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Cronaca

Affari immobiliari, eolico e supermercati: la "prassi" di Messina Denaro per recuperare contanti

Dall'interrogatorio del boss emerge che in caso di necessità avrebbe contattato i suoi prestanome e che questi avrebbero saputo automaticamente che avrebbero dovuto vendere i beni intestati fittiziamente, depositare i soldi in banca e poi consegnarli al mafioso poco alla volta. Già scoperto un patrimonio dal valore di oltre 4 miliardi

La "prassi" come la chiama Matteo Messina Denaro è chiara e lineare: il prestanome, "nel momento in cui avrei deciso che avevo bisogno io, lo facevo sapere", il proprietario fittizio del bene "lo vendeva e mi mandava i soldi", ma "prima se li metteva in banca e poi, a poco a poco, li prendeva" e avrebbe dovuto consegnarli al boss. Un meccanismo, quello spiegato dall'ex superlatitante, nell'interrogatorio del 16 febbraio scorso, che potrebbe spiegare come abbia fatto negli anni ad avere costantemente denaro e contanti, fino ad arrivare a spendere negli ultimi periodi, come ricostruito grazie ai pizzini, anche 200 mila euro all'anno.

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Molti dei beni del capomafia sono stati individuati negli anni e anche decine di suoi prestanome, alcuni dei quali erano importanti imprenditori, e si è scoperto che il suo portafoglio era abbastanza variegato, ma soprattutto molto redditizio. Un miliardo e mezzo è stato sequestrato a Vito Nicastri, imprenditore dell'eolico, un altro miliardo e mezzo a Carmelo Patti in relazione a villaggi vacanze, 700 milioni a Giuseppe Grigoli, il "re dei supermercati", che gestiva una quarantina di punti vendita tra Trapani ed Agrigento, altri 500 milioni a Rosario Cascio legati al settore dell'edilizia. Un totale di oltre 4 miliardi, tutti riconducibili all'ultimo dei Corleonesi. Ma è davvero tutto qui?

Durante lo stesso interrogatorio, rispondendo alle domande del gip Alfredo Montalto e dei sostituti procuratori Gianluca De Leo e Giovanni Antoci, sul tema "beni patrimoniali" il boss ha detto: "Li avevo, ma me li avete tolti tutti, se qualcosa ho, non lo dico, sarebbe da stupidi". E che qualcosa ce l'ha lo ha ammesso: "Come avrei fatto a vivere altrimenti?". Uno dei filoni di indagine, coordinati dal procuratore Maurizio De Lucia e dell'aggiunto Paolo Guido, si concentra proprio su questo.

Dai pizzini è emersa parte della contabilità del boss e ogni anno annotava una misteriosa entrata fissa di circa 20 mila euro: da dove proveniva quella cifra sempre uguale? Si può ipotizzare che, con la stessa "prassi" descritta in relazione alla signora Passanante, cioè la donna che si sarebbe trovata un terreno del capomafia e che, per pagare dei debiti, avrebbe cercato di venderlo - "rubando il mio terreno e i miei soldi" - possa essere stata utilizzata con tantissime altre persone: quando Messina Denaro aveva "bisogno di aiuto", i prestanome si mettevano a disposizione e portavano liquidità, contanti.

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Visti gli enormi interessi scoperti nel settore dei supermercati e dell'eolico, il mafioso potrebbe avere investito in altre società, ricavando magari dei dividendi e dei profitti. Dopo la sua cattura, avvenuta lo scorso 16 gennaio, su questo fronte non sono emersi elementi nuovi, ma è certo che la contabilità ritrovata nei vari covi sta portando gli investigatori sulle tracce di altri business.
 

Fonte: PalermoToday.it

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