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Lunedì, 29 Aprile 2024
La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

Palazzo della Cassa Nazionale di Risparmio, storia di un compromesso stilistico tra due architetti antitetici

Cesare Bazzani reazionario e conservatore ed Ernesto Basile rivoluzionario e progressista. Farli operare insieme fu uno dei più grandi ossimori dell’architettura italiana del ‘900 dovuto a questioni prosaiche e di appartenenza politica. Con questi risultati

Il Palazzo della Cassa Nazionale di Risparmio Vittorio Emanuele II di Messina realizzato a partire dal 1925, ubicato sulla via Garibaldi antistante la chiesa sveva di Santa Maria Alemanna, rappresenta un raro esempio di compromesso stilistico tra due architetti i cui linguaggi furono antitetici: uno storicista e l’altro modernista.

Gli architetti sono Cesare Bazzani ed Ernesto Basile, il primo architetto di regime (prima savoiardo e poi fascista), neoeclettico e abile trasformista (vedi riferimento specifico); il secondo massimo esponente del modernismo italiano e capo scuola del Liberty Floreale siciliano.

Due cifre stilistiche dal significante opposto: quello del primo reazionario e conservatore con rare aperture opportuniste al modernismo, quello del secondo rivoluzionario e progressista.

Architetture, galleria fotografia sul palazzo della Cassa di Risparmio di Messina

Farli operare insieme fu uno dei più grandi ossimori dell’architettura italiana del ‘900 dovuto a questioni prosaiche e di appartenenza politica.

In quegli anni Bazzani, tra i maggiori progettisti di opere pubbliche, era anche l’architetto di riferimento della Cassa di Risparmio in tutta Italia, imposto dal regime fascista, mentre Basile, ormai al culmine della sua carriera, nell’isola vantava una fama internazionale indiscussa ed il gradimento dei referenti siciliani dell’istituto memori della vasta eco che ebbe la sede panormita di via Roma della Cassa che il genio del Liberty Siciliano aveva realizzato a partire dal 1909.

Bazzani invece per la Cassa di Risparmio aveva realizzato la sede di Ascoli Piceno nel 1914, sponsorizzato da Casa Savoia e convertitosi professionalmente al Fascismo, quella di Macerata nel 1929, di Sant’Elpidio a Mare e di Foligno nel 1930.

Fu così che per la sede di Messina l’istituto dovette trovare un compromesso tra il talento palermitano e l’architetto romano un passatista camaleontico che ad onor del vero non brillava di originalità.

Le carriere dei due architetti furono agli antipodi per tutta la loro esistenza. Il siciliano fu colui che rivoluzionò l’architettura italiana del primo novecento aprendo la strada all’architettura moderna nella penisola. Fu il primo architetto avanguardista che forgiò una miriade di epigoni. Fu colui che declinò il Modern Style anglosassone facendolo diventare un nuovo verbo e marchio distintivo di una Sicilia finalmente produttiva. La nuova e progressista Sicilia dei “Leoni” che si contrappose a lungo e con successo a quella secolare e infeconda dei “Gattopardi”.

In occasione della Cassa di Risparmio di Messina, l’architetto rivoluzionario e quello conservatore sempre governativo, dovettero collaborare.

La storia dell’istituto

L’istituto di credito nacque in Francia nel ‘700 con funzione di mutuo soccorso per contrastare il potere bancario degli aristocratici e alleggerire le azioni vessatorie ed usuraie che questo sistema rivolgeva alle classi meno abbienti. Una sorta di banca progressista destinata a favorire la formazione e la raccolta del piccolo risparmio a scopi prevalentemente previdenziali.

In Italia le prime Casse di Risparmio sorsero al Nord. La prima a Venezia nel 1922, seguita dalla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo sul finire dello stesso anno, nel 1823 fu la volta della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e nel 1827 della Cassa di Risparmio di Torino. Da quel periodo le Casse di Risparmio cominciarono a diffondersi in tutto il resto della penisola ad esclusione del Regno delle due Sicilie. Nel meridione le prime sedi vennero istituite dopo l’Unità d’Italia a seguito della legge del 15 luglio 1888 che prevedeva il passaggio all’istituto di tutti i Monti Frumentari e i Monti di Pietà.

