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Venerdì, 26 Aprile 2024
La forma delle idee

La forma delle idee

A cura di Carmelo Celona

La travagliata realizzazione di Palazzo Zanca, le lettere “inedite” sullo scontro col progettista

Storia di una delle opere pubbliche più travagliate della città. Il giallo dei capitelli

Nel precedente articolo abbiamo raccontato le vicende che portarono all’incarico diretto di Antonio Zanca quale progettista del nuovo palazzo Municipale della Messina risorta dopo il 1908.

Qui, come definitivo chiarimento della vicenda, racconteremo brevemente come si svolse la realizzazione dell’opera. La storia della esecuzione dei lavori già raccontata nel primo articolo di questa trilogia risulta abbastanza contorta, e vede Antonio Zanca attore principale, come si può evincere dagli epistolari riscontrati agli atti. Dal carteggio esaminato emerge da una parte un atteggiamento vessatorio e deterrente nei confronti di Zanca da parte dell’Amministrazione, che in prima istanza gli aveva dato fiducia  e dall’altra l’ingegnere panormita che si difende benissimo mettendo in atto anch’egli strategie dilatorie e deterrenze fino ad esternare il suo disappunto nella plateale scelta plastica dei “Buddaci” sui capitelli parastali, di cui abbiamo già commentato in precedenza. Si assiste ad un susseguirsi di lamentazioni perpetue da parte del progettista e reticenze gravi da parte dell’Amministrazione e dell’Ufficio Tecnico che hanno ritardato non poco il completamento dei lavori.

Non ci resta dunque che riportare qui di seguito alcuni stralci dell’epistolario citato, che confermano come la vicenda assume tutte le sfumature di un autentico paradigma su quali siano i meandri oscuri nei quali può avvilupparsi la realizzazione di opere pubbliche; soprattutto quando il processo non ha inizio con la dovuta trasparenza e la necessaria linearità, come è avvenuto per Palazzo Zanca.

Antonio Zanca, dopo aver redatto la prima versione del progetto in accorto con il suo grande amico Luigi Borzì, e appaltati i lavori, si vede sottratta la direzione degli stessi che viene affidata  il 16 luglio 1915 all’ing. Luigi Lo Cascio funzionario del Genio Civile. Le sue lamentele si risolvono solo il 28 novembre 1916 quando ottengono l’affidamento della direzione artistica. Un incarico pieno di condizioni: dalla revisione del partito architettonico, alla realizzazione di un portico su piazza Antonello per uniformarsi agli altri edifici pubblici già realizzati ed una Galleria interna al Palazzo Municipale. A questo si aggiunge la sottoscrizione di un contratto con Zanca che contenesse i termini esatti dell’incarico. Disciplinare d’incarico, che viene prontamente impugnato dal Ministro dei Lavori pubblici ritenendo eccessivo il compenso, riducendolo al 2%. il primo giugno 1920 viene redatta la convenzione d’incarico definitiva che obbliga Zanca ad integrare 12 tavole necessarie per l’approvazione del progetto, e gli elaborati di dettaglio di tutti i particolari costruttivi. Le tavole e i particolari entro 4 mesi dall’approvazione definitiva del progetto. Come ulteriori emolumenti Zanca aveva diritto solo alle spese di viaggio da e per Palermo. Il panormita sottoscrive gioco forza ed esterna il suo malcontento non rispettando le consegne e non presenziando con la prevista assiduità ai lavori, giustificandosi con una serie di sciagure personali accompagnate da insistenti richieste di pagamento delle competenze. Qui di seguito riportiamo alcuni brani del vasto carteggio che lasciamo al giudizio del lettore.

il 18 settembre scrive a Assessore Donato:

“Ill.mo sig. Assessore. Era mio proposito di venire a Messina nei giorni del corrente mese per presentare i grafici richiestimi. Però gravissime preoccupazioni per la salute della mia figliola abbastanza compromesse per violenta setticemia in seguito a parto prematuro, mi ha impedito ch’io potessi allontanarmi da casa….. Ora i medici mi hanno assicurato che ogni pericolo è scongiurato, così partirò il 19 per trovarmi a Roma il 20. Epperò non potendo passare prima da Messina mi riservo di fermarmi al ritorno per conferire con V.S.  e discutere sulle vere quistioni… (quali erano le vere quistioni? N.d.A.). Colgo l’occasione per rilevare a V.S. che nonostante le mie reiterate insistenze nessun mandato di competenze mie è stato pagato”.

