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Cronaca

Magistrati in sciopero, in prima fila il messinese Santalucia: "Niente pressione sul Parlamento, protesta unica forma opportuna"

Il prossimo 16 maggio le toghe di tutta Italia incroceranno le braccia contro la riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario. La decisione dopo l'assemblea dell'Associazione Nazionale Magistrati di cui è presidente l'ex procuratore di Patti

Il prossimo 16 maggio i magistrati di tutta Italia incroceranno le braccia. Lo sciopero è contro la riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario, ipotesi ancora al vaglio del Parlamento, e prevede un' "astensione totale dei magistrati dalle loro funzioni, salvi i limiti derivanti dal codice di Autoregolamentazione". A proclamare la protesta è stata l'Associazione Nazionale Magistrati guidata dal messinese Giuseppe Santalucia che già all'assemblea dello scorso 30 aprile aveva costruito la tesi contro quanto proposto dal ministro Cartabia. Santalucia ha precisato, in un'intervista pubblicata da Il Foglio, che la protesta "non è una forma di pressione sul Parlamento, ma una delle forme tradizionali con cui una categoria professionale cerca di rappresentare un disagio talmente diffuso da non poter trovare altre forme meno impattanti di esternazione". 

E lo spirito non è quello dello scontro. "Siamo pienamente consapevoli e responsabili, quindi - ha detto Santalucia durante l'assemblea -  dell’importanza delle riforme della giustizia. Siamo lontanissimi dal coltivare divisioni. Noi vogliamo condividere, con un dialogo costruttivo, le nostre preoccupazioni, che è tutt'altro dal coltivare le divisioni.  Noi vogliamo una buona riforma. Abbiamo attraversato un periodo di crisi di credibilità; ci viene ricordato anche dal Presidente della Repubblica; sappiamo che non ne usciremo se non anche dimostrando di poter rendere un servizio migliore. Quindi è fuori da ogni logica pensare che i magistrati non vogliano le riforme, sarebbe suicida per la magistratura opporsi alle riforme".

Tra i punti cruciali c'è quello della separazione delle carriere. "Oggi sono consentiti quattro passaggi all’interno di una intera carriera tra funzioni del pubblico ministero e del giudice. La commissione Luciani, se non erro, e l'emendamento governativo portavano questi passaggi a due. La Camera ha ritenuto di individuarne uno solo. La volontà è di separare i magistrati del pubblico ministero dai magistrati della giudicante. Un unico passaggio nella carriera. A questa soluzione fanno seguito difficoltà enormi per chi fa il pubblico ministero ad accedere ai posti di legittimità, perché se non ho compreso male chi fa il pubblico ministero e vuole andare in Corte di Cassazione dovrà essere assegnato al settore civile della Corte Suprema. Scarsissima attenzione, dunque, all'esigenza di professionalità dei magistrati di legittimità e dell’elevata specializzazione delle funzioni della Corte Suprema di Cassazione, a cui si è di regola assegnati soltanto dopo avere acquisito sul campo una professionalità specifica di settore, civile o penale. Ora, pensare che, data l’elevata complessità dell'ordinamento, un magistrato del pubblico ministero, e quindi con specializzazione esclusivamente nel settore penale, se destinato alla Corte di Cassazione, debba essere assegnato alle sezioni civili, per occuparsi di contratti, di famiglia, di fallimento, di societario, è un modo neanche tanto mascherato di scoraggiarlo, di disincentivarlo alla domanda per le funzioni di legittimità".

Spazio anche agli interventi disciplinari. Non a caso Santalucia ha riflettuto sulle dinamiche che regolano il rapporto tra magistrati e stampa. "Ci avete detto, o ci hanno detto: la nuova fattispecie disciplinare è un'estensione fisiologica: nel momento in cui si arricchisce il catalogo dei doveri del magistrato, quando parla con la stampa, si arricchisce il catalogo disciplinare. Non ci convince e ci preoccupa. Se il procuratore della Repubblica è chiamato ad individuare lui, e solo lui, con valutazione ampiamente discrezione, se c'è o meno l'interesse pubblico per indire una conferenza stampa, apprezzamento che dipende da fattori non ponderabili, non valutabili in via generale e astratta (dipende dal territorio, dal tipo di notizia, dal tipo di tessuto sociale in cui quel fatto criminoso o apparentemente tale si è verificato): chi fa poi il sindacato sulle valutazioni dell'interesse pubblico? Il titolare dell'azione disciplinare? Ma non vi sembra che in questo modo si sta gerarchizzando, si sta dando un'impronta autoritaria a funzioni vitali della discrezionalità giudiziaria? Parlare con la stampa non è un diritto: è un dovere! La stampa deve potersi muovere liberamente ed essere effettivo momento di controllo del potere pubblico che si esprime anche con l'indagine e l'azione penale. Noi vogliamo una stampa indipendente e vogliamo una Magistratura indipendente, una Magistratura che non sia soggetta alla paura della repressione disciplinare, utilizzata in modo scomposto".

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