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Sabato, 27 Aprile 2024
Riguardare con cura

Riguardare con cura

A cura di Domenico Barrilà

Università, un rettore per il futuro della città

Chiunque si insedierà al vertice dell’Ateneo avrà di fronte un compito arduo, ai limiti del temerario, perché, assai prima di modificare la rotta, dovrà rallentare l’inerzia di un bastimento che, come Messina, naviga in un brodo culturale e antropologico terribile, dove l’unico strumento di misura sembra essere la contiguità

Sono tre al momento i candidati alla carica di Rettore per l’Università di Messina. Non conoscevo, ma non avverto particolari frustrazioni, l’uscente.

Neppure conosco i tre aspiranti, se non per un incontro casuale di un quarto d’ora con uno dei tre - l'unico non prorettore - tanti anni fa in casa di comuni amici e, dico con sincerità, mi è parsa una brava persona, come sono certo lo siano i suoi rivali.

Un parametro forse ingenuo, “brava persona”, ma ispirato da un’attesa forte e da una speranza ancora più forte, perché è di grammatica elementare che necessita la città l’oggi, e poi per il domani e poi per il dopodomani, e sottolineo la città, non l’università perché l’ateneo messinese non è un sottoinsieme della seconda, anzi la sua poderosa forza d’inerzia, la sua statura scientifica e culturale, la sua dimensione economica, sarebbero in grado di orientare il destino del luogo che la ospita, se solo avesse beneficiato di una stanza dei bottoni di pari gittata.

Grande è il suo peso specifico, enorme il suo ombrello d’influenza potenziale, soprattutto considerato il deserto che la circonda, a cominciare dalla politica, con modeste eccezioni. Escludo dal giudizio l’attuale amministrazione, i conti li faremo alla fine del mandato, come giusto che sia, sebbene qualche parola più “compromettente” sulle vicende legate ai vertici universitari ce la saremmo aspettata. Ma siamo a Messina, “munti cu munti non s’incontrunu”.

Eppure, negli ultimi anni, l’università non solo non è stata in grado di indicare una strada comportamentale, prima che gestionale, ma è sembrata spesso scimmiottare le peggiori abitudini proprio dell’avvilente politica locale. Non sono abbastanza addentro per dare una valutazione degli ultimi rettorati, ma ciò che si è visto da fuori basta e avanza per affermare che chiunque si insedierà al vertice dell’università avrà di fronte un compito arduo, ai limiti del temerario, perché, assai prima di modificare la rotta, dovrà rallentare l’inerzia di un bastimento che, come la città, naviga in un brodo culturale e antropologico terribile, dove l’unico strumento di misura sembra essere la contiguità. Una specialità che porterà Messina, salvo miracoli, alla morte per asfissia, stazione finale dopo lunghe stagioni di crisi respiratorie, sempre più gravi.

Si, l’università di Messina necessita di una brava persona al vertice, possiamo dare per certo, come si diceva, che i candidati attuali lo siano, il punto è se lo rimarranno. Proprio perché, per deformazione professionale, tendo a guardare l’erba dalla parte delle radici, conosco gli effetti del potere sulle persone, anche su quelle “brave”, già in condizioni normali, che qui non dimorano ordinariamente.   

Dobbiamo sperarlo tutti, che la qualità di partenza, data per certa, trovi  i giusti correlati nella realtà situata, perché Messina è costituzionalmente attraversata da ultimi treni, che tuttavia si diradano e diventano sempre più lenti.

Il prossimo rettore potrà decidere se lasciare un solco profondo nella storia dell’ateneo, dunque della città, se vorrà farlo dovrà aggredire immediatamente e senza equivoci quella cultura della rassegnazione che aleggia su Messina, mediata da un pugno di famiglie che possiedono tutto e tutti, perpetuandosi di generazione in generazione. Oppure se si accontenterà di essere il capo. Certo, anche questa opzione non è male, se non per il fatto che non serve a nessuno e sarebbe un altro passo verso il nulla.

 

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