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No di Roma, nuovo incubo tagli anche al teatro Vittorio Emanuele

Se il governo nazionale non concedere alla Sicilia la possibilità di rateizzare in 10 anni il residuo del disavanzo di 380 milioni di euro, a Messina sarebbero aggrediti da subito Ente Teatro, Taormina Arte e centro Hellen Keller

Incubo nuovi tagli per il teatro di Messina. 

Il governo nazionale sarebbe intenzionato a non concedere alla Sicilia la possibilità di rateizzare in 10 anni il residuo del disavanzo di 380 milioni di euro, che sarebbe invece da pagare in 4 anni, e quindi poco meno di 100 milioni di euro all’anno a decorrere dal 2019. Lo ha spiegato in assemblea regionale, l’assessore all’Economia, Gaetano Armao: “Il ministero dell’Economia, facendo leva su una recente sentenza della Corte costituzionale, non intende concedere alla Regione la possibilità di spalmare il disavanzo in 10 anni, ma di farlo nell’arco dell’attuale legislatura. Aspettiamo la proposta formale del ministero, che comunque su queste basi non può soddisfarci”. 

Se la rata da pagare per il 2019 fosse confermata a quasi 100 milioni di euro, a Messina sarebbero aggrediti da subito l’Ente Teatro e Taormina Arte - il  taglio per l’Ente autonomo regionale “Teatro di Messina” vale 700mila euro mentre quello per Taormina Arte è pari a 243mila euro  -  ma anche assistenza e formazione, con meno fondi ai talassemici, al ricovero giudiziario dei minori, all’Unione italiana ciechi alla Stamperia Braille, all’Istituto Helen Keller, ed agli enti gestori delle scuole di servizio sociale. 

Il governo Musumeci mantiene trattative serrate con gli uffici di Roma, e un barlume di speranza forse lo si intravede nel decreto cosiddetto “Crescita” del governo Conte. Se il semaforo sarà verde, i 380 milioni di euro saranno comodamente pagabili in 10 anni, a 38 milioni di euro all’anno, e sarà scongiurato l’incubo di una Finanziaria “lacrime e sangue” fino al termine della legislatura. 

Diversamente  saranno subito attivati i tagli da 53 milioni di euro ai Forestali e da 48 milioni di euro al capitolo per il trasporto pubblico locale. E poi ancora, a cascata, 8,7 milioni di tagli al fondo per gli Ex Pip, 8,5 milioni al capitolo per i Consorzi di bonifica e 790mila euro sarebbero prelevati dalle risorse per la proroga dei contratti di lavoro negli stessi Consorzi. E poi una tagli da 1,7 milioni di euro al fondo per la campagna di meccanizzazione dell’Esa, l’Ente di sviluppo agricolo, mezzo milione all’Istituto dell’olio e del vino, oltre 750mila euro all’Istituto zootecnico, 300mila euro circa all’Istituto per l’incremento ippico, e 281 mila euro al Consorzio della ricerca sulla filiera casearia. Poi sarebbero aggrediti i settori cultura e spettacolo, con un taglio di 1,6 milioni di euro nella sezione per i teatri pubblici del Furs, il fondo unico regionale per lo spettacolo, e meno risorse al Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania, allo Stabile di Catania, all’Ente autonomo regionale “Teatro di Messina”, Taormina Arte, Fondazione orchestra sinfonica siciliana e Teatro Massimo di Palermo.

Per l’ente lirico della città dello Stretto, il contributo di 3 milioni 790 mila euro, previsto in finanziaria dal Governo, aveva già subito decurtazioni. Proprio ad aprile, si era registrata la protesta del deputato regionale del M5S Antonio De Luca, che ha predisposto un emendamento al Bilancio, che prevede di stanziare 600 mila euro al teatro Vittorio Emanuele di Messina. 

Nel frattempo, già nella Finanziaria approvata nel febbraio scorso, l’Assemblea Regionale ha congelato i quasi 100 milioni di euro, ovvero la rata esatta del 2019 da scongelare e versare se il no alla rateizzazione in 10 anni sarà definitivo, a danno di numerosi settori economici e categorie di lavoratori. 

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