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Cronaca

Giustizia lumaca, Mattarella sul caso Carità: 23 anni aspettando la giustizia, chiesto l'intervento del Csm

Il capo dello Stato sottopone all’organo di garanzia della magistratura i ritardi accumulati sui processi per alluvione all'Annunziata in cui persero la vita quattro persone. Un storia-simbolo che giace insieme a quindicimila procedimenti e riaccende il dibattito sulla durata dei processi

Sarà il Consiglio superiore della magistratura a occuparsi del caso Carità, o meglio dei ritardi accumulati per fare giustizia dopo la tragica alluvione del 27 settembre del 1998 sul viale Annunziata  in cui persero la vita quattro persone, tre delle quali  mamma, papà e sorella di Giovanni Carità che da allora non ha mai smesso neanche un giorno di lottare.

A investire il Csm è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha sottoposto all’organo di garanzia della magistratura per le valutazioni di competenza il caso segnalato da Giovanni Carità che da 23 anni aspetta di mettere la parola fine ad una tragedia che gli ha stravolto la vita. Una tragedia a cui ha fatto seguito un processo penale, durato ben tredici anni e un  processo civile che si dovrebbe concludere il 14 febbraio del 2022. 

Lo scorso anno doveva essere stabilito l’ammontare del risarcimento dei danni ma ancora neanche questo è stato fatto. La storia rischia di diventare l’emblema della giustizia lumaca e delle carenze del sistema giudiziario in particolare in città e tocca un tema cruciale del dibattito sulla giustizia: la durata dei processi.

“Da quando è cominciata questa vicenda si sono susseguiti sette giudici, nessuna risposta ci è stata data e ancora non si vede la parola fine. Sento che stanno uccidendo per la seconda volta la mia famiglia e anche me e mia sorella Giovanna che siamo rimasti soli. Una situazione che diventa sempre più pesante.  Speriamo davvero di potere scrivere la parola fine il 14 febbraio. Ogni persona, colpevole o innocente che sia – conclude Giovanni -  ha diritto a una risposta in tempi ragionevoli. Ogni processo riguarda vicende umane, non bisogna dimenticarlo”. 

Quella dei Carità comincia con una ondata di piena che travolge quattro persone. Il processo penale si chiude definitivamente in Cassazione nel 2012 e riconosce le responsabilità per i fatti alluvionali. La causa civile incardinata per quantificare i danni nel 2013 - fra differimenti, trasferimenti e rinvii - è invece ancora in corso.

Giace al Tribunale di Messina insieme a quasi quindicimila procedimenti contenziosi civili ordinari ai quali si aggiungono procedimenti di separazione e divorzi, esecuzioni immobiliari, procedimenti fallimentari. 
Una situazione che fa emergere anche le carenze d’organico già segnalate anche durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario.

La pianta organica conta complessivamente 42 magistrati. Inevitabile l’accumulo di ritardi che ai cittadini costa non solo in termini morali ma anche economici se è vero che il distretto di Messina ha dovuto risarcire - in base alla legge Pinto – dieci milioni di euro  per l’equa riparazione del danno subito dall’irragionevole durata dei processi. La cifra più alta dei distretti siciliani.

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