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Cronaca

Mandato via dal seminario dove ha segnalato abusi sessuali, appello dei fedeli: “Non punite chi è vittima”

Lettera aperta di un gruppo di catechisti, ministri straordinari e appartenenti al coro di una parrocchia messinese dopo la notizia del giovane seminarista che ha citato in giudizio la Diocesi. “Era per noi il figlio, il fratello, l’amico che chiunque avrebbe voluto. Mai avremmo pensato di trovarci spettatori di una così enorme ingiustizia”

“Volevo dirvi che non lo faccio contro la chiesa ma per la Chiesa”. Queste parole non suoneranno nuove a chi ha visto “Grazie a Dio”, il film premiato dalla Giuria al festival di Berlino, che racconta la storia, vera - come già l’inchiesta di “Spotlight”  - di preti pedofili e dell’incredibile rete di connivenze per coprire i loro abusi.

Sono le parole pronunciate dal protagonista che sceglie di denunciare, di abbattere il muro del silenzio.

“Ho svelato abusi sessuali dei preti, mi hanno butatto fuori dal seminario”

Le stesse che pronuncia oggi un giovane seminarista messinese che ha citato in giudizio la Diocesi con il suo rappresentante, l’arcivescovo monsignor Giovanni Accolla, per essere stato mandato via dal seminario di San Pio X di Giostra dove si preparava da anni per diventare prete e dove ha segnalato ripetuti abusi e molestie sessuali.

Il caso approderà nelle aule di giustizia il 18 novembre per la prima udienza in sede civile che rischia di terremotare la Diocesi di Messina.  

La vicenda, raccontata ieri da MessinaToday, ha già aperto uno squarcio. Quello di un gruppo di lettori che hanno riconosciuto la storia e hanno voluto lanciare un appello ai vertici della Diocesi affinchè “siano illuminati e pronti a rimediare” a quella che ritengono “una profonda ingiustizia”.

La lettera è firmata da otto persone (catechisti, ministri straordinari e appartenenti al coro di una parrocchia messinese). Eccola:

“Siamo una comunità di figli di Dio che nella storia pubblicata da MessinaToday ha riconosciuto la situazione che da qualche tempo ci ha tolto serenità. Sì, perché noi Davide (nome di fantasia per tutelare la privacy, ndr) , lo conosciamo fin troppo bene per l’esperienza svolta presso la nostra parrocchia. Lui è una splendida persona di grande vocazione e spessore umano: il figlio, il fratello, l’amico che chiunque avrebbe voluto, amato e rispettato da tutti, sempre pronto e preparato nelle varie attività parrocchiali. Mai e poi mai avremmo pensato di trovarci spettatori di una così enorme ingiustizia che fa vacillare, e non poco, le nostre certezze. La crudeltà ed il modo di insabbiare tutto da parte di chi dovrebbe vivere nella parola di Dio, ci offende come laici, cattolici e praticanti. Noi abbiamo sempre creduto alle parole di fratellanza, amore per Dio e per il prossimo enunciate con grande enfasi dall’ambone. Abbiamo sempre visto la figura del sacerdote come anello di congiunzione tra noi e dio, ma davanti a questa triste storia restiamo spiazzati e delusi per una chiesa che sfugge, e copre sacerdoti che non meritano questo nome; e punisce severamente chi come Davide fa della parola di Cristo il suo vangelo per la vita e non accetta compromessi di sorta, soprattutto a sfondo sessuale che possono allontanarlo dall’amore di Dio. Davide ostacola i piani perversi ribellandosi a quello che da un sacerdote non dovrebbe essere non solo proposto ma neanche pensato. E’ questa la chiesa di cui ci fidiamo? Sono questi gli uomini di Dio di cui dovremmo seguire l’esempio? Uomini di Dio che scesi dall’altare diventano uomini di satana, sì, perché non può esserci Dio davanti ad un: “ti faccio buttare fuori se tu…” no, non può esserci Dio in un allontanamento ingiusto di una vocazione pura e reale. Forse i carnefici di Giovanni Battista o di nostro Signore sono tornati in vita giustiziando innocenti ed affidando delle comunità a soggetti pericolosi e di dubbia moralità? Speriamo che i vertici della Diocesi siano illuminati e pronti a rimediare a quella che noi riteniamo una profonda ingiustizia”.

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