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"La letteratura come impegno civile", Andrea Genovese torna nella sua Messina

A tu per tu con lo scrittore originario di Giostra che ha presentato in città i suoi "Idilli" messinesi e milanesi

A Messina in occasione della presentazione delle sue ultime sillogi poetiche – Idilli messinesi e Idilli milanesi – Andrea Genovese, classe 1937, si concede ancora alle azzurre sponde dello Stretto. Lo fa con la solita passione civile, nutrita dal forte spirito identitario che irriga i suo scritti, confermando la forza del suo legame con Messina, una delle tre città – le altre sono Milano e Lione, ove attualmente vive – che hanno fatto da contesto alla sua ormai lunga parabola esistenziale. Nella piccola biblioteca russa di via S. Marta, ove si è appena celebrato il ricordo di Felice Irrera, ne è nata una conversazione tra l'autore originario di Giostra e il medico scrittore Giuseppe Ruggeri che volentieri pubblichiamo.

Caro Andrea, rivederti è un onore e un piacere. Mi dici quando e come la letteratura è diventata per te una missione civile?

Da sempre. Per me la letteratura non è mai stata fine a se stessa, anche quando non credevo che la mia vita potesse assumere dei profili d’impegno civile vero e proprio. E’ successo con spontaneità, evidentemente è sempre stato nelle mie corde.

Perché la poesia, e, nella fattispecie, gli idilli, a che si deve questa scelta quasi “leopardiana”? Sei diventato tradizionalista o cosa?

Se si leggono le mie poesie e le mie raccolte liriche, tanto quelle in lingua italiana quanto quelle in francese, si nota subito che la definizione di “idillio” vi esula dal suo significato più tradizionale. D’idillio, in realtà, questi componimenti hanno ben poco. Manifestano un impegno preciso, una denuncia, nascono da una lunga militanza nei modi e ritmi della letteratura greca e italiana - Leopardi in particolare.   

Che cosa ritrovi, a Messina, presente l’ultima volta che ci sei tornato, e cosa invece che non c’è più?

Messina è immobile in certo senso, e l’unico elemento di novità e di positivo sono i rapporti umani - anche se spesso conflittuali, a quanto riesco a vedere. Il problema di fondo a Messina è che non vi si riesce a far vivere la cultura in maniera non provinciale. Fatta eccezione per qualche rivista diffusa in città - penso a Moleskine che ha una sua dignità letteraria - ma ovviamente non posso che considerare tutti questi aspetti in modo approssimativo, poiché vivo altrove.

Più di un amico ci ha lasciati da allora. Felice Irrera, Ugo Intilla, Sergio Palumbo …

Ho tre città sulle spalle e le perdite di questi ultimi anni, non soltanto quindi a Messina, hanno creato in me un vuoto enorme. La lotteria della vita, purtroppo, è implacabile.

Tu vivi ormai da anni fuori dall’orbita della nostra “falce marina”, ma di Messina continui a occuparti, a volte con rabbia altre con ostinata rassegnazione, nelle pagine del tuo “Belvedere” che hai la bontà di inviare, tra gli altri, anche al sottoscritto. Potenza delle radici?

Sì, radici tanto profonde che, malgrado la mia distanza, anche se non in maniera fisica, spiritualmente io mi sento sempre a Messina.

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