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Martedì, 23 Aprile 2024
Cronaca

La relazione ministeriale sul Ponte: sì al progetto a più campate ma approfondendo il rischio sismico

L'ipotesi migliore per ridurre il numero di raccordi da realizzare e rendere il collegamento dal centro di Messina a quello di Reggio Calabria più immediato. Sono 148 pagine che fanno anche riferimento al quadro economico e infrastrutturale delle regioni del Mezzogiorno nel collegamento tra la Sicilia e l’Europa. Valutando il rischio terremoti

Il ponte sullo Stretto si può fare purché si prediliga il modello a due campate. Lo hanno messo nero sul bianco gli specialisti del governo nelle 148 pagine della relazione in cui vengono prese in considerazione motivazioni di tipo economico, sociale e architettonico perché si possa realizzare la grande infrastruttura del Meridione. "Le realizzazioni in corso di importanti collegamenti stradali e ferroviari del Mezzogiorno - scrivono gli esperti -  rendono attuale la rivalutazione della necessità e fattibilità di un collegamento stabile sullo Stretto di Messina, attraverso un percorso di confronto condiviso tra le diverse soluzioni oggi possibili, alternative al tradizionale collegamento dinamico". 

A incaricare la Struttura tecnica di missione di costituire un gruppo di lavoro è stato il Capo di Gabinetto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti il 27 agosto 2020. Gli specialisti nominati si sono riferiti alla contestualizzazione europea della Sicilia, approfondendo il flusso di traffico dei comuni entro i 30 minuti in auto da Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni. 

"L’analisi degli spostamenti sistematici di attraversamento dello Stretto mostra, per questi Comuni, una domanda di mobilità di circa 4.500 spostamenti pendolari di andata al giorno; di questi gli spostamenti sistematici tra Messina, Villa S. Giovanni e Reggio Calabria rappresentano oltre il 90% del totale degli spostamenti sistematici totali di attraverso dello Stretto", hanno spiegato. 

Il modello dovrà comunque tenere conto dell'impatto sismico della grande infrastruttura, il cui modello a più campate è preferibile perché un ponte simile è stato già realizzato in Giappone e perché eviterebbe la realizzazione di numerosi raccordi e gallerie, avvicinando ulteriormente il centro di Messina con il centro di Reggio Calabria. Riguardo il progetto però lo stato dell'arte andrebbe aggiornato. 

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L'analisi socio-economica di Sicilia e Calabria 

Secondo gli esempi i dati statistici mostrano "con assoluta evidenza che le due regioni direttamente interessate dalla costruzione di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina sono in condizioni di assoluto svantaggio, non solo rispetto alla parte più sviluppata d’Italia ma anche rispetto al Mezzogiorno preso nel suo insieme", scrivono. A dirlo è anche l'analisi socio-economica dell’area dello Stretto di Messina collegata a quella della trasportistica in termini di domanda di mobilità, servizi di trasporto ed accessibilità. 

"Le due regioni considerate, pur ospitando l’11,4% della popolazione, contribuiscono al prodotto interno lordo nazionale solo per il 6,8%. Questa situazione di debolezza della struttura produttiva si è aggravata nel corso degli ultimi venti anni: la variazione relativa rispetto al Centro Nord è stata del meno 15,3% e, dato ancora più negativo, è stata del meno 2,7% rispetto allo stesso Mezzogiorno", scrivono ancora. Negativo anche il trend demografico, quello delle infrastrutture e quello dell'occupazione. 

I finanziamenti 

Secondo quanto sostenuto dal presidente Nello Musumeci, ieri a Messina insieme al viceministro delle Infrastrutture Alessandro Morelli, il Ponte e le reti di trasporto a esso collegate dovrebbero arrivare a costare 7 miliardi di euro. "L’unica possibilità per garantire un adeguato flusso di risorse è quella di porre a carico di ANAS e RFI un significativo canone di disponibilità per l’utilizzo dell’infrastruttura e del sistema di attraversamento, la qual cosa si tradurrebbe sostanzialmente, sia pure in forma indiretta, in un finanziamento dell’intervento a carico del bilancio pubblico", scrivono nella relazione. "Per queste ragioni appare, quindi, ragionevole che l’investimento sia effettuato direttamente con risorse pubbliche (nazionali e/o europee)", si legge ancora nel testo. 

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Il modello a più campate

La possibilità di realizzare un tunnel è stata definitivamente bocciata dagli esperti. "Il sistema con ponte a più campate, ipotizzabile, ad esempio, a tre campate con due pile in mare, è una soluzione tecnicamente fattibile, anche grazie agli avanzamenti delle tecnologie di indagine e realizzazione per fondazioni di opere civili marittime a notevoli profondità", scrivono.

Maggiore estensione ed esperienze consolidate giocano a favore di questa scelta. Inoltre la lunghezza consentirebbe di "localizzare il collegamento in posizione più prossima ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria, con conseguente minore estensione dei raccordi stradali e ferroviari a terra, un minore impatto visivo delle pile, una minore sensibilità agli effetti del vento, costi presumibilmente inferiori e maggiore distanza dalle aree naturalistiche pregiate come il lago di Ganzirri", spiegano.  Cosa gioca a sfavolre dei tunnel sottomarini? L'elevato rischio sismico e la mole di indagini geologiche, geotecniche e fluidodinamiche necessarie per verificarne la fattibilità tecnica. 

Per quanto riguarda il ponte a più campate, inoltre, esistono già esempi nel mondo oltre a una minore altezza dei piloni (280 m invece di 380 m s.l.m.) a cui corrisponderebbe un minore impatto visivo. Tuttavia, gli studi di fattibilità sono datati e "si evidenzia la necessità di approfondimenti sulle interazioni tra terreni di fondazione e pile in mare", sottolineano. Vanno ancora analizzati gli "effetti legati alla presenza di correnti marine intense e variabili di direzione che possono produrre complessità in fase realizzativa delle pile. Possibili effetti dell’azione del vento (anche se inferiori a quelle della soluzione a campata unica)", sostengono. 

Il rischio sismico 

La pericolosità dei fenomeni naturali nell'area dello Stretto è alta. Occorre, ancora secondo la relazione del ministero, che la vulnerabilità del progetto sia ridotta. Occorre quindi adattare l'opera a "sismi, vento, correnti marine e frane sottomarine. Dal punto di vista geologico, il sisma rappresenta il fenomeno più temuto". 

Data la particolarità della infrastruttura si dovrà comunque tenere conto delle accelerazioni del suolo. "L’area dove sono previsti gli attraversamenti stabili dello Stretto non è soggetta a rischio vulcanologico, se non alla possibile ricaduta di cenere dalle eruzioni dell’Etna o dei vulcani eoliani, in particolare Stromboli o Vulcano, ma è fortemente esposta a rischio sismico e a possibili frane sottomarine. Terremoti, eruzioni e frane possono inoltre generare tsunami", si legge nella relazione. 

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Scarica il file completo: La relazione del ministero sul Ponte dello Stretto-2

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