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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

Siccità, la Sicilia è la regione italiana a maggiore rischio desertificazione

Ecco le zone in cui può scarseggiare l'acqua potabile dai rubinetti e perché i temporali non bastano. Si va verso i razionamenti, per ora solo con ordinanze a livello comunale

La siccità morde. Non piove, e le previsioni meteo non sono incoraggianti. E' la Sicilia in generale la realtà taliana a maggiore rischio desertificazione. Le Regioni stringono i tempi e, sostenute dal segretario del Pd, Enrico Letta, chiedono con forza al governo l’immediata dichiarazione dello stato di emergenza in modo da poter disporre subito di risorse straordinarie. Arriverà lo stato di emergenza, è inevitabile, ma non questa settimana (i tempi non sono immediati) e comunque non sarà salvifico.

Siccità, tra stato di emergenza e razionamenti

Nelle prossime ore o giorni il Consiglio dei ministri non varerà interventi straordinari. "Una decisione è ancora prematura", dice il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli. Lo stato di emergenza potrebbe essere proclamato la prossima settimana, quando la Protezione civile avrà raccolto tutti i dati tecnici e sarà in grado di proporre un piano ponderato all'esecutivo, e servirà più che altro a garantire risorse utili a gestire la crisi e a sostenere le aziende agricole. Preoccupazioni vengono espresse dal responsabile del Lavoro Andrea Orlando che sottolinea "un problema di salute e sicurezza: con oltre 40 gradi lavorare nei cantieri o nei campi non è possibile, a maggior ragione se manca l'acqua".

Perché lo stato di emergenza tarda ad arrivare? Il motivo è che le norme prevedono che sia frutto di un processo decisionale complesso che giunge al termine di un confronto tra competenze anche molto diverse.

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La dichiarazione territoriale dello stato di emergenza (dovrebbe riguardare le regioni del bacino del Po a cui va aggiunta l’Umbria) che conferisce al Dipartimento della Protezione civile poteri speciali (razionamenti in primis) e anche una dotazione finanziaria (necessaria ad esempio per mandare l’acqua con le autobotti dove c’è necessità) viene effettuata dopo la messa a punto di un piano che integra competenze diverse e che coinvolgono il ministero delle Infrastrutture e della mobilità (competente per gli invasi), quello della Transizione ecologica (che si occupa tra l’altro di depurazione delle acque), quello delle Politiche agricole e le regioni. Si devono valutare scelte come quella sul possibile svuotamento degli invasi. Il procedimento è in capo al dipartimento di protezione civile che studia e riunisce gli elementi tecnici da sottoporre poi al consiglio dei ministri, al quale spetta la decisione finale sullo stato di emergenza.

In ogni caso, come sottolinea oggi il Sole 24 Ore, la dichiarazione di stato di emergenza va poi tenuta distinta dalla dichiarazione di calamità nazionale che è disciplinata dalla legge 102 del 1994 e che riguarda esclusivamente l’agricoltura e, in presenza di calamità meteo o naturali, prevede un risarcimento in denato a favore degli agricoltori che abbiano subito un danno superiore al 30% del valore della produzione. La dichiarazione di stato di emergenza invece travalica l’agricoltura e investe altri settori produttivi e la popolazione civile. Insomma, tra una cosa e l'altra se ne parla a luglio.

Quasi tutta l'Italia ha bisogno disperatamente di acqua. Dalla Lombardia al Piemonte, dal Veneto all’Emilia Romagna (dove il governatore Bonaccini ha firmato ieri lo stato d’emergenza regionale), i prossimi dieci giorni saranno decisivi per salvare almeno il primo raccolto dell’estate. L'irrigazione è essenziale in questi giorni, perché molte colture stanno arrivando a maturazione e hanno bisogno di una grande quantità di acqua. L'autorità di bacino del Po ha deciso un taglio del 20 per cento dei prelievi ma se non arriveranno alla svelta piogge consistenti, potrebbe non bastare. In Lombardia le necessità del comparto agricolo, di fatto, sono coperte solo per i prossimi dieci giorni. In Piemonte e Veneto poco di più.

