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Cronaca

Droga h24, bische, appalti pubblici: Messina crocevia delle mafie nella relazione della Dia

La relazione del primo semestre del 2020 conferma il legame fra imprenditoria e mafia locale. Sul comune di Messina regna il clan Romeo-Santapaola, mentre in provincia si affermano ancora i gruppi già esistenti nei rioni. Tutte le operazioni che hanno coinvolto anche la pubblica amministrazione

Consolidamento degli schieramenti mafiosi nei territori provinciali e perfezionamento del legame con l'imprenditoria e la pubblica amministrazione. A fotografare la situazione della mafia e delle famiglie più importanti del territorio provinciale e comunale della città dello Stretto le centinaia di pagine della Relazione del Ministro dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla DIA durante il primo semestre del 2020.

Dall'inchiesta "Ottavo cerchio" del marzo 2020, all'operazione "Fuori dal tunnel" di giugno, emerge un legame sempre più stretto e articolato fra la criminalità organizzata e il mondo degli appalti con la connivenza di funzionari pubblici e "colletti bianchi". Una affinità che subisce le influenze delle cosche calabresi e che interagisce anche con cosa nostra palermitana e la cellula catanese. I protagonisti, esponenti del mondo politico e dell'imprenditoria, in un equilibrio che prescinde dallo scontro cruento, hanno continuato a consolidare anche nel corso dello scorso anno il controllo del territorio attraverso rapporti di convenienza reciproca. 

La "mafia imprenditrice", come viene descritta dalla stessa Dia, fa capo anche nel territorio della provincia di Messina al clan dei Romeo-Santapaola. Per quanto riguarda la ripartizione delle aree di influenza dei gruppi messinesi è rimasta invariata nella città come in provincia.

Il mercato della droga da Barcellona a Terme Vigliatore 

Metodi analoghi a cosa nostra palermitana e rigido controllo del mercato della droga attraverso accordi con consorterie criminali catanesi e calabresi. Dopo l'operazione Gotha, che dal 2011 al 2018 ha evidenziato la capillarità della famiglia barcellonese sgominando i maggiori esponenti del gruppo e sottolineando il grado di efficienza raggiunto dalle famiglie sul territorio settentrionale della provincia di Messina, è stata l'operazione "Dinastia" che nel febbraio 2020 ha scoperto fra i rappresentanti della consorteria ancora in libertà il traffico di stupefacenti.

Una attività con la quale le famiglie barcellonesi sono riuscite a integrare gli introiti delle estorsioni e sostenere più efficacemente gli affiliati detenuti. Il 28 febbraio 2020 sono scattate le ordinanze di custodia cautelare in carcere per ben 59 soggetti vicini e contigui alla famiglia barcellonese, a vario titolo ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, violenza e minaccia. 

Oltre al gruppo operante nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto, si contano ancora quelli di Mazzarrà Sant’Andrea, Milazzo e Terme Vigliatore, denominati dei “Mazzarroti”, di “Milazzo” e di “Terme Vigliatore”. La distribuzione della droga nell'area tirrenica della provincia di Messina è stata affidata anche a gruppi minori operanti a Lipari. 

La mafia dei Nebrodi: i fondi europei "rubati" 

Accaparramento dei terreni agrari e dei pascoli per beneficiare dei fondi europei destinati alle zone rurali. L'operazione "Nebrodi" il 15 gennaio 2020 ha portato all'arresto di 98 soggetti soggetti ritenuti responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale, uso di timbri contraffatti. Tra gli indagati anche un esponente dell’amministrazione comunale di Tortorici al quale è stato contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, poiché avrebbe agevolato l’attività di altri affiliati.

Un sodalizio, quello fra i "batanesi" e i "tortoriciani", che ha estorto terreni anche mediante prestanome, per accedere al Fondo Europeo Agricolo di Garanzia, con la connivenza di "colletti bianchi" che operavano proprio in favore delle famiglie criminali aiutandole con atti di donazione e di cessione. Una illecita sottrazione di contributi destinati allo sviluppo rurale che non sono mai stati investiti per lo sviluppo del territorio ma accaparrati per solo profitto personale. 

Nel periodo in questione è stato inoltre disposto, dal Prefetto di Messina, l’accesso presso il Comune di Tortorici al fine di verificare eventuali forme di condizionamento da parte dei sodalizi criminali, nella gestione dell’Ente, così come emerse dagli atti della già descritta operazione “Nebrodi”. 

Legato alla mafia tortoriciana anche un imprenditore del settore della commercializzzione del pellame già condannato nel 2015 per usura e destinatario di un sequestro di beni per un valore di oltre 460 mila euro. Un "dominus incontrastato" a cui era stato confiscato il patrimonio nel 2017, per un valore di circa 2 milioni di euro, nonché nel 2018, per un valore totale di 9 milioni e 500 mila euro. Il soggetto continuava a operare attraverso un prestanome.

