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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Montagnareale

L'impresa senza dipendenti, i conti svuotati per comprare gioielli e vestiti: così funzionavano le società "fantasma" dei Sidoti

I retroscena dell'inchiesta che ha portato all'arresto il sindaco di Montagnareale Rosario Sidoti. Ricostruito dal gip il modus operandi del gruppo criminale a conduzione familiare nel paesino tirrenico divenuto quasi un feudo. I nomi di tutti gli indagati

"Pedine di una scacchiera". Così il gip Ugo Domenico Molina ha definito le società create da Rosario Sidoti, sindaco di Montagnareale da ieri ai domiciliari con l'accusa di bancarotta fraudolenta e riciclaggio e associazione a delinquere. L'esponente politico era di fatto, secondo quanto sostengono gli inquirenti, a capo di un sodalizio criminale specializzato nell'intercettare finanziamenti pubblici attraverso aziende che venivano utilizzate come veri e propri "bancomat" per finalità personali e successivamente condannate al fallimento. Un sistema portato alla luce dalle indagini della guardia di finanza, coordinate dalla Procura di Patti diretta dal procuratore capo Angelo Cavallo, che hanno portato anche al sequestro di somme e beni per oltre 3 milioni di euro.

I nomi degli indagati e il loro ruolo nelle sette società "fantasma"

Sette le imprese create ad hoc e attive in svariati settori. A capo c'erano anche i parenti di Sidoti che ad oggi risultano indagati e raggiunti da provvedimenti interdittivi. Si tratta della sorella Anna Sidoti, già sindaco di Montagnareale, amministratore di fatto e socia della SIAR (fallita), di Maria Sidoti, moglie di Sidoti Rosario, rappresentante legale della Co.Ge. Restauri e della Vince; il padre Antonino Sidoti, già sindaco di Montagnareale, rappresentante legale della Sidoti Costruzioni (fallita); Vincenza Miici, madre di Sidoti Rosario, rappresentante legale e socia della SIAR (fallita), soggetto liquidatore della E-Costruzioni; Irene Sidoti, sorella di Sidoti Rosario, rappresentante legale della Co.Ge., nonché socia proprietaria della E-Costruzioni; Tindara Federico ,suocera di Sidoti Rosario, rappresentante legale della Colorami (inattiva), a sua volta proprietaria della Co.Ge.; Vincenzina Sidoti, figlia di Sidoti Rosario, rappresentante legale della Immobiliare (inattiva) a partire dal 9.5.2019; - Cinzia Blandano, cugina di Sidoti Rosario, rappresentante legale della Immobiliare (inattiva) fino al 9.5.2019 e Antonino Napoli, cognato di Sidoti Rosario.

Il prefetto sospende il sindaco Sidoti

Una gestione familiare del fitto reticolato composto dalle società che avevano sede nella stessa Montagnareale e anche a Barcellona Pozzo di Gotto e Librizzi. L'oggetto sociale spaziava dalla costruzione di edifici e strade alla compravendita di beni immobili, sino allo svolgimento di attività ricettiva, di cui tre portate alla decozione, fallite e progressivamente svuotate dei rispettivi patrimoni a favore di altre società consorelle, appartenenti al medesimo gruppo composto dai membri della famiglia indagata. Il tutto funzionava tramite uno schema delinquenziale che la Procura, nelle oltre 200 pagine dell'ordinanza, definisce "estremamente sofisticato, molto elaborato, consolidato, ripetitivo, efficace e assai remunerativo". 

Il sistema a "staffetta"

Particolare il modus operandi portato alla luce dagli investigatori. Il sodalizio, si legge nell'ordinanza, "ha utilizzato le proprie società per dar luogo ad un raffinato sistema che si può definire a “staffetta”: la società appartenente al gruppo inizia la sua corsa, accumula debiti, distrae guadagni, compie operazioni fraudolente e, sul finire della sua corsa, in prossimità del suo fallimento, “cede” il testimone (il suo patrimonio) ad un’altra società del gruppo appositamente creata; la nuova società, raccolto il testimone (il patrimonio della consorella), alleggerita dai debiti rimasti in capo alla società fallenda, inizia il suo segmento di corsa con gli stessi obiettivi e con i medesimi metodi governativi, provando ad intercettare finanziamenti e appalti pubblici e a conseguire lauti quanto illeciti guadagni". 

Montagnareale come un feudo per la famiglia Sidoti

Come ricostruito dagli investigatori, il comune di Montagnareale è stato, amministrato dalla famiglia Sidoti da ben oltre venti anni; dal 1994 al 1998, sindaco del Comune è stato, infatti, Sidoti Antonino, dal 2003 al 2008, sindaco del Comune è stato nuovamente Sidoti Antonino, dal 2008 al 2018, la prima carica politica è stata assunta dalla figlia Sidoti Anna e dal 2008 ad oggi sindaco del Comune è stato Sidoti Rosario, figlio di Antonino e fratello di Anna Sidoti. "Il paese è divenuto, negli anni, una sorta di feudo della famiglia Sidoti. All’interno della amministrazione comunale i Sidoti si sono avvalsi e si avvalgono di un nutrito gruppo di persone di fiducia, pronte ad assecondare i loro obiettivi".

