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Cronaca Tusa

Archeologia, Musumeci a Tusa: “Finanzieremo la rinascita di Halaesa”

Dopo la scoperta di un teatro antico, il presidente della Regione promette fondi per continuare gli scavi. Le novità dalle missioni italo-inglese e francese. Che riportano alla luce una delle storie più affascinanti della Sicilia

Subito duecentomila euro di finanziamento e poi continuare gli scavi migliorando contestualmente la qualità dei servizi per rendere il sito più accessibile e attrattivo per i turisti.

Benevuti ad Halaesa o Alaisa, la città fondata nel 400 avanti Cristo ad un passo da Tusa che ora la Regione “scopre” come miniera archeologica da valorizzare, soprattutto dopo la certezza della presenza di un teatro antico.

La Regione finanzierà la prosecuzione degli scavi archeologici nel sito di Halaesa Arconidea nel territorio di Tusa per iniziare a riportare alla luce il teatro antico scoperto l’anno scorso.

Lo ha annunciato il governatore Nello Musumeci, che ieri ha compiuto un sopralluogo nel centro nebroideo del Messinese per conoscere lo stato dei luoghi, complimentandosi di aver ‘trovato una grande dignità in questo luogo, soprattutto nell’antiquarium e ho voluto ringraziare il personale per l’impegno e la passione che mette nel proprio lavoro. Sono convinto che, tutti insieme, potremo trasformare il posto in un’area di grande richiamo”.

Si scava fino a luglio con le missioni itali-inglese e francese

Ad accogliere Musumeci il neo direttore del Parco Salvatore Gueli, il vice presidente vicario della Commissione Cultura dell’Ars Pino Galluzzo, il sindaco e l’assessore alla Cultura di Tusa Luigi Miceli e Angelo Tudisca, oltre agli amministratori dei Comuni dell’hinterland. 

L’ultima campagna di ricerche era stata avviata lo scorso 24 giugno. A condurla, da tre anni - a distanza di sessanta da quella che portò alla luce una parte dell'Agorà - una missione italo-inglese presso l’area del Santuario di Apollo e una francese presso le tre aree dell’abitato dell’antica città.

Si svolgono grazie alla concessione rilasciata dall’assessorato regionale dei Beni culturali, con la partecipazione del Parco archeologico di Tindari, della Soprintendenza peloritana e del Comune di Tusa. Tanti i dottorandi, archeologi specializzati e studenti degli atenei di Messina, di Oxford, di Amiens, di Poitiers, oltre che studiosi di altri atenei italiani e stranieri che hanno partecipato ai lavori.

Il Comune di Tusa ha fornito, come in passato, l’ospitalità a tutti i partecipanti. La missione archeologica italo-inglese è diretta dai professori Lorenzo Campagna e Jonathan Prag delle università di Messina e Oxford, quella francese da Michela Costanzi dell’università de Picardie Jule Vern. Il coordinamento scientifico delle attività è curato da Alessio Toscano Raffa del Cnr-Ibam di Catania.

Gli ultimi scavi

In particolare, in questa terza campagna di scavi è stato integralmente messo in luce un grande podio rettangolare di 46 metri x 18 e alto circa 4 metri, in parte gradonato e realizzato con blocchi squadrati e blocchetti di pietra locale. Ai piedi del podio si sviluppava un’elegante pavimentazione realizzata con laterizi, in alcuni punti molto ben conservata. 

Le indagini hanno consentito di individuare anche la grande rampa di accesso che dalla “Via Sacra” della città, conduceva direttamente alla sommità del podio dove insistevano i principali edifici di culto del santuario.

Le attività del 2019 hanno provato l’esistenza di tre templi, orientati in senso Est-Ovest, posti uno di fianco all’altro e separati da dei corridoi che si raccordavano a delle scale laterali, molto ben conservate, di cui sono ancora visibili i gradini e i rivestimenti parietali dipinti.  

Dei tre templi, quello centrale, è l’edificio più importante e grande del complesso (9 metri x 13). Conserva ancora parte della pavimentazione originaria con un mosaico a tessere bianche steso su una preparazione in cocciopesto e doveva presentare una cella con una fronte colonnata, caratterizzata da elaborate decorazioni architettoniche in pietra. Al suo interno è molto probabile che vi fossero delle statue, considerati i diversi frammenti recuperati nel corso dello scavo e il rinvenimento nell’area, negli anni ’50, di una statua raffigurante la dea Artemide, oggi conservata all’interno dell’Antiquarium del sito. 

Gli scavi stratigrafici consentono di datare l’edificazione del complesso, seppure in forma preliminare, in età tardo-ellenistica, periodo in cui Halaesa è protagonista di un processo di monumentalizzazione che riguarda anche altri settori della città indagati dalla Soprintendenza di Messina e dalla missione francese.

