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Cronaca

Scandalo concorsi nelle Università, il procuratore Zuccaro: “Un sistema squallido e clientelare”

I retroscena dell'inchiesta che ha portato alla sospensione del rettore di Catania e ad una serie di docenti indagati, anche a Messina. Le accuse da associazione a delinquere alla corruzione e turbativa d’asta. Ecco come si organizzavano per vedere “chi sono gli stronzi da schiacciare”

Il merito? Un optional. Anzi neanche quello.  E’ un vero e proprio mercato quello che viene fuori dall’inchiesta della Procura di Catania sui concorsi nelle Università. Raccomandazioni, concorsi su misura e patti trasversali tra rettori di ieri e di oggi definiti squallidi dagli stessi investigatori che stamattina hanno eseguito un’ordinanza di sospensione dal servizio per il rettore dell’Università di Catania Francesco Basile e per nove docenti ritenuti - a vario titolo - responsabili  dei reati di associazione a delinquere, corruzione, turbativa d’asta ed altro. Ma sono indagati, tra gli altri, i vertici dell'atneo: l'ex rettore Giacomo Pignataro, il prorettore Giancarlo Magnano San Lio, Giuseppe "Uccio" Barone, già direttore del dipartimento di Scienze Politiche, Roberto Pennisi, direttore del dipartimento di Giurisprudenza e Giuseppe Sessa, preside del coordinamento di Medicina.

"Un sistema squallido - ha detto il procuratore Zuccaro nel corso della conferenza stampa - dove le persone che venivano proposte non erano le più meritevoli. La cultura non può soffrire l'adozione di sistemi clientelari. Queste logiche debbono essere perseguite". 

L'operazione è stata denominata "Università bandita" e ha scoperchiato non solo un "sistema Catania". Proprio la Digos ha messo in evidenza come il sistema delinquenziale si estenda anche ad altri Atenei italiani, i cui docenti, nel momento in cui sono stati selezionati per fare parte delle commissioni esaminatrici, si sono sempre preoccupati di ‘non interferire’ sulla scelta del futuro vincitore compiuta preventivamente favorendo il candidato interno che risultava prevalere anche nei casi in cui non fosse meritevole.   

Allo stato, il gip ha riconosciuto l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico di 40 indagati coinvolti nella richiesta cautelare avanzata dalla Digos. Si tratta di 40 professori delle Università di Messina, Bologna, Cagliari, Catanzaro, Chieti-Pescara, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Roma, Trieste, Venezia e Verona.

L’indagine  nasce nel giugno 2016 quando la procura etnea - tramite la Digos - inizia a investigare sui meccanismi interni di potere dell'università. Le indagini si sono protratte sino a marzo dell'anno scorso e hanno preso origine dalle denunce, reciproche, tra l'allora rettore Pignataro e l'ex direttore amministrativo Lucio Maggio.

Particolarmente dure le parole della dirigente della Digos Marica Sacco che ha descritto minuziosamente i metodi utilizzati e che sono emersi anche dalle intercettazioni telefoniche. C'erano professori che dicevano, in vista di un concorso, "vediamo chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare".  E' il caso del noto docente universitario Uccio Barone, originario della provincia di Ragusa e già a capo del dipartimento di Scienze Politiche, che intercettato mentre conversava presumibilmente con un candidato a un concorso lo rassicurava dicendo che si sarebbe fatto dare "l'elenco" per vedere "chi sono questi stronzi che dobbiamo schiacciare" e quindi estromettere.

Le indagini hanno documentato l’esistenza di un vero e proprio codice di comportamento “sommerso” operante in ambito universitario secondo il quale gli esiti dei concorsi devono essere predeterminati dai docenti interessati, nessuno spazio deve essere lasciato a selezioni meritocratiche e nessun ricorso amministrativo può essere presentato contro le decisioni degli organi statutari. Le regole del codice hanno, altresì, un preciso apparato sanzionatorio e le violazioni sono punite con ritardi nella progressione in carriera o esclusioni da ogni valutazione oggettiva del proprio curriculum scientifico.  

L’estrema pericolosità e la piena consapevolezza delle gravi illiceità commesse dal gruppo  spinto da finalità diverse dalla buona amministrazione e volto, al contrario, alla tutela degli interessi di pochi privilegiati che condividono le condotte criminali dell’associazione a delinquere in parola, emergono inoltre dalle raccomandazioni dei sodali di “non parlare” telefonicamente o dalla volontà palesata di effettuare delle preventive “bonifiche” degli Uffici pubblici per ridurre il rischio di indagini e accertamenti nei loro confronti.

In poco più di due anni sarebbero emersi ben 27 concorsi truccati: 17 per professore ordinario, 4 per professore associato, 6 per ricercatore.

L'associazione no profit Trasparenza e Merito, nata un paio di anni fa per monitorare la legalità negli incarichi e nei concorsi delle Università italiane, ha annunciato che si costituirà costtuire parte civile in tutti i processi che scaturiranno a questa indagine.

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