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Cronaca

Il covid non va in vacanza, con Omicron5 tornano a schizzare i contagi: il punto sul virus "estivo"

I nuovi casi continuano ad aumentare, così come le reinfezioni, ma i ricoveri restano sotto controllo. L'analisi degli esperti della situazione

Sono 350.017 i casi di coronavirus notificati tra lunedì e domenica della scorsa settimana, in media circa 50mila diagnosi al giorno, un dato ancora in crescita. La settimana precedente (vedi grafico in basso) i contagi accertati erano stati 219.234, mentre due settimane fa 144.333. Il virus dunque ha ripreso a circolare parecchio, anche se siamo comunque lontani (per ora) dai circa 200mila contagi al giorno registrati a gennaio nel periodo di picco di Omicron. Con l'aumento delle diagnosi risalgono anche i ricoveri: nei reparti ordinari ci sono oggi 5.873 pazienti contro i 4.076 dello scorso 11 giugno (dato più basso degli ultimi mesi). I ricoverati in terapia intensiva sono invece 234 (erano 183 il 14 giugno). Si tratta comunque di un numero ancora basso se consideriamo il picco massimo di 4.068 raggiunto il 4 aprile 2020. 

Diagnosi di Sars-Cov-2-2

Ricoverati con sintomi oggi-2

Dietro l'aumento dei contagi c'è la nuova sottovariante di Omicron Ba.5, e in misura minore anche Ba.4: la prevalenza di Ba.5 era stata stimata al 7 giugno scorso al 23,15%, ma è molto probabile che nel frattempo il nuovo ceppo - più trasmissibile della precedente variante Ba.2 - abbia guadagnato ulteriormente terreno. Il risultato, almeno questo sembrano dire i numeri, è che ora il coronavirus è in grado di dilagare anche nella stagione calda, cosa che non era avvenuta nei due anni precedenti. "Con un virus nuovo non c'è estate che tenga" ha detto Giovanni Rezza, direttore generale della Prevenzione, che ha individuato altre due concause dietro al trend in ascesa dei casi: l'abolizione di molte misure di contenimento e il fenomeno delle reinfezioni. "Speriamo che si tratti di un fenomeno limitato nel tempo" ha aggiunto Rezza. "Anche lo scorso anno, all'inizio dell'estate, dopo gli Europei" di calcio, "c'è stato un rialzo dei casi, ma oggi abbiamo una variante  diversa". 

Caruso: Omicron 5 "virus più contagioso al mondo"

Sars-CoV-2, nella versione Omicron 5, "forse oggi può essere considerato il virus più contagioso al mondo e proprio in questa caratteristica sta la sua pericolosità". Lo ha detto Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), facendo il punto della situazione con l'Adnkronos. Rispetto al coronavirus che ci ha travolto come uno tsunami nelle prime fasi della pandemia Omicron "è sicuramente meno aggressivo" ha detto l'esperto, "ma resta problematico perché nel provocare tante infezioni può arrivare facilmente anche alle persone più fragili". Caruso ha dunque invitato "non sottovalutare" la sottovariante Omicron BA.5 destinata a diventare dominante. Un monito che ha lanciato soprattutto in vista dell'autunno perché "a ottobre il virus ritornerà" mentre l'ondata attuale è "la sorpresa che non ci si aspettava", che però "potrebbe essere solo una fiammata fugace".

Aumento le reinfezioni: più a rischio donne, giovani e non vaccinati

Come abbiamo detto sopra l'aumento delle diagnosi è trainato anche dal fenomeno delle reinfezioni. Secondo l'ultimo monitoraggio realizzato da Istituto superiore di sanità (Iss) e ministero della Salute nell'ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è risultata pari a 8,4%, in aumento rispetto alla settimana precedente quando si era attestata al 7,5%".  "L'analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021, data considerata di riferimento per l'inizio della diffusione della variante Omicron, - si legge nel Report - evidenzia un aumento del 'rischio relativo aggiustato' di reinfezione": nelle persone "con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nelle persone non vaccinate o vaccinate con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi". 

Da quanto emerso le persone più a rischio reinfezione sono le donne, i giovani e i non vaccinati. Il maggior rischio nelle donne, ricorda l'Iss, " può essere verosimilmente dovuto alla maggior presenza di donne in ambito scolastico dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di caregiver in ambito famigliare. Il rischio maggiore di reinfezione è stato evidenziato anche "nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. Verosimilmente - indica l'Iss - il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d'età maggiore di 60 anni". Un rischio maggiore è riscontrato, infine, "negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione".

Fonte: Today.it

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