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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca

Peschereccio mitragliato dai libici, il comandante: "Ce n'era uno addestrato a Messina e parlava italiano"

Il racconto di Giacalone, il timoniere dell'Aliseo, colpito giovedì scorso dalla marina libica. "Quando il comandante della motovedetta libica ha capito, ha iniziato a dirmi 'sorry, perdona', per scusarsi", ha detto

Tra i miliziani libici che hanno sparato giovedì scorso contro il peschereccio Aliseo "ce n'era uno addestrato dall'Italia a Messina e parlava italiano" racconta Giuseppe Giacalone, il comandante dell'Aliseo. "Conservo la maglietta, finirà in una cornice, ma come pescatore sono morto", racconta all'Agi. "Non tornerò più in mare - dice - dopo aver lavorato onestamente, rischiando la vita. Non me la sento più", racconta, dopo essere rimasto ferito nel mitragliamento. 

"Nessuno del governo nazionale mi ha chiamato, nessuno del governo ci ha accolti nel porto. Dov'è il ministro Di Maio? Mi aspettavo che fosse lì, che ci dicesse qualcosa", prosegue Giacalone. La testa è ancora fasciata da medicazione: "Dovrò rifarla, più tardi andrò in ospedale" e aggiunge con amarezza, per sottolineare l'accusa di essere stato abbandonato: "avete visto qualche ambulanza sulla banchina del porto?". 

 "Avevamo impiegato un'ora per recuperare le reti, quando verso le 10.15 ci ha chiamato la Marina Militare che ci invitava ad invertire la rotta verso nord, senza spiegarci cosa stava accadendo. 'Fate rotta a nord', ci dicevano e lo abbiamo fatto. Eravamo quasi a 50 miglia dalle coste libiche, verso le 13.15, e una motovedetta libica ci ha affiancato, 'ferma, ferma', ci urlavano e hanno cominciato a sparare con tre fucili".

"Puntavano sull'uomo - ricorda Giacalone - volevano uccidere solo me, mi dicevano 'ferma, ferma', ma io andavo avanti e nel frattempo ho dato indicazione all'equipaggio di andare giù. I libici mi guardavano fisso negli occhi, e con le dita mi facevano segno che mi avrebbero tagliato la gola. Poi, quando mi hanno colpito, sono uscito dalla cabina,  e mostrandogli la maglia gli ho detto 'basta!', e lì il comandante della motovedetta libica ha capito, ha iniziato a dirmi 'sorry, perdona', per scusarsi; voleva darci assistenza e portarci all'ospedale di Khoms".

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