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Domenica, 28 Aprile 2024
Riguardare con cura

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A cura di Domenico Barrilà

Giorgia e Pino, le autobiografie e la commedia all'italiana

Insegno si racconta in un libro mostrando ancora una volta perché le autobiografie sarebbe il caso di scriverle “dopo”, ancora meglio non scriverle affatto, perché ricordano quasi tutte il De Bello Gallico, dove Giulio Cesare ne racconta di tutti i colori, con eccessi di soggettività talmente imbarazzanti da fare apparire Alex Drastico un monaco tibetano

Antonio Albanese, quando si immedesimava nel personaggio grossolano di Alex Drastico, raccontava che una volta in America il cugino gli aveva fatto assaggiare l’Hot Dog, ossia il cane caldo.

Alex, che forse aveva preso troppo alla lettera la traduzione, commentò, tra il deluso e l’arrabbiato: “Ma a me proprio la minchia doveva capitare”. Ovviamente si riferiva a una parte del cane.

In questi giorni è uscita l’autobiografia di Pino Insegno, uno dei grandi uomini di cultura della destra al potere, candidato a raccontarci attraverso i canali Rai i prossimi quattro anni, nella migliore delle ipotesi. Si definisce un Underdog, ossia uno svantaggiato che ce l’ha fatta. La stessa definizione che ci offre di sé, nella sua autobiografia, la presidente del consiglio Giorgia Meloni.

Ora, preso atto dell’assonanza tra Hot Dog e Underdog, in entrambi i casi è coinvolto il cane, sono costretto a pormi la stessa domanda esistenziale di Alex Drastico, ossia quale parte è capitata a tutti noi. Non saprei se siamo stati più fortunati del funambolico personaggio creato da Albanese.

Mi spiace dovere tirare in ballo l’analista, ma non penso troppo bene di gente arsa dal bisogno di scrivere un’autobiografia. Posso capire lo facciano Frank Sinatra e Charles De Gaulle, ma che ci provino due individui del calibro di quelli citati, con l’intento di sollecitare il voto positivo prima che finisca l’interrogazione, mi pare sinceramente patetico.

Ragazzi, un consiglio spassionato, i problemi risolveteveli prima di impegnarvi in qualcosa di pubblico, fosse anche solo la televisione.

Poi c’è la faccenda dell’Underdog, che puzza di sentimento di inferiorità lontano un chilometro, parla di individui ossessionati dal bisogno di emergere, a tutti i costi, di smarcarsi da un forte disagio interiore da cui si è liberata una volontà di potenza imbarazzante, spropositata. Ricordano, Meloni e Insegno, quel seminarista che mi raccontava di essere visitato da sogno ricorrente, in cui lui era vestito di bianco e parlava da un balcone a una folla immensa che lo acclamava.

Gli avevo consigliato di valutare col proprio vescovo l’opportunità di proseguire il suo percorso. Non lo fece, ma appena consacrato, alla prima destinazione combinò un pasticcio enorme. Perlomeno lui non credo abbia scritto una biografia.

Le autobiografie sarebbe il caso di scriverle “dopo”, non si sa mai, ancora meglio non scriverle affatto, perché ricordano quasi tutte il De Bello Gallico, dove Giulio Cesare ne racconta di tutti i colori, con eccessi di soggettività talmente imbarazzanti da fare apparire Alex Drastico un monaco tibetano.

Il crinale che passa tra l’epico e il ridicolo è sottile, va bene che “semo gente de borgata”, ma tenersi alla larga dalla tentazione è sempre auspicabile, perché ai due Underdog di ultradestra potrebbe andare peggio che ad Alex Drastico, magari due parti del cane parenti stretti di ciò che è toccato in sorte all’amico di Albanese.

*psicoterapeuta

Giorgia e Pino, le autobiografie e la commedia all'italiana

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