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Cronaca Lipari

Pumex di Lipari, il Tar dà ragione alla curatela: "No al vincolo sulle aree dell'ex cave di pomice"

La Regione, che è stata condannata anche al pagamento delle spese legali, punta alla realizzazione nell’area del giacimento pomicifero di un Museo en plein air e di un Parco geominerario

No al vincolo alle cave di pomice a Lipari. Il Tar di Catania ha accolto il ricorso presentato dal liquidatore fallimentare della Pumex Massimo Galletti, che si era opposto al decreto firmato dal dirigente generale del dipartimento regionale dei Beni culturali e adottato a conclusione di un complesso iter istruttorio condotto dalla Soprintendenza di Messina. Il vincolo etnoantropologico sull’intera area delle cave di pomice, in contrada Porticello dell’isola di Lipari è stato dunque stoppato e il Tar ha anche condannato la Regione al pagamento delle spese legali.

Secondo il Tribunale amministrativo l’apposizione del vincolo sarebbe illegittima, “in considerazione del fatto che nessuno dei beni, presenti nell’area (oggetto di un sopralluogo dell’8 giugno 2021), risalirebbe ad almeno settanta anni prima, termine fissato per considerare i siti minerari di interesse storico o etnoantropologico, essendo la Pumex, costituita nel 1958”.

Dubbi anche “sull’effettivo, completo esame degli atti istruttori, predisposti dalla Soprintendenza, da parte del dirigente che ha decretato l’apposizione del vincolo, stante il ristrettissimo ambito temporale, di un solo giorno, nel quale vi è stata la verifica della documentazione. Essendo accertamenti e valutazioni preliminari, indubbiamente essenziali per la dichiarazione di interesse storico delle aree e l’apposizione del vincolo”.

"La parte ricorrente - si legge nella sentenza del presidente Brugaletta  - ha dimostrato (e l’Amministrazione non è stata in grado di fornire prova contraria) che la realizzazione degli impianti da essa costruiti risale a delle date più recenti che, pertanto, non soddisfano il predetto requisito temporale, con ciò rimanendo accertata l’insussistenza di uno dei basilari requisiti per l’apposizione del vincolo predetto. Infatti, la società ricorrente ha evidenziato che gli immobili oggetto del sopralluogo dell’8 giugno 2021 sono stati da essa stessa realizzati, ed essendosi essa costituita nel 1958, la loro costruzione rientra, effettivamente, entro il settantennio. Per converso, l’Amministrazione ha genericamente dedotto che il vincolo non si riferisce ai singoli beni ma alla cava e alle attività connesse, che sarebbero “certamente .. esercitati da ben oltre settanta anni”, senza tuttavia specificare quale sarebbe la precisa data di inizio. Non solo nelle difese in giudizio, ma neanche negli atti istruttori che hanno preceduto l’emanazione del provvedimento si riviene alcuna specifica datazione dei beni ricompresi nel vincolo. In questi termini, le censure formulate dalla ricorrente, in quanto basate su precisi riferimenti cronologici non adeguatamente smentiti dall’Amministrazione - la quale ha invece proposto delle controdeduzioni assolutamente generiche - devono ritenersi fondate. Nella motivazione del provvedimento emerge, altresì, la mancata considerazione dei termini in cui il vincolo culturale si dovrebbe coordinare con la precedente destinazione di una parte delle aree interessate a possibile destinazione turistico-alberghiera, come da nota n. 52/VIII – 1469 – U del 10.1.2011 della Soprintendenza BB.CC. di Messina. Da quanto evidenziato discende, dunque, la fondatezza delle censure articolate dal ricorrente nei motivi di ricorso esaminati, i quali, considerata la loro portata tranciante e satisfattiva dell’interesse della ricorrente nonché la loro significatività e prevalenza rispetto agli altri motivi, consentono di accogliere il ricorso con assorbimento delle ulteriori doglianze svolte negli altri motivi di ricorso, in ossequio al criterio della “ragione più liquida”, declinazione del principio di economia processuale".

Nei piani della Regione, dopo l’apposizione del vincolo c'era anche la possibilità di formulare una proposta diretta di acquisto degli immobili insistenti nel perimetro dichiarato di interesse culturale, a sua volta propedeutica - in ossequio a una risalente legge regionale del 1991, mai attuata - alla realizzazione nell’area del giacimento pomicifero di un Museo en plein air e di un Parco geominerario. Per il recupero ambientale delle aree e la valorizzazione dell'ex complesso produttivo è stata trovata anche la copertura finanziaria necessaria, pari a 4,5 milioni di euro. 

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