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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Marjan, la donna accusata di essere una scafista ha riabbracciato il figlio

La 29enne iraniana è rinchiusa nel carcere di Barcellona dal 26 febbraio dopo aver tentato il suicidio. Oggi la prima udienza rinviata per mancanza di un giudice

Marjan Jamali, la giovane iraniana, 29enne, accusata di essere una scafista e minacciata di stupro da tre uomini, si è presentata oggi alla prima udienza davanti al tribunale di Locri, assistita dal suo legale di fiducia Giancarlo Liberati. Un'udienza veloce e subito rinviata all'8 aprile, per mancanza di un giudice. Ma per la giovane, rinchiusa all’istituto penitenziario di Barcellona Pozzo di Gotto dov’è stata trasferita dal carcere di Reggio Calabria il 26 febbraio in seguito ad un tentativo di suicidio, l'udienza è stata anche l'occasione, dopo mesi, per riabbracciare il figlio Faraz, di appena otto anni. Così riporta ReggioToday.

Ieri il colloquio con Laura Boldrini, giunta a Barcellona come  presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo. Boldrini ha definito inverosimile la vicenda sottolineando che Marjan "non è mai stata interrogata, non ha mai ricevuto un documento in una lingua a lei comprensibile. Il suo diritto alla difesa è stato totalmente compresso, violato".

Marjan Jamali era arrivata su una barca a vela, insieme ad altri 100 migranti, a Roccella Ionica alla fine di ottobre scorso al termine di una delle tante operazioni di soccorso in mare. Due giorni dopo l’arrivo, era stata arrestata dalle forze dell’ordine perché ritenuta una "scafista", sulla base delle dichiarazioni rese dopo lo sbarco da tre migranti, - che secondo la donna - avrebbero tentato di violentarla.

"È stato un momento molto emozionante - racconta l'avvocato Liberati - vedere questa giovane donna che ha potuto riabbracciare il figlio. Marjan Jamali era stata trasferita a istituto penitenziario di Barcellona Pozzo di Gotto per tenerla sotto osservazione, per un mese, dopo che a gennaio aveva assunto sedici pillole di calmanti, come atto dimostrativo perché non vedeva più il bambino ed era chiusa in carcere.

Adesso tornerà a Reggio Calabria, ma giovedì 14 marzo ci sarà anche l'udienza davanti al tribunale del riesame, dove chiederemo gli arresti domiciliari da scontare presso il Sai di Camini, che già ci ha dato la disponibilità e che già ha in carico il figlio presso una famiglia migrante che ha altri cinque figli e parla la stessa lingua". 

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