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Cronaca

Le baracche di Messina sul New York Times, i 113 anni dopo il terremoto raccontati dal giornale americano

La vita di chi abita a contatto con l'eternit, il progetto di risanamento del sindaco Cateno De Luca e le foto del degrado oltre un secolo dopo la scossa che sconvolse la storia dello Stretto di Messina

Ci sono Beatrice Surace, Ignazio D'Andrea, Giovanna Impalà, Sebastiano De Luca, le loro storie, i loro volti e le loro baracche, nel reportage del New York Times, realizzato dall'inviata Emma Bubola, a testimoniare i 113 anni di degrado che di generazione in generazione si sono tramandati. Una inchiesta, quella che il giornale americano ha voluto realizzare, segnata dalla recente programmazione di rinascita messa a punto da Cateno De Luca e dall'agenzia per il risanamento Arismé presieduta da Marcello Scurria di concerto con il governo nazionale. 

Una triste pagina internazionale, quella arrivata adesso anche oltre oceano, che racconta come si vive a contatto con l'eternit, con i problemi di umidità e in ambienti malsani completamente inadatti alla vita ma che accolgono da dopo il terremoto generazioni e generazioni di messinesi. "Hanno detto a mio nonno che sarebbe rimasto per un paio di giorni dopo il terremoto, non per l'eternità", dice Domenica Cambria, una abitante del rione di Giostra, alla giornalista. 

È durante la pandemia, ricostruisce il reportage, che il problema delle baraccopoli diventa di dominio nazionale. Adesso l'obiettivo è di rimuovere tutti i 6500 residenti nell'arco di tre anni. Cancro, asma, malattie polmonari: questa la quotidianità di chi abita nelle baracche. "In media loro vivono sette anni in meno rispetto al resto degli abitanti di Messina secondo quanto stimato dalla Community Foundation, una organizzazione no profit che studi lo sviluppo umano", si legge nel reportage. 

Anche il ruolo del sindaco viene immortalato nero su bianco dalla giornalista. "Dalla sua elezione nel 2018, ha lavorato per svuotare la baraccopoli e per portarla all'attenzione nazionale", si legge. "Adesso con i 100 milioni di euro che arriveranno da Roma il governo vuole cancellarla", prosegue. "Ma io non ci credo più", spiega Sebastiano De Luca che vive nella baraccopoli di Fondo Fucile. E come lui nessuno degli abitanti intervistati da Emma Bubola nutre speranze sul futuro dopo decenni di promesse.

"Mio marito diceva che saremmo morti nella baracca - conclude amaramente la signora Fucile - Infatti lui è morto". 

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