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VIDEO | 24 anni all'uomo che contagiò con Hiv, Cedav: “Caso simile a Messina, ma la Corte non riconosce la violenza”

La presidente emerita Carmen Currò spiega le ragioni di costituzione di parte civile negata dai giudici al processo a carico del presunto untore. E avverte...

Sapeva di avere l’Hiv ma continuava ad avere rapporti non protetti con ragazze ignare della sua malattia. La Corte di assise d’appello di Roma ha confermato la condanna a 24 anni di carcere, pur non riconoscendo il reato di epidemia dolosa.

La sentenza, che conferma quella di primo grado, è la prima in Italia e avrà sicuramente qualche ripercussione sul processo che si è aperto a Messina il 3 ottobre e che vede imputato per omicidio aggravato e lesioni gravissime, Luigi De Domenico, 56 anni, presunto untore messinese arrestato nel settembre 2019 per avere trasmesso il virus Hiv, consapevolmente, alla propria compagna, dalla quale aveva anche avuto un figlio.

La prossima udienza si terrà il 25 novembre e l’impianto accusatorio è fondato proprio sulla conoscenza della sieropositività da parte dell’imputato e sulla presunta negligenza nell’avere avuto, senza precauzione e senza informare del rischio, rapporti sessuali con varie partner.

Al processo aveva chiesto di costituirsi parte civile il Cedav, centro donne antiviolenza, con una serie di motivazioni che però non sono state accolte.

“L’associazione Cedav Onlus – spiega la presidente emerita Carmen Currò – ha presentato attraverso l’avvocata Maria Gianquinto la costituzione di parte civile nel procedimento a carico di Luigi De Domenico per il femminicidio della propria compagna Stefania Gambadoro, poiché l’imputato a conoscenza della sua malattia e consapevole del rischio di trasmissione, ne ha violato i diritti e l’integrità psicofisica. Oltre che alla sua compagna anche di un’altra partner sessuale costituitasi pure lei parte civile. La compagna dopo aver subito il dramma della malattia, è morta a causa del contagio e a causa del comportamento prevaricatore dell’untore”.

Il presidente della Corte d’Assise ha ritenuto di non accettare la costituzione di parte civile del Cedav, non ravvisando né violenza negli atti commessi da De Domenico né rinvenendo all’interno dello Statuto del Cedav la previsione di fattispecie come quella del processo in atto.

Una decisione contestata dall’associazione p“erché, spiega la fondatrice Currò la concezione di violenza sulle donne, a seguito della convenzione di Instabul, è ormai considerata una violazione di diritti umani in cui la concezione stessa della violenza non è riconducibile solo ad atti fisici e sessuali ma allargata a tante altre forme di abuso di potere e controllo sulle donne. Resta importante la nostra costituzione, anche se non accolta - conclude Currò - come valore simbolico, per la sensibilizzazione l'opinione pubblica su quella che ormai una vera e propria piaga dell'umanità”.

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