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Giovedì, 25 Aprile 2024
Cronaca

Operazione provinciale, tra gli arrestati anche un politico: 10mila euro al clan in cambio di voti

Ai domiciliari l'aspirante consigliere Natalino Summa: offrì soldi al boss Sparacio per tentare la scalata elettorale alle elezioni 2018. Tutti i dettagli delle complesse indagini delle forze dell'ordine

C'è anche un politico tra i 33 arrestati al culmine dell'operazione "Provinciale", condotta da carabinieri, guardia di finanza e polizia. Si tratta di Natalino Summa, aspirante consigliere comunale alle scorse elezioni, che secondo le Fiamme Gialle avrebbe offerto 10mila euro al boss Sparacio per avere i voti utili alla propria scalata elettorale. A fare da tramite era Francesco Sollima che lo stesso Summa ha incontrato con il padre Antonino, ex consigliere in quota Udc anch'egli ai domiciliari, per raggiungere l'accordo che consentì di raccogliere 350 voti che non furuno però sufficienti ad approdare a Palazzo Zanca. L'accusa è di scambio elettorale politico-mafioso.

I nomi degli arrestati

Le indagini delle forze dell'ordine hanno poi svelato gli interessi tra lo stesso Sparacio e Giovanni Lo Duca del clan di Provinciale. Il centro di contatto per le attività criminali era la sala giochi “Asd Biliardi Sud”, sequestrata, solo formalmente intestata al citato Letterio Cuscinà e Mario Alibrandi, ma di fatto riferibile allo Sparacio. Del resto - spiegano gli investigatori - il ricorso a schermature societarie costituiva una costante di tutta l’indagine, emergendo come sempre riferibili a Sparacio risultassero anche un’ulteriore sala biliardi, sita in pieno centro di Messina, intestata al nominato Antonio Scavuzzo nonché un pub, anch’esso nel centro di Messina e solo formalmente intestato all’arrestato Carlo Cafarella.

L'episodio dei funerali di Sparacio in pieno lockdown

La rilevanza per il gruppo criminale investigato della sala giochi, peraltro, ha trovato significativa conferma lo scorso 11 aprile 2020, in occasione dei funerali di Rosario Sparacio, fratello dell’ex boss pentito Luigi e padre dell’odierno indagato Salvatore, allorquando il corteo funebre si fermava proprio davanti alla sala biliardi, in violazione e disprezzo delle normative e disposizioni vigenti nella fase del primo lockdown del paese, dovuto dalla pandemia generata dalla diffusione del Covid-19. In tale ambito, emergeva come, proprio all’interno del suddetto locale si tenessero veri e propri summit mafiosi e si praticasse il gioco d’azzardo, attraverso personal computer collegati tramite la rete internet con piattaforme di scommesse on-line aventi sede all’estero, che permettevano di accedere a giochi illeciti, offerti al di fuori del circuito autorizzato dai Monopoli dello Stato, nonché come, attraverso la forza di intimidazione promanante dall’associazione mafiosa, venisse imposto l’utilizzo delle medesime piattaforme software e delle stesse video slot ai vari gestori locali.

A Sparacio il 40% degli incassi sulle scommesse sportive

La significativa competitività dello Sparacio nell’illecito settore trovava la sua genesi nella circostanza come lo stesso potesse vantare consolidati rapporti con dirigenti maltesi di notissimi brand di settore, tanto da spuntare provvigioni del ben il 40% sugli incassi delle scommesse. Proprio tale altissima remuneratività costituiva la ragione per cui il Giovanni Lo Duca ed altri, come il gruppo Santapaola, individuassero nello Sparacio la testa di ponte per accedere a tale settore: basti dire, a titolo esemplificativo, come noti marchi di scommesse abbiano avuto accesso al territorio messinese proprio perché introdotti dallo Sparacio.

Il colpo al clan dopo la cattura del latitante De Luca

Infine, dagli sviluppi delle indagini svolte dalla Squadra Mobile della questura di Messina a seguito dell’operazione convenzionalmente denominata “Flower” ed della successiva cattura del latitante Giovanni De Luca, è stata ricostruita l’operatività di altra associazione per delinquere di stampo mafioso facente capo a De Luca e operativa nella zona di Maregrosso, nonché individuata  la rete dei soggetti che ne hanno favorito la latitanza.

Le risse nei locali per imporre il controllo della movida

Lo scorso novembre, la Squadra Mobile della Questura di Messina dava esecuzione all’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere a carico dieci soggetti appartenenti ad una pericolosissima ed armata cellula criminale locale, ritenuti responsabili, a vario titolo, di estorsioni aggravate dal metodo mafioso ai danni di titolari di locali notturni e rapine in pregiudizio di vari esercizi commerciali della città.

All’esito di tale complessa attività d’indagine era stato possibile appurare che il gruppo delinquenziale oggetto di approfondimento investigativo, nell’ambito della gestione dei servizi di sicurezza presso diversi locali di ritrovo in cui si concentra la movida della provincia messinese, era risuscito ad imporre - ai responsabili della sicurezza dei pubblici esercizi - la corresponsione di somme di denaro per l’assunzione di personale addetto alla vigilanza, tentando addirittura, in alcuni casi, di estromettere la concorrenza e gestire così, in totale autonomia, il redditizio settore dei presidi di sicurezza presso lidi, discoteche, locali notturni ed altro. 

A carico di De Luca, oltre alla direzione del gruppo di Maregrosso, gli inquirenti rilevano responsabilità anche in ordine al suo coinvolgimento in una estorsione nonché in fattispecie delittuose, attuate in forma associata, in materia di stupefacenti. La diretta appartenenza alla cellula criminale mafiosa capeggiata  è poi contestata a Domenico Mazzitello, Kevin Schepis e Giuseppe Esposito: il primo per essersi occupato, in prima persona, dell’attività estorsiva ai danni dei gestori dei locali notturni di Messina; il secondo per aver aggredito gli ignari clienti dei locali notturni al fine di coartare la volontà degli esercenti e piegarla alle richieste estorsive del sodalizio criminale di riferimento e per aver partecipato al compimento di reati contro il patrimonio allo scopo di reperire risorse economiche in favore del gruppo criminale di appartenenza; il terzo per aver coadiuvato Schepis nelle aggressioni attuate ai danni dei clienti dei locali notturni e per aver partecipato alle azioni delittuose contro il patrimonio per reperire danaro in favore del già indicato sodalizio malavitoso di appartenenza.

Gabriella De Luca (sorella di Giovanni),Serena Ieni e Antonino Soffli sono chiamati a rispondere di procurata inosservanza di pena attuata al fine di consentire che si perpetuasse la latitanza di De Luca e fornendo a quest’ultimo supporto logistico ed assistenza materiale ed economica. Una condotta, quella finalizzata ad evitare della cattura dell'uomo, aggravata dall’agevolazione dell’associazione mafiosa operante nel rione Maregrosso e riconducibile al latitante, poi catturato dalla Squadra Mobile. I due da ultimo citati devono rispondere anche di favoreggiamento aggravato dall’agevolazione dell’organizzazione mafiosa per avere supportato lo stesso De Luca ad eludere le investigazioni effettuate per la cattura.

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