“Era ottobre”, al MuMe prima nazionale della produzione Teatro Pubblico Incanto
Si inserisce all'interno della rassegna ClanDestini organizzata dal Clan degli Attori al Museo Regionale di Messina, la doppia replica di venerdì 17 e sabato 18 marzo alle ore 21. Si tratta della prima nazionale della nuova produzione Teatro Pubblico Incanto, in coincidenza dei trent’anni di attività. Perché tutto iniziò proprio nel 1993, a Pagliara, un piccolo borgo del versante ionico della provincia messinese. E da allora, all’attivo della Compagnia, spettacoli che hanno girato il mondo, ottenendo riconoscimenti e premi prestigiosi, mettendo sempre d’accordo pubblico e critica.
Tino Caspanello rappresenta una delle esperienze drammaturgiche più importanti e degne di rilievo nel panorama italiano degli ultimi anni. I suoi testi sono stati tradotti e messi in scena a Parigi, Londra, Marsiglia, Lione, Tolosa, Strasburgo, Atene, Hong Kong, in Kosovo, in Polonia, in Turchia, negli Stati Uniti. La sua drammaturgia, pubblicata da Editoria&Spettacolo, è pregna di poesia, atta come poche a sondare l’animo umano e mai distante da quell’impegno civile che pertiene oggi più che mai al teatro, approda dunque al Museo Regionale di Messina.
Ed è un evento prodigioso, il cui valore aggiunto è la presenza, da tempo inusuale, proprio di Tino Caspanello in scena, che negli ultimi anni si è esclusivamente dedicato alla scrittura e alla regia. Accanto a lui in “Era ottobre” Tino Calabrò, scene e costumi di Cinzia Muscolino, testo e regia di Caspanello.
Un appuntamento quotidiano, quello tra i due protagonisti, per trascorrere insieme una parte del giorno, per non rimanere confinati nelle gabbie di città votate ormai esclusivamente all’efficienza e alla produttività, per non cedere alle sirene televisive e per non soccombere sotto il peso dei ricordi. Come per ogni appuntamento ci sono delle regole, delle convenzioni da rispettare, ma anche piccoli corto circuiti, che, apparentemente fastidiosi, regalano qua e là spunti di tenerezza e ironia a due vite che vivono, senza dirselo, la paura dell’abbandono.
"Lasciarsi guidare dalle parole, dai silenzi e dalle immagini: questa l’indicazione che ha accompagnato le prove di “Era ottobre”, perché la difficoltà maggiore del testo, l’età dei personaggi - due uomini anziani - ci ha chiesto di abbandonarci alle emozioni di chi ha ormai alle spalle un’intera vita, anche se non ancora sazio di essa. Se l’essere umano, alla nascita, è insieme vecchio e bambino, abbiamo allora cercato di attingere a quella “senilità” che ogni tanto ci accompagna anche da giovani, che è ora stanchezza, ora disillusione, ora saggezza, ma anche paura della solitudine e bisogno ancora di conforto. Non abbiamo calcato la mano su caratterizzazioni particolari – a teatro basta appena suggerire, per potere scatenare un immaginario – ma abbiamo cercato di sondare quale fosse la relazione che lega i due protagonisti, così distanti a volte, e a volte così vicini da farli sembrare, come in una consolidata amicizia, le due facce della stessa medaglia", si legge nelle note di regia.