanno atteso per otto anni questa sentenza – conclude Cacia -  che le condotte del medico reperibile che non si è recato in ospedale nonostante la chiamata dell’infermiere in piena notte e la prescrizione di altro medico di somministrare una fiala di plasil ad una paziente che in preda ai dolori dice di avere un infarto, sono da ritenersi penalmente non punibili”.

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