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Cronaca

Provaci ancora Hamed, rispedito nel suo paese torna un anno dopo col barcone: quel sogno troppo grande di vivere in Italia

Era venuto nel 2022 ma è stato rispedito indietro e non poteva rientrare in Italia prima dei cinque anni. Il nuovo viaggio della speranza naufraga al Molo Norimberga

Questa è la storia di uno dei tanti che salgono su un barcone spendendo tutti i soldi, una piccola fortuna accumulata da tutta la famiglia, rischiando la vita per sfuggire alla miseria. L’Italia sembra un sogno così come quello di andare a Roma per fare il macellaio con suo cugino.

Ma Hamed (nome di fantasia) non conosce le leggi italiane né la burocrazia che lo aspetta. Ne fa subito i conti però perché viene rimpatriato subito dopo aver messo piede sul suolo italiano, nel 2022. Anche se non ha commesso alcun reato si ritrova nelle mani un foglio di carta che qualcuno gli ha tradotto nella sua lingua. Il succo: non hai i requisiti di rifugiato e non puoi rientrare in Italia prima di 5 anni.

Piange, si dispera Hamed e ritorna nel suo paese dove fa tutti i lavori possibili anche i più umili per raccogliere un’altra somma e tentare un altro viaggio della fortuna su quella piccola barca. L’obiettivo non cambia: vuole andare a fare il macellaio in una nazione dove si vive meglio e si rispettano i diritti umani.

Ma quando sbarca, proprio nei giorni scorsi, al molo Norimberga, dai controlli salta fuori che lui no, in Italia non ci poteva proprio stare. Senza aver rubato, ucciso o offeso nessuno, senza aver commesso alcun reato, si trova davanti ad un giudice, senza un soldo in tasca, con una difesa d'ufficio sostituita da un altro difensore, sempre d' ufficio.

La legge è legge, e il giudice in attesa del processo per direttissima – capo di imputazione è quello di non aver rispettato il decreto di espulsione - applica la misura restrittiva, una sorta di “domiciliari” a uno che la casa qua non ce l’ha e rispetto ai suoi amici con cui ha condiviso mare acqua e freddo non ha neanche un giaciglio o un pasto poiché lui no, non ha diritto di stare sul suolo italiano.

Occorre portarlo in una struttura. I poliziotti che lo hanno accompagnato si interrogano sul da farsi mentre Hamed - che non capisce molto di quello che sta accadendo e di tutto il sistema  di leggi che gli è piombato addosso – ringrazia chiunque uscendo dal tribunale, giudice, avvocato difensore, cancellieri… Hamed è stato educato a salutare sempre e a ringraziare tutti. Offre il suo pasto, una banana, e sorride. Nei suoi occhi ancora non si spegne quella luce, quel desiderio di fare il macellaio. Non ha capito che deve tornare di nuovo nel suo paese, perché è fuggito da una “terra che ti odia a un’altra che non ti vuole”, come canta Fossati.

Per ora sta in una struttura d’accoglienza. Dovrà comparire di nuovo davanti al giudice il 7 aprile difeso dall’avvocato Flavia Buzzanca. Al processo per direttissima dove la sentenza appare scontata. Codice alla mano, si spegnerà quella luce nei suoi occhi, quel desiderio di andare a lavorare a Roma.

E questa volta Hamed, rimandato nel suo paese, non ce la farà a raccogliere i soldi e una nuova speranza per tornare in Italia. Fra cinque anni Hamed, solo cinque anni. 

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