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Cronaca

Processo Beta, mannaia in appello sulle condanne tra prescrizioni e assoluzioni

Per Vincenzo e Pietro Santapaola la sentenza è stata dichiarata nulla e rinviata in procura per riformulare il capo di imputazione. Sconto di pena anche per Borrella e Lo Castro

Diverse assoluzioni totali, riduzioni di pena, tante le prescrizioni. L’impianto accusatorio del sodalizio rimane ma sono tante le posizioni che sono state alleggerite.

Si chiude con la mannaia a Messina il processo d’appello scaturito dall’operazione Beta della Dda e dei carabinieri del Ros, una delle inchieste più importanti in città che ha sancito la presenza della cellula catanese nello Stretto della famiglia mafiosa Romeo-Santapaola, fra loro legati anche da vincoli di parentela.

Ma il pezzo forte di tutta l’inchiesta che aveva portato il Gip Salvatore Mastroeni, con una monumentale ordinanza di 571 pagine che sembrava più un pamphlet sociologico, a emettere trenta ordini di custodia in carcere (21 le condanne in primo grado), era non solo uno spaccato della nuova criminalità organizzata, che qualcuno si è affrettato a chiamare “Mafia.2”. Era piuttosto una indagine che prometteva di svelare gli intrecci con il terzo livello. I cosiddetti colletti bianchi, come quello dell’avvocato Andrea Lo Castro condannato ora a nove anni (in primo grado erano 14).

Dal verdetto della Corte d’Appello presieduta da Tripodi emergono in particolare tre importanti novità. Il primo è quello che riguarda Vincenzo e Pietro Santapaola per i quali la sentenza è stata dichiarata nulla e rinviata in procura per riformulare il capo di imputazione, perché non c’era correlazione tra il reato e la sentenza.

La seconda è che i giudici hanno escluso quasi per tutti non solo il quarto comma del 416 bis, cioè l’associazione armata, ma anche l'aggravante dell'articolo 7: in pratica si era ipotizzato il coinvolgimento di numerose  “teste di legno” a cui era contestato, attraverso le intestazioni fittizie, di avere agevolato il clan. Esclusa l’aggravante anche i reati sono prescritti.

Molti di questi nomi erano stati tirati in ballo dalle rivelazioni del pentito Biagio Grasso, geometra alle dipendenze di Carlo Borella, l'ex presidente dell’Ance Messina, l’associazione dei costruttori, che la procura di Messina teneva d'occhio già dal 2014, quanto la Procura di Milano segnala movimenti sospetti attorno al gruppo Demoter, la società di Borrella che nonostante un portafoglio lavori da sessanta milioni di euro e cantieri aperti in mezza Italia, entra in crisi e si sbriciola. Per Borrella la pena è stata rideterminata a due anni e otto mesi (in primo grado erano 13), assolto dall'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. 

Altra importante assoluzione perchè il fatto non sussiste per Ivan Soraci, condannato in primo grado a 12 anni e 8 mesi. Assoluzione totale anche per Fabio Lo Turco, Giuseppe Amenta, Salvatore Piccolo.

Otto anni invece a Stefano Barbera e Michele Spina. Alleggerita la pena anche per Raffaele Cucinotta, tecnico del Comune di Messina Raffaele Cucinotta, condannato a 2 anni. Due anni anche per Gaetano Lombardo. Prescritti i reati per Salvatore Galvagno, Carmelo Laudani, Salvatore Boninelli, Silvia Gentile, Franco Lo Presti e Domenico Bertucelli. Conferme integrali solo per Alfonso Rescinti e Guido La Vista ( 2 anni e 6 mesi il primo e 1 anno e 3 mesi per La Vista).

Impegnati nella difesa gli avvocati Nunzio Rosso, Salvatore Silvestro, Nino Favazzo, Tino Celi e Isabella Barone.

Rigettate  le domande delle parti civili, Associazione nazionale antimafia Agosta, Fai, Comitato Addio Pizzo, mentre mentre i condannati dovranno pagare le spese legali al Comune di Messina, assistito dall’avvocato Giovanni Mannuccia.

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