Il prelievo di oltre 250mila euro dai conti della società per comprare gioielli, vestiti e alimenti

Per oltre due anni, così come ricostruito dalla guardia di finanza, dal conto corrente della Sidoti Costruzioni Srl, nata nel 1990 e dichiarata fallita nel 2015, sono stati prelevati 253mila euro. Denaro, sempre come messo nero su bianco dal gip, utilizzati dalla famiglia Sidoti per effettuare "acquisti personali di qualunque genere, sempre estranei agli interessi e al soddisfacimento delle esigenze della società". In particolare, dal 2010 al 2012 risultano centinaia di operazioni d'acquisto di prodotti come gioielli, vestiti, calzature, alimenti effettuati in negozi e centri commerciali della provincia tirrenica. Per l'occasione venivano utilizzate carte di credito personali agganciate al conto corrente della società. "Risulta palese - sottolinea la Procura -  come, in modo spregiudicato, i membri della famiglia Sidoti abbiano utilizzato il conto della società come bancomat personale, per soddisfare esigenze proprie, del tutto estranee a quelle della impresa".

Quasi due milioni di euro di carburante pagati in contanti

Riguardo la Sidoti Costruzioni Srl gli inquirenti hanno evidenziato un'altra anomalia. Si tratta di presunte spese sostenute per l’acquisto del carburante. Dalla contabilità della società fallita risulta che l’impresa, tra il 2010 e il 2013, avrebbe pagato per l’acquisto di carburante quasi 2 milioni di euro (1.953.734,51 euro) e il pagamento di questa roboante cifra sarebbe avvenuto tutto rigorosamente in contanti.

Ma tutto, secondo la Procura, era fittizio. "Risulta assai improbabile - si legge nell'ordinanza - che l’impresa de qua (che non è una azienda di trasporti), in un solo quadriennio, abbia versato in contanti quasi due milioni di euro per l’acquisto di carburante. Anche l’uso del contante, per pagare quasi due milioni di euro, risulta oltremodo inusuale (rectius: inverosimile) e fuori dalle normali pratiche commerciali che regolano i rapporti tra gli esercenti degli impianti di distribuzione ed i clienti “professionali”. Tutta una serie di convergenti elementi – che di qui a breve verranno esaminati - dimostrano che il dato è, quantomeno parzialmente, fittizio e che il prezzo pagato per il carburante non è altro che un artifizio contabile usato per occultare azioni distrattive fraudolente compiute dalla famiglia Sidoti".

Il giallo delle 143 schede carburante

La visione delle schede ha consentito alle Fiamme Gialle di "rendersi conto della identità della grafia anche ad un occhio non esperto e permette di apprezzare le inspiegabili differenze di colore tra parti diverse della medesima annotazione di prelievo di carburante. Più precisamente, le annotazioni nelle schede sono eseguite, in occasione del singolo prelievo, dall’addetto alla distribuzione del carburante; non si comprende allora perché, nella stragrande maggioranza dei casi, annotazioni coeve e riferibili alla stessa persona, sono riportate con inchiostri diversi. Non è ragionevole pensare che l’addetto al distributore cambiasse sistematicamente penna per riportare l’intestazione, l’indicazione delle date dei prelievi di carburante e il prezzo al litro dello stesso (riportate con inchiostro blu), dopo aver riportato l’indicazione della quantità di carburante prelevato e l’importo complessivo del prelievo con penna dall’inchiostro nero. Si tratta di elementi fortemente indicativi della formazione postuma e posticcia delle schede".

"Dalle informazioni raccolte è alquanto evidente che i dati riportati nelle schede carburante non sono veritieri e che i costi del carburante sono stati oltremodo “gonfiati” al fine di sottrarre denaro alla cassa. E’ impossibile, infatti, che i mezzi in uso alla “Sidoti Costruzione Srl” abbiano percorso solo 1,27 km con un litro di gasolio". 

SIAR, l'impresa senza dipendenti di cui nessuno "ricorda nulla"

L'interesse degli inquirenti si è spostato anche sulla Siar, società nata nel 1990 e fallita nel 2014. Secondo quanto verificato dalle indagini l'impresa non ha mai assunto dipendenti e gli unici clienti della società erano la stessa Sidoti Costruzioni Srl e la Colorami Srl, sempre riconducibili alla famiglia Sidoti. Particolare è poi la vicenda legata al fallimento della Siar durante il quale l'amministratore unico Vincenza Milici, durante l’interrogatorio reso al curatore fallimentare, "con sprezzante reticenza - chiarisce l'ordinanza del giudice -  si è sostanzialmente rifiutata, categoricamente, di fornire qualsivoglia giustificazione all’operato della società e del gruppo di appartenenza, trincerandosi dietro laconici “non ricordo nulla”, anche con riferimento alle più elementari domande relative alla vita della impresa, ponendo in essere un comportamento evidentemente omertoso, tipico dei sodali fedeli al gruppo criminoso di appartenenza, i quali, piuttosto che fornire anche la minima informazione e collaborazione, preferiscono chiudersi dentro il più assordante silenzio".

I fari dell'Anac sulle gare pubbliche interesse dei Sidoti

Diversi gli interventi dell'Autorità Nazionale Anti Corruzione sulle gare pubbliche che la famiglia Sidoti voleva aggiudicarsi. L'Anac ha rilevato anonalie ad esempio sull'aggiudicazione del progetto di riqualificazione urbana bandito dal comune di Montagnareale e aggiudicato dalla Co.Ge, società degli stessi Sidoti. In questo caso, l'Authority ha evidenziato un "macroscopico conflitto di interessi tra amministrazione e società aggiudicataria (bene impiegato: terreno di proprietà di Sidoti Antonino)".

La Co.Ge ha poi ottenuto un progetto di riqualificazione bandito dal comune di Librizzi, tutt'ora in fase di esecuzione, per un finanziamento pubblico di 1 milione e 499mila euro. Anche in questo caso erano stati numerosi i rilievi mossi dall'Anac. 

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