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Cronaca

"Mi hanno contagiato di Covid in ospedale e abbandonato”, la storia di Antonio che lotta ancora per guarire

Il calvario di un paziente di 45 anni che contesta la mancata assistenza ospedaliera specifica. La difesa del Papardo: "Nel reparto di medicina interna nessuna criticità, pazienti in sicurezza"

Ricoverato all'ospedale Papardo per il valore dell'emoglobina preoccupante, contrae il covid durante la lunga degenza al reparto di medicina interna e viene poi trasferito in isolamento in una Rsa dove dovrà rimanere fino a quando il tampone non darà esito negativo. La storia di un Antonio Crea, giovane paziente di 45 anni comincia il 3 novembre. 

"Mi sono recato al pronto soccorso dove il primo tampone ha dato esito negativo - racconta Antonio - Così sono rimasto dalle 13.30 alle 20.30 in attesa di essere ricoverato nel reparto di medicina interna, ma lì, secondo quanto mi ha riferito il personale, c'era una sospetto caso covid. Finalmente, in serata, trovano quindi per me un letto disponibile in urologia". 

Durante la nottata vengono somministrate ad Antonio due trasfusioni di sangue e il giorno dopo viene trasferito al reparto di medicina interna. Antonio è vaccinato con due dosi, dunque affronta con serenità, almeno dal punto di vista del coronavirus, la sua lunga degenza. "Tra il 10 e il 15 però cominciano a registrarsi nel reparto sempre più casi di covid, e vengo sottoposto anche io ad altri due tamponi molecolari che risultano comunque negativi ma nello stesso tempo resto ricoverato nel reparto di medicina interna che a poco a poco si comincia a svuotare man mano che il numero di pazienti positivi aumenta", racconta ancora.

Fino al 19 novembre, quando fra i nuovi casi di positivi c'è anche lui che viene messo in isolamento in una stanza fino alle 14 del 20 novembre. "Mi chiedo allora il covid mi è stato trasmesso con la trasfusione? O tramite i sanitari che nel frattempo si sono infettati a loro volta dopo il focolaio che si è sviluppato nel reparto?", denuncia ancora Antonio. 

A questo punto davanti al paziente viene posta la scelta di firmare le dimissioni e proseguire con l'isolamento a casa propria. "Mi sono rifiutato di andare via per mia decisione - denuncia Antonio - Dunque sono stato dimesso dal Papardo e immediatamente trasferito alla residenza Opus ma qui, in questa nuova struttura, chi curerà la mia patologia? Alle dimissioni, infatti, non ho ricevuto alcuna diagnosi precisa sul motivo per cui sono stato ricoverato". 

Durante i 17 giorni di degenza al Papardo, inoltre, Antonio avrebbe dovuto esegure una tac con mezzo di contrasto, rimandata di volta in volta senza nessuna spiegazione. "E oltre il danno anche la beffa, perché sul foglio di dimissioni mi è stato consigliato adesso di provvedere a eseguire l'esame autonomamente - sottolinea Antonio - Questo mi ha fatto sentire ulteriormente abbandonato. Perché trattenermi 17 giorni, durante i quali ho contratto anche il covid, e senza che nessun medico mi abbia mai dato chiarimenti sui problemi dei valori del sangue per cui ero stato ricoverato?". 

Antonio dovrà adesso aspettare di guarire dal covid prima di poter uscire dall'Opus e tornare a casa. "Mi resta un'amara consapevolezza - conclude - La sanità ha investito 17 giorni sul mio ricovero per dimettermi positivo al covid". 

Il Papardo: "Nessuna criticità legata a questa situazione" 

Intanto la direzione del reparto del nosocomio di Sperone ha esposto in una nota la sua versione dei fatti.  “A seguito di un tampone rivelatosi positivo su un paziente ricoverato in medicina interna sono stati eseguiti altri test covid che hanno portato a identificare alcuni pazienti positivi al covid e due membri del personale sanitario. Dopo il primo paziente positivo si è proceduto a sospendere i nuovi ingressi in reparto. I pazienti sono stati trasferiti in Area Covid nei reparti di Malattie Infettive e Pneumologia mentre i pazienti che necessitavano di cure a bassa intensità sono stati trasferiti in idonee strutture sanitarie o al domicilio", scrive il direttore sanitario Giuseppe Ranieri Trimarchi. 

"Sono attualmente chiusi i ricoveri di medicina interna così come era già stato fatto dal primo paziente trovato positivo. Tutti gli altri pazienti rimasti nel reparto risultano negativi così come i dipendenti. Il reparto è stato sanificato e messo in sicurezza. Non risultano particolari forme di criticità legate a questa situazione. Si ricorda infine che il covid-19 può risultare dai test anche dopo il contagio a seguito del periodo di incubazione “silente” di 6 giorni e che quindi, dopo il tampone in ingresso effettuato al Pronto Soccorso o in reparto come prassi, può accadere che si risulti positivi già dentro il reparto e solo dopo il ricovero. Ad oggi tutti i pazienti ricoverati in Medicina interna sono negativi al tampone molecolare", conclude. 

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