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Cronaca

"Ho 51 anni, sono sano ma il Covid stava per uccidermi"

Il messinese Ignazio Mondello racconta dei suoi 20 giorni di ricovero al Policlinico. "Ho visto gente morire, ma anche gli angeli in tuta e mascherina che non ti facevano mai mancare un sorriso"

Il silenzio di una corsia d'ospedale interrotto bruscamente dai lamenti dei malati e dal passo goffo ma deciso di medici e infermieri, coperti interamente dalla tuta anticontagio che a malapena permette di vedere dove si sta andando. Per Ignazio Mondello sono angeli, non ha dubbi nell'affibbiare loro un'etichetta così importante, gli viene naturale dopo i venti giorni trascorsi al Policlinico di Messina. Un'esperienza che ha voluto raccontare a MessinaToday anche con l'obiettivo di lanciare un messaggio a chi continua a minimizzare quando si parla di coronavirus. 

"Ho 51 anni - spiega Ignazio - sono sempre stato in salute, ma la mia vita è cambiata in pochi giorni e il Covid stava per uccidermi".

Il calvario di Ignazio è iniziato il 22 novembre con il ricovero nel reparto di Pneumologia. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno, arrivato nonostante l'attenzione scrupolosa a seguire le regole anti-contagio. "Non riesco ancora a capire come ho preso il virus - dice - ho sempre indossato la mascherina e rispettato le distanze, ho accompagnato mia figlia a fare il tampone e per scrupolo ho deciso di sottopormi anche io al test. Ma non mi sarei mai aspettato di essere positivo, l'unico in famiglia. Ho iniziato la quarantena e la febbre è arrivata poco dopo e ho subito iniziato il protocollo del dottor Lorenzo Mondello fino a quando le mie condizioni sono peggiorate".

Ignazio inizia a non respirare bene e la situazione diventa allarmante. "Quando lo strumento per misurare il flusso respiratorio è andato in tilt - racconta il 51enne - ho contattato il mio medico e acquistato una bombola per l'ossigeno. Ma poco dopo ho dovuto chiamare un'ambulanza anche se l'idea di dover andare in ospedale mi terrorizzava. Avevo paura di essere intubato e non poter vedere più la mia famiglia".

"I lamenti dei malati e i morti, chi sta fuori non ha idea di quanto sia terribile il Covid"

E così Ignazio si ritrova chiuso in una stanza nel reparto di Pneumologia del Policlinico. "Continuavo a respirare male, avevo paura di non farcela e pensavo alla mia famiglia. Non ho mai tolto l'ossigeno e mi alzavo dal letto solo per raggiungere il bagno. Non potrò mai dimenticare quei lamenti che provenivano dalle altre stanze durante la notte così come quel signore di 57 anni dentro il sacco grigio. Chi sta fuori non può immaginare il dramma del Covid, io mi reputo fortunato perché sono riuscito a guarire e a tornare a casa dai miei cari, non tutti però hanno avuto questa possibilità".

"Ho vissuto l'inferno, ma ho trovato angeli pronti ad aiutarmi"

Ecco come un ospedale può sembrare un inferno dove però lavorano veri e propri angeli. Medici, infermieri e personale sanitario che assistono 24 ore su 24 i pazienti in quei reparti così lontani dal mondo esterno. Di loro si vendono a stento gli occhi, chiusi in quelle tute bianche che indurrebbero un bambino a scambiarli per astronauti. "Ho conosciuto persone stupende e professionisti esemplari - dice Ignazio - mi hanno fatto sentire a mio agio nonostante tutto. Non è facile lavorare 11 ore in quelle condizioni, ma non smettevano mai di sorridere. Durante il ricovero sembrava di essere in una nuova famiglia, c'erano gli infermieri che prestavano il loro smartphone ai vecchietti per parlare con i familiari, altri si improvvisavano barbieri. Non posso che dire grazie all'intero reparto di Medicina d'Urgenza del Policlinico, a tutto il personale che ho incontrato. Mi sarebbe piaciuto vedere i loro volti, ma sono sicuro di riuscire comunque a riconoscerli se dovessi incontrarli in strada. Grazie ai dottori Mondello, De Meo, Bagnato e e poi Daniele, Vittorio, Annamaria, Nunzia,  la signora Giovanna,  la signora Cettina, Danilo, Nicola e Davide. Mentre ai miei concittadini dico che il Covid esiste ed è pericoloso, state attenti". 

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