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Venerdì, 29 Marzo 2024
Economia

Il divario tra Nord e Sud Italia cresce, mentre il reddito di cittadinanza rimane cruciale

Nel 2023 il Mezzogiorno entrerà in recessione, il resto del Paese no. L'Italia va ancora a due velocità, sotto diversi punti di vista, e anche il Pnrr potrebbe avere dei problemi

Ci sono ancora ampi divari tra Sud e il resto d'Italia, e nel 2023 aumenteranno ulteriormente. Dopo il covid, la guerra in Ucraina e l'aumento dei prezzi dell'energia non hanno contribuito in maniera positiva alla situazione. Come ogni anno, il rapporto Svimez fotografa la situazione del Mezzogiorno: il risultato è un ampio divario tra le regioni del Sud e il resto del Paese, in parte tamponato dagli aiuti del governo, e soprattutto dal reddito di cittadinanza. Il Pnrr dovrà riequilibrare la situazione, ma potrebbero esserci problemi in vista. 

L'Italia a due corsie

Secondo il rapporto pubblicato da Svimez - associazione che studia le condizioni economiche del Mezzogiorno -, nel 2023 il Pil del Sud potrebbe contrarsi fino allo -0,4%, mentre quello del Centro-Nord rimarrà positivo (+0,8%), pur segnando un forte rallentamento rispetto al 2022. Il dato medio italiano dovrebbe attestarsi invece intorno al +0,5%.

La guerra in Ucraina e le sue conseguenze hanno interrotto la ripresa iniziata dopo l'anno dei lockdown causa covid. Gli effetti di questo nuovo "shock" economico penalizzano soprattutto le famiglie e le imprese meridionali, aumentando la forbice di crescita del Pil tra Nord e Sud Italia. Secondo le stime Svimez, nel 2022 il Pil dovrebbe crescere del +3,8% su scala nazionale, con il Mezzogiorno(+2,9%) distanziato di oltre un punto percentuale dal Centro-Nord(+4,0%).

Dopo lo shock della pandemia, l’Italia ha conosciuto una ripartenza pressoché uniforme tra le aree del Paese. Il “rimbalzo” del Pil nel 2021 ha interessato tutte le aree del Paese - +6,6% a livello nazionale -, grazie alla ripresa degli investimenti, soprattutto nel settore delle costruzioni grazie al superbonus, e alla domanda estera, ma la ripresa è stata più rapida nel Nord, dove la recessione del 202 era stata più intensa. 

Il Mezzogiorno ha però partecipato alla ripartenza nel 2021: il Pil meridionale è cresciuto infatti del 5,9%, superando la media dell’Ue-27 (+5,4%), beneficiando delle politiche a sostegno dei redditi delle famiglie e della liquidità delle imprese che hanno contribuito a sostenere i consumi. Nel 2023 però la situazione cambierà in negativo.

Il peso dell'inflazione: la povertà energetica

Senza gli interventi del governo le famiglie povere sarebbero state circa 2,5 milioni, quasi 450 mila in piùrispetto al valore registrato nel 2020, mentre quelle in povertà assoluta circa un milione in più, di cui 750mila al Sud. In particolare, nelle regioni meridionali, senza sussidi l’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie avrebbe raggiunto un picco drammatico di circa 13 famiglie ogni 100 (13,2% al Sud e 12,9% nelle Isole,che grazie agli interventi è scesa di 3,4 punti al Sud e 4,5 punti nelle Isole.

Reddito di cittadinanza, bonus e Reddito di emergenza sono stati cruciali per tamponare le criticità create dalla pandemia, "che altrimenti avrebbero assunto proporzioni drammatiche", si legge nel rapporto Svimez. L'aumento dell'inflazione ha rischi concreti per la sostenibilità dei bilanci di famiglie e imprese,con effetti più allarmanti nel Mezzogiorno. Riguardo le famiglie, i nuclei a reddito più basso subiscono più degli altri le conseguenze dei rincari della bollette e dei beni di prima necessità: queste spese costituiscono circa il 70 per cento dei consumi totali. La maggior parte di queste famiglie sono concentrate nel Sud Italia.

La Svimez stima un bacino potenziale di 287 mila nuove famiglie (e 764 mila individui) in povertà assoluta. In valori assoluti al Sud sarebbero circa mezzo milione di poveri in più. 

Il ruolo del Reddito di cittadinanza

Il Reddito di cittadinanza ha limitato gli effetti peggiori della crisi economica causati dalla pandemia, soprattutto al Sud. Tuttavia, viene sottolineata "la scarsa capacità del Reddito di cittadinanza nel favorire il reinserimento nel mercato del lavoro, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno".

Tra coloro che erano ritenuti occupabili nel 2021, solo il 43% circa ha sottoscritto il Patto per il Lavoro (il 50% al Nord e il 40% al Sud) e di questi meno della metà ha ricevuto un offerta. Per lo Svimez, "Nel Sud, per carenza di offerte di lavoro e per le inefficienze dei servizi per l’impiego si può stimare che su una platea di circa mezzo milione di occupabili, circa 1 su 5 ha ricevuto un offerta".

Il rischio "imbuto" per il Pnrr

Tra le sue finalità, il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe colmare il ritardo del Sud rispetto al resto del Paese. Il 40 per cento dei complessivi 222 miliardi di euro del Pnrr e del Piano complementare approvato dal governo italiano dovranno essere destinati al mezzogiorno. 

Tuttavia, il rischio di un "imbuto burocratico" è concreto. Oltre al Pnrr, gli enti locali del Sud dovranno gestire anche i fondi europei di coesione 2014-2020, incluso il React-Eu, le risorse del ciclo 2021-2027, e quelle del Piano sviluppo e coesione nazionale. Si tratta di risorse senza precedenti che da qui fino al 2029 supereranno i 252,2 miliardi di euro. 

Storicamente, con alcune eccezioni, al Sud ci vuole più tempo per concludere un'opera sociale rispetto al resto del Paese. Per Svimez "permane l’esigenza di un migliore coordinamento e sinergia tra la politica di coesione, comunitaria e nazionale, e il Pnrr e la necessità che siano messe a sistema in una visione organica e unitaria le reciproche azioni". Lo scenario da evitare è avere i fondi necessari, ma senza la capacità di saperli impiegare. Il Sud non può permettersi di avere rimpianti nei confronti del Pnrr.

fonte Today.it

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