In Sicilia la Cassa di Risparmio venne istituita nell’immediatezza dell’Unità d’Italia grazie ad un regio decreto del 21 ottobre del 1861 che dispose che l’istituto nell’isola si chiamasse “Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele II”. Lo scopo dichiarato era quello di raccogliere i piccoli risparmi e “far fruttare quel poco che può mettere da parte chi vive sulle braccia”, così recitava lo statuto. Un intento fortemente ideologico atto a favorire una sorta di microeconomia ante litteram.

Alla luce di questi presupposti, quando l’istituto bancario agli inizi del ‘900, dopo essere stato ospitato in edifici privati o di altri enti, decise di erigere delle sedi proprie a Palermo, Messina e Trapani. Non poté non scegliere come progettista colui che avrebbe potuto plasticizzare meglio l‘ideale statutario, il più progressista degli architetti siciliani, Ernesto Basile.

Dei tre progetti commissionati quello della sede di Messina fu redatto per primo, secondo alcune fonti (Nunzia Donato: I progetti di Ernesto Basile per le sedi della cassa di risparmio di Palermo e Messina) i lavori avrebbero dovuto aver inizio subito dopo il 1908.  Il progetto della sede palermitana venne redatto lo stesso anno ed i lavori ebbero inizio nel 1909.  Il progetto della sede trapanese venne realizzato nel 1918.

Il primo progetto di Basile

Di estremo interesse è la prima bozza prospettica redatta da Ernesto Basile per la sede peloritana riscontrata presso l’archivio privato della famiglia Basile (vedi repertorio fotografico). Un’ipotesi progettuale che si distingue per l’innovativa aggregazione di volumi e per gli stilemi inediti con i il panormita caratterizzerà alcune delle sue più grandi opere come: Villa Ida Florio e Villa Deliella a Palermo; Il Municipio di Licata; la Centrale Elettrica di Caltagirone; etc.. Stilemi che a Messina ancor oggi si possono chiaramente apprezzare nella Villa Florio di Villaggio Pace.

Ernesto Basile in quell’elaborato esprime tutta la sua spinta progressista e tutta la sua avanguardistica creatività con la quale in seguito avrebbe conquistato il pubblico e orientato il gusto della borghesia industriale isolana e non solo.

Se si fosse realizzata quell’idea Messina avrebbe potuto vantare tra il suo patrimonio edilizio un capolavoro del Liberty italiano dal portato formale e funzionale altamente simbolico, un palazzo interprete della modernità europea in cui vi era una banca per il microcredito. Un’istituzione che sarebbe stata di grande sostegno per i messinesi colpiti dal sisma più delle banche private dei Cerruti o delle grandi banche nazionali ove la povera gente non ebbe mai accesso. Infatti nel periodo della ricostruzione in città non vi fu alcuna istituzione bancaria che tutelasse i destinatari dei contributi governativi che gioco forza dovettero cederli alle banche private pagando agi che non gli consentirono di poter ricostruire le proprie abitazioni.

Un edificio che avrebbe anche formalmente simboleggiato la possibilità di soddisfare quel bisogno di simmetrie sociali ed economiche che dopo il 1908 in riva allo Stretto sono state totalmente disattese.

Sicchè dopo il terremoto il progetto del Basile e l’idea di realizzare un banco per il mutuo soccorso vennero accantonati per essere ripresi solo nel 1925 quando ormai in città si era imposta una nuova struttura sociale rappresentata dall’anacronistica  cifra conservatrice neoeclettica e non vi fu più possibilità per alcuno di piantare il seme della novità.

Nondimeno per la realizzazione, ormai inefficace, della Cassa di Risparmio messinese la cifra rivoluzionaria di Basile venne comunque commissariata affiancando all’innovativo architetto panormita un progettista storicista che avrebbe garantito comunque, seppur tardivamente, che quel seme rivoluzionario non attecchisse.

