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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca Camaro

La banda che smerciava droga nonostante arresti e sequestri, i retroscena dopo il blitz di Camaro

Presunto capo dell'organizzazione era Claudio Costantino, imputato del duplice omicidio del gennaio 2022. L'uomo considerato la mente dei traffici illeciti con la Calabria anche durante la latitanza e la reclusione in carcere. L'agenda trovata nel covo di Rosarno e i messaggi tramite pizzi e telefonini nascosti in cella. I ruoli all'interno dell'organizzazione che il gip definisce "di considerevole spessore"

Un'organizzazione criminale talmente solida da rimanere in piedi nonostante i ripetuti sequestri e gli arresti di alcuni dei suoi componenti. Così la Procura definisce la "banda" scoperta al termine dell'operazione di polizia che ieri mattina ha portato a dieci misure cautelari. Indagini legate a doppio filo con il duplice omicidio di Camaro. A capo del gruppo, come ricostruiscono gli inquirenti, c'era infatti Claudio Costantino, imputato per aver ucciso Giovanni Portogallo e Claudio Cannavò nel gennaio di due anni fa. E non è un caso se è lo stesso giudice per le indagini preliminari, Ornella Pastore, a chiarire nell'ordinanza come ci si trovi "al cospetto di una compagine associativa di considerevole spessore".

Duplice omicidio di Camaro, Costantino: "Ho sparato per difesa, poi ho vissuto come un barbone"

Al centro c'è sempre Camaro. In quel quartiere che attende da decenni il riscatto operavano Costantino e i suoi sodali. Una fitta relazione che è andata avanti durante la latitanza dello stesso Costantino, catturato a Rosarno tre mesi dopo il delitto per il quale è al momento sotto processo, senza fermarsi neanche dopo l'arresto di quest'ultimo. Tutto ciò è stato possibile, così come scrive il gip, grazie a uomini e mezzi mossi da un obiettivo comune: garantire in tempi brevi approvvigionamenti di droga dalla Calabria per poi destinarla al mercato messinese.
 

Vicecapi, corrieri e fornitori: i ruoli all'interno della banda

La Procura ricostruisce fedelmente i ruoli basandosi sui risultati di una lunga indagine arricchite da intercettazioni e videosorveglianza. Come detto, la struttura gerarchica vedeva in testa Costantino, poi c'era la compagna Alessandra Patti e il figlio Ruben Prugno. Entrambi avrebbero sempre mantenuto assidui contatti con il 39enne, sia nel periodo in cui si trovava in stato di latitanza che quando si trovava in stato di detenzione. La donna avrebbe assunto il ruolo di partecipe, operando secondo le direttive impartitele da Costantino sia durante la sua latitanza, sia, soprattutto dopo il suo arresto. A partire da tale momento si assiste infatti ad un rafforzamento del suo ruolo. Non a caso la Procura parla di  "trait d’union" tra il compagno ed i sodali, ed il mondo esterno. Sarebbe stata, inoltre, la Patti a tenere la contabilità del gruppo, gestendone la cassa comune al fine di raccogliere il denaro necessario a pagare le forniture. 

Al fianco della donna, così come sostenuto dagli investigatori, il figlio Ruben Prugno. Il giovane avrebbe coadiuvato la madre nella custodia del denaro del sodalizio, nonché nei rapporti con gli acquirenti.

Ma il numero 2 della banda secondo il pubblico ministero sarebbe Francesco Genovese. Il suo ruolo all'interno dell'organizzazione lo avrebbe visto subentrare a Costantino durante la latitanza e il successivo arresto. Genovese avrebbe in particolare mantenuto i contatti con i fornitori dell’organizzazione, seguendo le direttive dello stesso Costantino, coordinato le trasferte per acquistare droga corrispondendo le paghe ai corrieri, per poi ricevere la sostanza stupefacente da distribuire ai rivenditori e agli acquirenti. Un'attività portata avanti insieme al figlio Giuseppe, anch'egli arrestato dopo il blitz di ieri. 

Venti chili di marijuana in transito sullo Stretto: la droga prelevata dalla casa in cui Costantino trascorreva la latitanza

Per la Procura a svolgere il ruolo di corrieri, fino alla data del loro arresto, erano invece Francesco Amante e Francesco Ferrante. Si sarebbero infatti occupati del rifornimento della droga in Calabria e del successivo trasporto a Messina. Stabili fornitori del sodalizio sarebbero i calabresi Giuseppe Saffioti e Lugi Serena. Entrambi avrebbero infatti rifornito in varie occasioni il gruppo, consegnando le partite di stupefacente trasportate a Messina. Un giro d'affari notevole in considerazione che dalla provincia reggina arrivavano ingenti partite di marijuana che in un'occasione sono state quantificate in venti chili. Stupefacente che sarebbe stato prelevato proprio dalla casa di Rosarno in cui Costantino trascorreva la latitanza.

E nel corso della perquisizione eseguita nella stessa abitazione è stata sequestrata anche un’agendina riportante cifre e nomi e/o cognomi parziali, verosimilmente riconducibili a soggetti nei cui confronti il gruppo criminale dell’indagato vantava dei crediti derivanti da pregresse cessioni di sostanze stupefacenti.  La circostanza, si legge nell'ordinanza,  che nella suddetta agenda fossero contenute annotazioni riguardanti le sostanze stupefacenti trova conferma nel fatto che in una delle pagine è riportata la dicitura “bianca 500 gr.” e poco dopo “fumo 2900”


Pizzini e telefonate dal carcere per comunicare con l'esterno

Claudio Costantino sarebbe rimasto a capo dell'organizzazione anche dopo il suo arresto. L'uomo è stato catturato il 9 aprile 2022 dopo tre lunghi mesi di latitanza trascorsi a Rosarno. Un periodo che, secondo quanto dichiarato dallo stesso 39enne durante il primo interrogatorio, lo avrebbe visto condurre la vita da barbone. Poi l'arresto e la reclusione nel carcere di Augusta da dove, secondo quanto appurato dalle intercettazioni degli inquirenti, avrebbe continuato a comunicare con l'esterno, in particolare con la moglie, tramite telefoni e sim. Oltre le telefonate ci sarebbero stati anche i più classici pizzini utilizzati per imporre la riscossione dei crediti e continuare a gestire gli affari.

Il provvedimento cautelare è stato adottato nella fase delle indagini preliminari e che, dunque, l’indagato è da presumersi innocente sino alla sentenza di condanna definitiva che ne accerti la responsabilità all’esito del giudizio che si svolgerà nel contraddittorio con la difesa davanti al giudice terzo ed imparziale, giudizio che si potrà concludere anche con la prova dell’assenza di ogni forma di responsabilità.

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