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Ponte sullo Stretto e nuovo studio di fattibilità, torna l'opera buffa e il grande inganno

Invece di portare in tribunale i libri contabili di una società che ha bruciato cassa senza lasciare nulla, il ministro Enrico Giovannini ha inviato al Consiglio dei ministri un’informativa per indicare i passaggi necessari ad effettuare un nuovo studio di fattibilità che non esclude l'opzione zero, vale a dire la possibilità, per l’ennesima volta, di non fare nulla

Lo scandalo Ponte sullo Stretto, perché non c’é altro termine per definire questa mega- opera della fantasia che ha già bruciato un migliaio di miliardi delle vecchie lire, non é la volontà di costruire una grande opera, ma tutto il Circo che gli gira attorno.

Invece di portare in tribunale i libri contabili di una società che ha bruciato cassa senza lasciare nulla, neppure uno studio ambientale serio, il ministro Enrico Giovannini ha inviato al Consiglio dei ministri un’informativa per indicare i passaggi necessari ad effettuare un nuovo studio di fattibilità tecnico-economica che dovrà prendere in esame la soluzione progettuale del "ponte aereo a più campate mettendola a confronto con quella del ponte "a campata unica"  ma che non esclude nemmeno l’opzione zero,  vale a dire la possibilità – per l’ennesima volta - di non fare nulla.

E di fronte a tutto questo cosa accade? Che invece di invitare a mettere un “ponte” e andare a capo, arrivano una serie di dichiarazioni che plaudono all’iniziativa “segno della volontà di realizzare un'opera strategica per il rilancio del Mezzogiorno e di tutto il Paese”.

In una nazione civile, una Grande Opera si progetta e se ne pianifica la costruzione in tempi definiti. In un posto che é il Burundi del diritto, si passano sessant’anni da destra a sinistra a discutere per poi affidare un altro studio lasciando aperto il grande buco nero di chi per anni ha prodotto tonnellate di carte e illusioni.

Perché la verità è che sullo Stretto, dove si tira a “campare” non c'è bisogno né di un Ponte a campata unica, né di più campate, nè di un tunnel. C'è solo bisogno di uno Stato che affidi davvero al libero mercato i trasporti marittimi, unico vero gap. Perché il dramma dello Stretto è che mentre i privati registrano una redditività media del 60%, la società pubblica Ferrovie dello Stato, ha dimostrato che non è il suo mestiere. Uno stato serio fa l'arbitro, e si preoccupa di regolamentare il mercato, non fa il costruttore. Lo scandalo è tutto qua, non nel Ponte sì, o nel Ponte no.

Argomento che non può essere trattato come serio: può essere trattato solo come una cieca minaccia allo sviluppo del Sud, che ha bisogno di altra musica: autostrade del mare, potenziamento degli aeroporti, trasporti marittimi davvero liberi e a basso costo e valorizzazione del bene insularità.

Per il Ponte? C'è tempo. Tanto se ne parla solo da Duemila anni.

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