Mistretta: le estorsioni e lo sciglimento del comune 

Emerge ancora spiccata l'influenza della famiglia di Mistretta nel territorio compreso tra i comuni di Mistretta, Reitano, Santo Stefano di Camastra, Tusa, Capizzi e Caronia. L'attività estorsiva praticata è riconducibile al “mandamento di San Mauro Castelverde” della provincia di Palermo. La cellula di cosa nostra, nonostante sia stata duramente copita con l'arresto di diversi esponenti dell'organizzazione, è stata supportata dalle nuove leve che hanno non soltanto riattivato il vecchio circuito di estorsioni ma ne hanno anche creati di nuovi, mantenendo in auge la vecchia famiglia e continuando a garantire il pieno controllo del territorio. 

Nel semestre è stato poi prorogato lo scioglimento del Comune di Mistretta, già disposto nel marzo 2019 e prolungato poiché “...non risulta esaurita l’azione di recupero e risanamento complessivo dell’istituzione locale e della realtà sociale, ancora segnate dalla malavita organizzata”, si legge nella relazione.  

In particolare la Commissione prefettizia per la gestione straordinaria “...sin dall’insediamento ha concentrato la propria attività nel settore che si occupa della gestione del patrimonio comunale caratterizzato...da una diffusa mala gestio, in particolare per quanto attiene alle procedure di assegnazione dei numerosi fondi rustici del Comune...”. Per quanto riguarda l’attenzione agli allevatori locali, al fine di erogare correttamente i finanziamenti comunitari destinati allo sviluppo rurale “...la terna commissariale ha provveduto ad emettere un bando per la locazione di terreni destinati al pascolo; tale iniziativa ha permesso agli imprenditori del settore zootecnico – sottoposti previamente a verifiche antimafia - di riscuotere...i contributi emessi dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). L’obiettivo...è quello di assegnare le terre agrarie agli aventi diritto, tra cui giovani imprenditori qualificati...con la previsione di adeguati canoni da corrispondere all’erario comunale. Infine la Commissione ha operato, a partire dal 2019, il ripianamento del disavanzo di bilancio comunale che era stato valutato in circa due milioni di euro “...consentendo dopo ben tre anni di riportare la gestione economico finanziaria dell’ente in condizione di regolarità formale e sostanziale”, scrive ancora la Dia. 

La fascia jonica e la gestione del turismo 

La “fascia jonica”, che va dalla periferia sud della città di Messina fino al confine con la provincia di Catania, è da sempre considerata dalle organizzazioni mafiose catanesi come propria zona di influenza, per lo più attraverso luogotenenti locali. Con l'operazione "Isola Bella" del giugno 2019 è stato disvelato l'accorso fra il clan Cappello e la famiglia Santapaola-Ercolano, per la gestione delle attività turistiche da diporto e dell'intero indotto

I rioni di Messina: le bische, i videopoker e la droga h24

Rioni distinti e suddivisi fra famiglie per la gestione di bische clandestine, ma non solo. A Santa Lucia sopra Contesse continua l'influenza della famiglia Spartà, a Provinciale quella dei Lo Duca, a Camaro proseguono i Ventura-Ferrante, a Mangialupi gli Astri, i Trovato, i Trischitta e i Cutè. A essere destinatario di sequestro di beni, tra i quali fabbricati, società ed imprese (operanti anche nel campo delle scommesse), vetture, un’imbarcazione e 18 conti correnti bancari, con un valore totale di circa 10 milioni di euro, un soggetto vicino alla famiglia Trovato di Mangialupi, coinvolto anche nella gestione di bische clandestine occupandosi della gestione dei videopoker per conto dell’organizzazione mafiosa.

Gestione illecita di rifiuti e di una vasta discrica non autorizzata a ridosso dell'abitato urbano è stata ricondotta ai Mancuso di Gravitelli. Mentre nel rione Giostra continua a operare il clan Galli-Tibia la cui attività è frequentemente rivolta all’organizzazione e allo svolgimento delle corse clandestine di cavalli. Anche in questo caso, comunque, il narcotraffico e la gestione dello spaccio di stupefacenti rientrano tra i principali interessi del sodalizio come confermato dall’operazione “Festa in maschera”.

Il 25 febbraio del 2020 è stata emessa una ordinanza di custodia cautelare in carcere verso 13 soggetti, ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti. Dalle indagini è emerso che gran parte dei soggetti destinatari di provvedimento cautelare facevano parte di nuclei familiari percettori di reddito di cittadinanza.M a il clan Galli ha anche organizzato un sistema di distribuzione di droga attivo h24 su tutto il territorio. L'approvvigionamento principale proveniva dalla Calabria. 

Provvedimenti interdittivi a carico di società agricole, edili e di ristorazione, sono stati emessi in città dal Prefetto, come esito dei lavori del Gruppo Interforze della Dia.