I resti del sito

Il Santuario di Apollo rappresenta l’area sacra più importante della città, posto sulla suggestiva Acropoli settentrionale che si affaccia sul Mar Tirreno e che controlla la foce e la vallata del fiume Aleso. La sua esistenza è attestata nelle fonti antiche e in documenti epigrafici e il culto di Apollo nella città è presente anche nelle monete cittadine, in cui spesso ricorre l’immagine della divinità. I resti archeologici del Santuario furono parzialmente individuati nel 1956, ma dal momento della prima scoperta non furono più indagati fino all’inizio del nuovo corso di indagini, avviate nel 2017 dalla missione italo-inglese. 

Le attività di pulizia delle strutture già note, associate all’apertura di scavi archeologici in estensione e di saggi stratigrafici di verifica, hanno consentito, a distanza di tre anni, di ricostruire la configurazione plano-volumetrica del complesso religioso: un’elaborata architettura costituita da più edifici che ne fanno uno dei più importanti e monumentali siti culturali, tra quelli noti, della Sicilia ellenistico-romana. 

La missione archeologica francese è nata da una cooperazione tra le Università di Amiens e di Poitiers, ed è composta da un’equipe di una decina di specialisti e da una ventina di studenti di varie istituzioni francesi. Presenti ad Halaesa fin dal 2016. Lavora su tre settori della città antica: la zona a sud dell’agorà, la zona dell’acropoli meridionale e la zona sotto il muro a contrafforti.

In tutti e tre i settori, continuano a emergere indizi importanti dell’occupazione di questo sito: nella zona a sud dell’agorà sono stati messi in evidenza muri allineati con il resto dell’impianto urbano che indicano un’organizzazione del settore in relazione con l’agorà vicina.; sull’acropoli meridionale, un importante edificio a due piani restituisce elementi che fanno pensare ad un complesso residenziale o sacro. Ma la zona che non finisce di riservare sorprese è quella sotto il muro a contrafforti. Qui, nel luglio del 2018 erano stati scoperti alcuni elementi che provavano inequivocabilmente l’esistenza di un teatro antico sepolto sotto vari metri di terra: dei gradini tagliati nella roccia ed i sedili di pietra tipici dei teatri antichi della costa nord della Sicilia. Quest’anno i lavori in corso mostrano che il muro di analemma che chiudeva la cavea (gradini dove sedevano gli spettatori) verso sud è conservato su vari metri di larghezza e di altezza. Anche il muro della parados (corridoio di accesso all’orchestra e ai gradini dal basso) doveva avere delle dimensioni eccezionali. Si chiarisce quindi l’organizzazione della parte sud del teatro, che costituisce uno snodo urbanistico, un trait d’union tra la collina meridionale e quella settentrionale del sito, dove c’è il santuario di Apollo. Tutti questi elementi, sapientemente raccolti durante tutte le campagne di scavo condotte all’interno di questa sinergia tra istituzioni e Università, sono indizi che permettono di capire l’impianto urbano di questa città che Cicerone aveva definito une delle più belle della Sicilia.

La storia del sito

L'unicità di Halaesa è essere una delle poche città della Sicilia delle quali si conosca non soltanto la data di fondazione (403 a.C.) ma anche i primi quattrocento anni di storia grazie a Diodoro Siculo.

A fondarla fu Archonides signore di Herbita (città ancora non individuata della Sicilia centro settentrionale), deciso a dar rifugio alle popolazioni coinvolte dalla guerra di liberazione dai cartaginesi condotta da Dionisio I di Siracusa. Diodoro, però, comunica anche unʼaltra tesi su data e modalità di nascita: il 405 avanti Cristo e per volontà dei cartaginesi. Halaesa conobbe un grande sviluppo, complice del quale fu anche lʼimmediato appoggio fornito ai romani sbarcati in Sicilia per la prima guerra punica, circostanza che le valse, insieme ad altre quattro città, grandi privilegi. Tra questi, pure lʼautonomia economico-fiscale e politico- amministrativa. Quella amministrativa venne ribadita anche in età augustea, con il conferimento di Municipio di tipo latino. Halaesa è anche ricordata ed elogiata da Cicerone, nelle Verrine, come alleata fedele, ricca di risorse e di indiscusso prestigio. Scrive anche, Cicerone, che nel 95 a.C. fu inviato agli alesini, dopo loro richiesta, il pretore Caio Claudio Pulcro per dar loro una nuova costituzione. Durante lʼarco dellʼetà imperiale, le notizie  di Halaesa (al di là di due fugaci menzioni di Plinio e di Strabone) sono raccontate da ciò che emerge dagli scavi.

Fu una delle quattro città siciliane che ottenne lo status di municipium prima della morte di Augusto come indica una iscrizione con dedica ad Augusto da parte del Municipium.

La sua fine è brusca e coincide con la conquista araba. Dalle rovine di Alesa sorgerà l'odierna Tusa, strategicamente dislocata più all'interno, sulla sommità di una altura naturalmente fortificata.

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