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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Coronavirus, notte di fuoco negli ospedali senza più posti letto: l'odissea dei positivi

Le storia choc di Raffaele raccontata dal sindaco in diretta fb. "E' la testimonianza che il sistema sanitario regionale è andato in tilt". Oggi il vertice in prefettura. De Luca: "L'Asp dica la verità sulla reale situazione"

La lancetta del tempo che torna indietro, a marzo e aprile di due anni fa.  Quando l’aumento dei ricoveri e la pressione negli ospedali faceva registrare lunghe code e attese di ore per le ambulanze del 118 nelle aree di emergenza.

"A Messina ci sembra di essere in una situazione anche peggiore delle precedenti ondate - segnala un sanitario del 118 a MessinaToday – Stanotte è stata infernale soprattutto perché il Policlinico ha rifiutato molti pazienti sia Covid che di altre patologie. Le ambulanze restano in coda e non riusciamo a consegnare i pazienti ai pronto soccorso. Stanotte ne ho dovuto assistere due in ambulanza. E mi sono rimaste solo 4 bombolette piccole di ossigeno. Un paio di giorni fa una signora è rimasta per sette ore ferma dentro l'ambulanza davanti al Policlinico di Messina nonostante il codice rosso. A bordo c'era una donna anziana, una ottantenne che non respirava più bene a causa del Covid. Io vorrei capire perchè al Policlinico se hanno solo nove pazienti in visita al Pronto soccorso, come risulta dalla piattaforma che tutti possono vedere, ne rifiuta altri dirottandoli in altri ospedali”.

Tutto questo mentre, secondo il Nursind nei tre ospedali cittadini la situazione sembra essere fuori controllo. Servono nuovi posti letto, reali, non sulla carta, senza sacrificare gli altri servizi, anche per quanto riguarda i bambini che se hanno il Covid non possono rimanere nella propria città ma devono essere spostati a Catania o all’ospedale dei Bambini di Palermo dove, dal primo gennaio ad oggi sono stati 15 ricoveri di bambini per sintomi da Covid19.

Sull’emergenza anche il sindaco di Messina Cateno De Luca, che in diretta facebook stamani ha mostrato il grido d’aiuto di un sanitario (“Siamo arrivati al punto di non ritorno, siamo vestiti dall’una di stanotte per un Covid positivo e siamo in attesa al Piemonte. Sta finendo l’ossigeno”) ma anche la testimonianza di Raffaele, un messinese chiuso in casa dal 30 dicembre 2021 con gli anziani genitori malati di Covid.

“Mio padre ha carenza respiratoria e mia madre è allettata, invalida al cento per cento – è la denuncia - Mia madre è malata terminale oncologica, aveva le cure domiciliari palliative che sono state sospese per via del Covid e, in attesa che il distretto sud Messina dia incarico ad un altra cooperativa specializzata con il Covid, mia madre ha bisogno di cure e anche di igiene dal 30 dicembre perché da soli non riusciamo a lavarla e sempre dal 30 cerco di dare assistenza e faccio punture somministrando morfina senza avere la qualifica da infermiere. Sono disperato perché è una responsabilità molto grande per me, rischio di creare serissimi danni a mia madre. Qui si rischia di perdere delle vite. Il 2 gennaio ho chiamato il 118 spiegando la situazione di mio padre con carenze di ossigeno e mi hanno detto che potevano venire senza medico a bordo per portarlo al pronto soccorso dove però le attese sono lunghe. Il consiglio era di tenerlo a casa. Ho preferito temporeggiare ma la situazione in giornata è peggiorata – continua Raffaele - e ho chiamato di nuovo alle 19.53 per farli venire. Ma alle 21.20 circa ricevo una chiamata da numero sconosciuto dove si presentano come personale del 118 e mi avvisano di ritardi e carenze di ambulanze, in più che non ci sono posti in ospedale quindi di evitare di farlo venire. Il 30, dopo un tampone in farmacia, ho denunciato all’Usca la mia positività e tutta la situazione in famiglia. Dopo tanti tentativi, quasi 300 chiamate al numero verde, dal 30 riesco a parlare con un operatore il 3 gennaio 2022. Mi volevano convocare al San Filippo il 4 gennaio. Spiego di nuovo la gravità, che mia madre è allettata con altro rischio di vita e mi spostano al 5 gennaio per tre tamponi domiciliari”.

Ma il 5 gennaio arriva l’email per la convocazione al San Filippo in Drive. “Telefono di nuovo – è il surreale racconto - e dopo un’ora riesco a parlare con una operatrice che mi conferma che era segnato tampone domiciliare ma evidentemente Messina Sud aveva sbagliato. Mando una email per chiedere spiegazioni che non ho mai ricevuto, alle 17 dopo altre trecento chiamate al numero verde mi risponde un operatore che mi dice che dobbiamo aspettare un altra convocazione da parte dell’Usca. Invio altre due Pec spiegando l’urgenza ma anche qui nessuna risposta. Siamo arrivati e a giorno 6, anche oggi cercherò di arrangiarmi facendo punture e morfina a mia madre. Siamo isolati e abbandonati da tutti. Siamo nelle mani di nessuno”, è la conclusione di Raffaele.

Ma quella di Raffaele non è una situazione isolata, ma solo una delle tante segnalazioni sulla drammatica situazione che stiamo vivendo.

“Una storia che sintetizza non solo il dramma che viviamo – ha tuonato De Luca – ma anche la reale situazione dei posti letto. Inutile giocare con le statistiche. Voglio ricordare all’assessore Razza che con la tecnica di spalmare e non spalmare stava già finendo male. Questi non rientrano nelle statistiche perché tanto si lasciano morire. Il sistema regionale sanitario è andato in tilt”.

Anche durante la diretta, messaggi al sindaco sull'impossibilità di ricoverare un paziente Covid anche al Piemonte.

“Ruggero Razza, venisse a constatare qual è il mondo reale”, ha detto rivolto direttamente all’assessore regionale alla Sanità. “Oggi ci sarà il tavolo alle 12 in prefettura, voglio vedere se l’Asp dirà come stanno le cose – ha spiegato - Qua per paura di mettere per iscritto, nessuno dice la verità e quindi io non posso fare nemmeno l’ordinanza per chiudere le scuole. Per poterlo fare occorre che l’Asp dichiari il fallimento che c’è attualmente. Occorre che i dirigenti scolastici, il provveditorato agli Studi, dica la verità e cioè che l’attività di screening prevista non è stata fatta. Se lo diranno io mi prendo la responsabilità di fare l’ordinanza di chiusura per due o tre settimane, perché il peggio deve ancora arrivare”.

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