Campi rom ed esempi virtuosi di investimento sociale, perché citare ancora il caso Messina
Con il progetto "Casa e lavoro" nella notte fra il 30 marzo e l'1 aprile 2011 la città dello Stretto, grazie al lavoro dell'allora assessore alle politiche familiari Dario Caroniti, riuscì a chiudere il villaggio di San Ranieri, dove oggi sorge il "Ricrio Ammare". Un modello alternativo di integrazione che fa scuola
Inclusione culturale, sbaraccamento dei villaggi rom, restituzione della dignità umana ai soggetti fragili, professionalizzazione e alfabetizzazione. Non miracoli né tantomento obiettivi astratti, ma fatti concreti che possono intervenire ampliando il valore di una società che voglia essere davvero civile.
A rappresentare ancora un modello di investimento sul capitale umano della comunità è stato il progetto "Casa e famiglia", realizzato nel 2011 a Messina, e messo a punto dall'allora assessore alle politiche familiari Dario Caroniti, per sgomberare l'area rom di san Ranieri, dove oggi sorge il parco del "Ricrio ammare", soprattutto per le grandi città che continuano a trovare difficoltà nella gestione dei villaggi nomadi.
Il caso di Messina tuttora continua a essere considerato riferimento virtuoso, di cui vale la pena continuare a parlare, quale esempio di politiche sociali perfettamente riuscite, come riconosciuto a livello nazionale.
Prima fase: abitazione e professionalizzazione
In una prima fase del progetto il comune aveva messo a disposizione cinque appartamenti appena ristrutturati per poter accogliere circa dieci famiglie. Contestualmente, per riuscire a dare un tetto a tutti gli altri membri della comunità, alcuni sono stati ospitati nei locali dell'ex scuola Capitan Traina e della vecchia scuola di Cataratti, destinate transitoriamente all'uso abitativo.
Successivamente i membri della comunità sono stati istruiti per potersi occupare in qualità di operai edili della ristrutturazione di altri immobili dove poi sarebbero andati ad abitare, abbandonando così l'alloggio nelle scuole. Sono circa 100 le persone del gruppo che, grazie a "Casa e lavoro", continuano ancora ad abitare negli alloggi destinati dal comune per sopperire all'emergenza.
"Ricordo ancora la notte fra il 31 marzo e l'1 aprile quando insieme ai volontari della Caritas, all'associazione Arci Thomas Sankara e alla società di trasporti di Giovanni Gentile, intervenuta come associazione City Angels, che si è offerta di aiutarci a titolo gratuito, abbiamo spostato tutto il villaggio trasferendo le famiglie negli alloggi", racconta a MessinaToday Dario Caroniti. "Senza la collaborazione delle associazioni e dei volontari certamente non sarebbe stato possibile ottenere questo risultato", spiega ancora.
Ma non è certamente mancato l'impegno da parte dell'ammistrazione che ha stabilito un dialogo con il gruppo rom e con il capo Ferizal Izzuff con cui si è avviata una collaborazione reciproca. Altre famiglie, nel corso del tempo, sono state poi collocate in ulteriori case dall'Istituto autonomo per le case popolari.
Seconda fase: alfabetizzazione e contrasto alla dispersione scolastica
"Il progetto però non si limitava soltanto a garantire un alloggio ma aveva l'obiettivo anche di intervenire nelle situazioni di analfabetizzazione e di contrasto dell'abbandono scolastico", sottolinea ancora Caroniti. Gli interventi, dunque, non miravano soltanto al recupero delle aree demaniali, come quella di competenza dell'autorità portuale su cui esisteva il villaggio, restituito all'Autorità portuale "grazie all'intervento dell'allora assessore alle opere pubbliche Pippo Isgrò, il cui intervento è stato determinante per lo sbaraccamento, ma anche quello di non perdere la memoria - aggiunge Caroniti - Attraverso la scolarizzazione e il lavoro si voleva privilegiare l'etnia e le caratteristiche specifiche del gruppo prevalentemente composto da persone musulmane originarie del Kossovo e del Montenegro, dotando allo stesso tempo le persone delle competenze per potersi inserire nel tessuto lavorativo".
Seconda fase del percorso, quello relativo all'alfabetizzazione e al successivo inserimento nel mondo del lavoro di tutti i membri della comunità rom, donne comprese, che, a causa dell'avvicendarsi delle amministrazioni comunali, ha trovato poi uno stop. "Oggi il problema maggiore è quello della continuità scolastica - conclude Caroniti - Il nostro sistema scolastico prevede come tassello iimportante della didattica lo studio a casa che per gli studenti rom è difficile da attuare. Avevamo predisposto un doposcuola per i ragazzi in un edificio che avevamo ristrutturato e destinato a questa attività il cui ingresso è stato nel tempo negato, ponendo fine a questo aspetto del progetto che si era arricchito anche della disponibilità di docenti volontari che ogni giorni si sarebbero occupati di far studiare i ragazzi gratuitamente".
E i costi? "In tutto per la sistemazione delle famiglie rom il comune ha speso 80 mila euro", ha chiosato Caroniti.