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Editoriale

Qualità della vita, Felice Espro: “Io, da Messina a Bolzano con un salto di vent'anni sempre più incolmabile”

La testimonianza del giornalista che ha lasciato la Sicilia tanti anni fa per la città in cima alla classifica del Sole 24Ore. Dove ha imparato che i rifiuti si raccolgono e tutti danno lo scontrino. Ma anche che casa è dove ti realizzi anche se continui a piangere per la tua patria

Arrivai a Bolzano a fine maggio del 2001. C’era caldo, afa. Pensavo di andare in una fresca montagna, e invece entrai in una conca torrida. Avevo lavorato quasi nove mesi a Rovigo, nella nebbia, prima città ad offrirmi un posto di lavoro come cronista dopo Messina. Ricordo nitidamente che a metà dicembre 2001 venne pubblicata la consueta classifica della Qualità della Vita del Sole 24 Ore. Bolzano era prima su 103 province. Messina era 88ma. I colleghi mi chiesero cosa ne pensassi, se davvero ci fosse questo distacco tra il Nord e il Sud Italia, in particolare tra le mie due città. Risposi candidamente: “Da quando vivo a Bolzano, ho scoperto che gli autobus sono puntuali, i rifiuti vengono accolti, il traffico è accettabile, la ricchezza è diffusa, più o meno tutti hanno un lavoro, quasi nessuno lavora in nero, la sanità è buona, le opere pubbliche vengono completate e tutti ti danno lo scontrino. Ho anche scoperto che la busta paga e i contributi pensionistici vengono versati contemporaneamente a datore di lavoro e Istituto pensionistico”.

Qualità della vita: a Messina si ruba di più, non si studia e ci si ammala di Covid

Poco dopo chiamai mia madre e le dissi: “Sinceramente tra Bolzano e Messina ci sono 20 anni di differenza in termini di evoluzione sociale, servizi, grandi opere, ricchezza, civiltà. Chissà se tornerò mai in riva allo Stretto”. Sono passati 20 anni. La classifica della Qualità della Vita 2020 del sole 24 Ore colloca Bolzano al 2° posto (in 20 anni, non è mai andata più giù del 5° posto) e Messina all’91°. Ho ironizzato su Facebook: distanza immutata, le prime della classe sentono il fiato sul collo. In verità, non è solo Messina che giace in fondo, ma tutto il Sud.

L’elenco dal posto numero 82: Latina, Lecce, Avellino, Frosinone, Cosenza, Sud Sardegna, Brindisi, Palermo, Catania, Messina, Napoli, Salerno, Caserta, Reggio Calabria, Taranto, Barletta-Andria-Trani, Agrigento, Ragusa, Foggia, Trapani, Catanzaro, Enna, Vibo Valentia, Siracusa, Caltanissetta, Crotone. Vent’anni di nulla, pochissimi progressi. Oggi anno, se posso, torno a Messina per vedere la mamma, la sorella, i nipoti, i cugini, gli amici di gioventù. Ogni anno riparto con la sensazione che sia tutto uguale, che quei 20 anni di divario adesso siano 40. Incolmabili.

Quel 93° posto di Messina per affari e lavoro dice tutto. Così come l’89° posto per ambiente e servizi e il 78° per la cultura. Non farò l’errore dei miei genitori. Nel 1986 mia madre ottenne la prima destinazione come preside neo-assunto a Rovigo. Potevamo spostarci tutti, anche papà e sorella. Io feci di tutto per tornare a Messina, dove avevo già fatto il primo liceo. Mi accontentarono. Ironia della sorte, nel 2000 la mia prima sede da profugo (questo siamo, profughi economici per mancanza di lavoro) fu proprio a Rovigo. La pandemia sta creando parecchi danni. Chi parte da un livello elevato di affari e lavoro, soffre ma può riprendersi. Chi è malmesso, rischia di morire davvero. Così mi aggrappo a un concetto che ripeto spesso agli amici sudtirolesi: “Heimat (patria) è dove nasci e cresci, ma casa è dove ti realizzi come persona, dove lavori, dove metti su famiglia”.  Si possono avere tante case, nella vita, ma abbiamo una sola patria. Rido perché ho una bella casa, ma piango spesso perché la mia patria sta morendo.

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