Il 16 novembre 1922 scrive sempre all’assessore che gli aveva chiesto di sollecitare il fornitore dei marmi del basamento da lui segnalato in origine.

“Ill.mo Assessore, ritornato a Palermo mi sarei abboccato col Geraci ad avere con questi concordato i relativi prezzi per comunicare subito al Cav. Lo Cascio. Disgraziatamente però Geraci in questi giorni è stato preoccupatissimo per la grave malattia che ha colpito i suoi due figlioli (polmonite influenzale). Anzi ieri sera chiedendogli notizia col telefono mi ha fatto sapere che anche lui comincia a sentirsi male. …. Ho pregato l’ing. Baratta di avvertire il Cav. Lo Cascio di spedire al Ministro le parcelle delle mie competenze. Si figuri che dei 12 certificati rilasciati dall’impresa solo i primi tre mi sono stati pagati…. Il Lo Cascio mi scrive che non ha potuto, mancando a lui elementi che io ho avuto cura di mandargli mezzo mio figlio.”

Il 05 ottobre 1924  scrive al nuovo Commissario D’Arienzo:

“Quantunque dolente per un infortunio dal quale miracolosamente me la son cavata con una frattura al tallone e forti ammaccature alle reni, scrivo a V.S. per chiarire un equivoco che, se persiste, metterebbe me in cattiva luce. Intendo parlare dell’album fotografico dei disegni riguardanti il progetto…. Tanto dal Cav. Scaffa quanto dal Cav. Albeggiani (nuovo capo dell’ufficio tecnico) ebbi incarico di commettere al fotografo Bronzetti di Palermo. Appena Bronzetti ultimò il lavoro, io, venendo a Messina mi credetti in dovere di portare personalmente tre copie una per V.S., una per Scoffa e una per Albeggiani. Non trattasi di omaggi, ma di doverosa cortesia; né di reclàme personale. Mi auguro che V.S. vorrà considerare questa spesa come una spesa d’ufficio da prelevarsi sul fondo di spesa già approvato dal Ministero.”

Sempre il 5 Ottobre scrive anche ad Albeggiani:

Carissimo Albeggiani, anzi tutto, ti ringrazio dei tuoi auguri per l mia guarigione che fortemente procede il suo corso. E’ stato un miracolo se non vi ho lasciato al pelle! Quest’Affare del pagamento della fattura Bronzetti ha preso una piega talmente antipatica che mi dà l’obbligo di non subirla per santa pace. Io non posso lasciare il dubbio di essermi arbitrato di fare eseguire il lavoro per reclàme personale e non voglio restare in cattiva luce con il Commissario. Tu interessandoti della posizione di Bronzetti, mi proponi di anticipargli l’importo garantendo anche “personalmente” che ne sarà rimborsato quando la situazione dell’impresa si chiarirà. Potrò, se mai, fare qualche anticipo del mio, come potrei parimenti suggerire a te di anticipare la spesa. Ma nell’uno o nell’altro non sarà mai chiarita la mia posizione di fronte al Commissario.”

Questa vicenda spiega pienamente l’interpretazione giù data sul significante dei Capitelli. Il prof. Antonio Zanca indignato per come sono andate le cose, lancia un imperituro insulto all’ambiente.

Quello che non si spiega è come quell’ambiente che con il panormita ebbe non pochi attriti ed infine fu clamorosamente beffeggiato gli abbia intitolato il Municipio. Rarissimo, forse unico, caso in cui un Palazzo di Città viene intitolato al progettista senza che questi abbia avuto mai un ruolo positivo nelle vicende storiche e culturali della città stessa, ma abbia semplicemente operato, solo come progettista, il cui  incarico scatenò una diffusa indignazione nell’ambiente politico, nell’opinione pubblica e nella stampa.

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