Le infiltrazioni nella pubblica amministrazione: "Ottavo cerchio" 

Corruzione, trasferimento fraudolento di valori, accesso abusivo a sistema informatico o telematico, rivelazione di segreto d’ufficio. Con l'operazione "Ottavo cerchio" il 3 marzo 2020, a Messina, la Polizia di Stato, ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere verso 11 soggetti. Si è trattato di infiltrazioni nella pubblica amministrazione con relativa sottrazione di fondi per la cosa pubblica. A essere coinvolti nell'indagine funzionari del Genio civile di Messina e di Trapani nonché dipendenti del Comune di Messina. Tra gli indagati un soggetto, con vicende giudiziarie per associazione mafiosa, che avrebbe fatto da mediatore per accordi corruttivi con un funzionario del Genio civile il quale, in cambio di denaro per ogni appalto eventualmente aggiudicato, avrebbe favorito le ditte di due imprenditori edili.

Emerge peraltro dall’indagine come, da parte di un altro imprenditore messinese, fosse stata promessa una somma di denaro ad un funzionario del Comune di Messina “...il quale con verbale di somma urgenza...gli aveva già assegnato... - si legge nella relazione - i lavori di ripristino delle condizioni igienico- sanitarie del mercato di...in assenza di adeguata indagine di mercato e che gli aveva suggerito come compilare il documento di fine lavori- indicandogli la data da inserire e la giustificazione da fornire nel documento a sostegno del mancato completamento dei lavori entro i termini stabiliti-...affinché lo agevolasse nell’aggiudicazione di futuri lavori pubblici...”. Tra gli indagati, figura anche un dipendente del Ministero della Giustizia, che aveva rivelato notizie riservate riguardanti le attività dell’Ufficio ad imprenditori tra cui un soggetto gravato da precedenti penali.

Le mani della mafia sugli appalti delle autostrade: "Fuori dal tunnel" 

"Quello della corruttela è un fenomeno purtroppo endemico che prescinde dall’azione mafiosa e viene spesso posto in essere da alcuni imprenditori spregiudicati agevolati da pubblici funzionari che perseguono il medesimo obiettivo del facile arricchimento", si legge nella relazione. Tre amministratori pubblici sono finiti agli arresti il 26 giugno del 2020 per falso ideologico in atto pubblico, turbativa d’asta, tentata truffa aggravata in concorso, induzione indebita a dare o promettere utilità e corruzione. 

Oggetto della corruzione è l’aggiudicazione e la successiva realizzazione dei lavori di messa in sicurezza di importanti gallerie e viadotti siti lungo la tratta autostradale A20 Messina-Palermo e A18 Messina-Catania, reti viarie caratterizzate da frequenti sinistri con vittime. Dalle indagini è emersa, quale figura cardine, quella di un funzionario del Consorzio Autostrade Siciliane che, in concorso con altri, si rendeva protagonista di episodi corruttivi, di turbativa d’asta e di falso nel corso delle procedure di gara per l’aggiudicazione e l’esecuzione dei lavori. 

Nel medesimo contesto è stata anche accertata la tentata truffa a danno di un Ente pubblico, ideata dagli indagati allo scopo di percepire gli incentivi stanziati dal Consorzio per la redazione di progetti, in realtà, realizzati da terzi. Nell’ambito dei lavori di ripristino dell’asfalto drenante di un viadotto veniva, inoltre, concordato, tra il direttore dei lavori e l’impresa appaltatrice, di attestare falsamente l’espletamento del sopralluogo finalizzato alla redazione del certificato di regolare esecuzione dei lavori.

Infine, in una circostanza, il direttore dei lavori aveva indotto l’imprenditore subappaltatore delle opere a promettere un colloquio di lavoro finalizzato all’assunzione di proprie persone di fiducia. In definitiva, le circostanze emerse nel corso delle indagini “...evidenziano un uso distorto della funzione pubblica, - prosegue la relazione - essendo per gli indagati fatto lecito piegare il ruolo ricoperto in seno al Consorzio Autostrade Siciliane, ente pubblico non economico sottoposto al controllo della Regine Siciliana, a logiche affaristiche, asservendolo al perseguimento di interessi personali, quali l’assunzione di persone vicine o la percezione di indebiti incentivi. Il disvalore delle condotte così delineate è ancor più accresciuto dalla considerazione del peculiare contesto in cui le stesse si inseriscono, con particolare riguardo alla progettazione dei sistemi di sicurezza funzionali a garantire l’incolumità dell’utenza lungo un tratto autostradale...già drammaticamente e notoriamente afflitto da gravi carenze strutturali”.

Un modus operandi sistematico che coinvolge le attività illecite di funzionari pubbliche non occasionali ma mirate. Infatti, “...negli stessi anni in cui si snodavano gli eventi in questione...gli stessi indagati e titolari di imprese aggiudicatarie di gare di appalto, venivano raggiunti da misure cautelari personali e richieste di rinvio a giudizio per fatti di reato affini...”, conclude la relazione. 

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