Così ad Ernesto Basile ormai 70enne venne affiancato un più giovane e muliebre Cesare Bazzani.

Il progetto di Basile e Bazzani

Oggi l’opera occupa il comparto VII dell’isolato 297 del Piano Borzì.  Si tratta di un ulteriore comparto destinato a residenze che viceversa venne usato per insediare funzioni bancarie e presidi militari erodendo ulteriormente la già deficitaria potenzialità recettiva del Piano di ricostruzione post 1908 destinata alla necessità impellente di realizzare alloggi per collocare i sinistrati. Anche in questo caso avvenne la già abusata conquista di spazi residenziali cittadini da parte dello Stato Sabaudo prima e del regime fascista dopo finalizzata all’insediamento delle loro collaterali funzioni di potere come: banche, caserme, uffici, etc.. (vedi il limitrofo Banco di Roma che occuperà i comparti I e II dello stesso isolato. Nell’isolato 297 su otto comparti destinati ad attività residenziali ben 2 sono stati occupati da istituti bancari, in un’area urbana ove a pochi metri da queste sono sorte anche la Banca Commerciale, Il Banco di Sicilia e la grande sede della Banca d’Italia).

La Cassa di Risparmio di Messina ostenta un registro compositivo che è quello standard adottato dall’istituto bancario in quasi tutte le sue sedi. In essa il contributo di Basile propone una semantica che riecheggia quella adottata nella Cassa di Risparmio di Palermo arricchita dalla riproposizione della geniale soluzione d’angolo che egli adottò già nel 1912 nel Palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia realizzato sempre a Palermo e sempre in via Roma.

Rispetto alle opere citate, autentici prototipi del Liberty siciliano, la Cassa di Risparmio di Messina presenta molte contaminazioni classiciste come il parapetto del balcone centrale che esprime stilemi riferibili al classicismo romano di cui Bazzani fece largo uso nella Galleria Nazionale d’Arte di Roma e il portone d’ingresso caratterizzato da uno ieratico neoclassicismo molto lontano dalla cifra modernista del coprogettista siciliano.

Solo l’angolo smussato all’incrocio di via Garibaldi con via S. Maria Alemanna presenta quei fitti ricorsi parietali tipici del lessico basiliano. Lo stesso vale per i modelli del sotto gronda e per le cornici delle finestre superiori che appartengono alla semantica del panormita, seppur espressi in una versione più sobria. una cifra che in città si ritrova, quasi identica, nelle quinte architettoniche di piazza del Popolo a Messina ove Basile intervenne nel 1926 creando una stupenda scenografia urbana che qualificò la piazza come uno degli spazi di relazione modernisti meglio riusciti di tutta l’isola.

Nell’organismo architettonico in trattazione curati sono gli interni e la vetrata di copertura dell’ambiente centrale. Il resto dell’espressività dell’opera risente del contributo storicista di Bazzani che in questa occasione soffocò non poco l’estro di Basile.

L’impressione è quella di un involucro che non vuole eccedere in verbi progressisti per non turbare, seppur tardivamente, l’atteggiamento reazionario del già compiuto neoecclettismo messinese.

La Cassa di Risparmio di Messina è la forma di un inciucio politico. Una metafora tutta italiana da compromesso storico dove idee ontologicamente inconciliabili, l’una l’opposto dell’altra, ossimoricamente si fondono dialogando insieme per pragmatica opportunità. Un corto circuito dal quale, ovviamente, non viene fuori nulla di buono, poiché l’efficacia ideologica venne accantonata per favorire quel pragmatismo politico resistente alle novità.

Quest’opera dimostra come la politica con il falso pretesto della democrazia non dia spazio, quasi mai, a posizioni radicali, le uniche risolutive di quella perenne richiesta di giustizia che si accantona ogni qualvolta si accetta il compromesso. Ciò vale anche per le architetture poiché quando queste diventano figlie di compromessi formali e funzionali la qualità muore e lo sviluppo culturale annichilisce.

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Palazzo della Cassa Nazionale di Risparmio, storia di un compromesso stilistico tra due architetti antitetici

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