In Sardegna invece, nonostante le preoccupazioni per gli invasi del nord ovest, grazie a un maggiore accumulo dovuto alle scorte fatte in un autunno molto piovoso dalla seconda metà di ottobre a metà dicembre, nelle dighe è presente l'80% dell'acqua invasabile e la situazione è meno emergenziale che in altre regioni: c’è ancora acqua per famiglie e campagne.

I parchi acquatici a orario ridotto e l'acqua potabile che scarseggia

Tra i raccolti più a rischio in queste settimane, l'assenza totale di piogge rischia di impedire la crescita delle olive e quindi, inevitabilmente, può compromettere tutto il raccolto. In tal caso si farà un massiccio ricorso alle giacenze della spremitura precedente, con aumento dei prezzi. E poi c'è la frutta, tanta frutta. La raccolta delle albicocche e delle pesche nettarine è solo all'inizio, ma l'estate è cruciale per la qualità e la quantità della frutta invernale: mele, pere e kiwi, tutti prodotti che spingono l'export ortofrutticolo italiano. Per le nocciole, se non piove il rischio è che ne risenta fortemente la qualità del prodotto. Se non pioverà entro due settimane, il raccolto del riso per il 2022 sarà in parte compromesso.

Le amministrazioni locali chiedono l'aiuto della Protezione civile per siglare intese con i produttori di energia e abbassare ulteriormente la produzione in favore dell'utilizzo umano e agricolo ma il tema è scivoloso, perché il flusso d'acqua per l'idroelettrico è cruciale anche per il raffreddamento delle centrali. Timori ci sono per la disponibilità dell'acqua potabile che potrebbe scarseggiare dai rubinetti. Le zone più a rischio sono il Piemonte, la provincia bergamasca, l'Appennino parmense e il Delta del Po, dove si aggiunge il problema dell’acqua salata che risale il fiume a causa della sua debolissima portata. Ma anche nel viterbese (la provincia del Lazio più sotto pressione) si potrebbe andare incontro a criticità per l'acqua potabile se continuerà a non piovere.

L'ipotesi razionamenti è sempre sul tavolo, con la possibilità di chiudere parchi acquatici, piscine e fontane monumentali. Il razionamento dell’acqua potrebbe avvenire - sono ragionamenti di queste ore, in caso la situazione non si sbloccasse entro fine mese - nelle ore notturne. Tuttavia il solo parlare di divieto di utilizzo per scopi ludici fa tremare i gestori dei parchi divertimenti che, all’inizio della prima estate senza restrizioni dopo due anni di chiusura causa Covid, vedono agitare lo spettro del razionamento. Luciano Pareschi, presidente dell’associazione Parchi permanenti italiani, propone l’utilizzo dell’acqua di mare: "Per i parchi che si trovano in prossimità della costa si potrebbe pensare ad usare l’acqua del mare trattata e filtrata. È importante scongiurare l’ipotesi di razionamenti di acqua o di riduzione dell’orario. Una soluzione di questo tipo sarebbe insostenibile".

Tornando sull'arida Terra, con lo stato d'emergenza ormai alle porte "se non altro i cittadini saranno più responsabili nel consumo di acqua e le istituzioni capiranno che bisogna intervenire in modo strutturale", dice alla Stampa Massimiliano Fazzini, climatologo dell'Università di Ferrara e responsabile del team "rischio climatico" della Società italiana di geologia ambientale. Ma come? "Primo, non sprecando acqua. Quella che consumiamo individualmente. Ma soprattutto quel 39 per cento, con punte del 55 per cento al Sud, che in media disperdiamo per non aver efficientato la nostra rete idrica". Intanto, si segnalano a macchia di leopardo rigide ordinanze locali contro l’utilizzo dell’acqua di notte, primi razionamenti a livello comunale e blandi appelli al senso civico dei cittadini. 

fonte Today.it

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