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Domenica, 28 Aprile 2024
Cronaca

Distrofia muscolare di Duchenne, al Policlinico una nuova terapia efficace per i bimbi

L'unità ospedaliera di Malattie Neurodegenerative ad elevata complessità assistenziale tra i quattro centri italiani coinvolti nello studio pubblicato su “The Lancet Neurology”. La sperimentazione condotta somministrando a 118 bambini, in fase precoce di malattia, questa nuova molecola in grado di limitare i processi infiammatori e fibrotici

Una terapia efficace per trattare la distrofia muscolare di Duchenne. L’UOSD di Malattie Neurodegenerative ad elevata complessità assistenziale dell’Azienda ospedaliera universitaria G. Martino di Messina, diretta da Sonia Messina, è tra i centri protagonisti di uno studio intercontinentale molto importante, i cui risultati sono stati appena pubblicati su “The Lancet Neurology”. Si tratta di una sperimentazione sull’utilizzo di una nuova molecola per il trattamento di questa grave patologia che colpisce i bambini. Notizia di poche ore fa, per la prima volta una terapia per la distrofia muscolare di Duchenne è stata approvata dalla Agenzia Americana Food and Drug Administration (FDA) per bambini oltre i 6 anni di età a prescindere dal quadro genetico.  

La distrofia muscolare di Duchenne è una malattia genetica rara che sovverte progressivamente la struttura del muscolo con sua sostituzione con tessuto adiposo e fibrotico. I primi segni di debolezza compaiono tra i 2 e i 5 anni di età e possono variare da persona a persona. I muscoli presentano aspetti degenerativi che portano gradualmente alla perdita delle normali funzionalità motorie, con un’aspettativa di vita ridotta intorno ai 35/40 anni. In atto non ci sono terapie efficaci per trattare la Duchenne, se non l’utilizzo dei corticosteroidi.

Lo studio, di fase tre, interessa 11 paesi e in Italia vede coinvolti solo quattro centri: insieme al Policlinico di Messina, il Policlinico di Milano, il Bambin Gesù e il Policlinico Gemelli di Roma.

179 i piccoli pazienti arruolati, di età compresa tra i 6 e gli 8 anni. La sperimentazione è stata condotta somministrando a 118 bambini, in fase precoce di malattia, questa nuova molecola, un inibitore delle istone deacetilasi, in grado di limitare i processi infiammatori e fibrotici a carico del muscolo. Rispetto ai 61 pazienti a cui è stato somministrato placebo, i bimbi in trattamento hanno registrato netti miglioramenti nel salire le scale, funzione correlata alla perdita di deambulazione, maggiore velocità nel compiere dieci metri e in altre prove per testare la capacità di camminare e le funzioni motorie globali. Risultati soddisfacenti evidenziati anche sul piano della risonanza magnetica muscolare, dove è emerso che i pazienti trattati con il farmaco presentavano una diminuzione dell’infiltrazione adiposa e fibrotica tipica di questa malattia.

I bambini, 8 quelli seguiti presso il centro dell’AOU, sono stati monitorati per due anni con visite, in un primo momento settimanali e poi trimestrali, con valutazioni multidisciplinari e con esami strumentali. Adesso lo studio sta proseguendo e tutti i bambini stanno continuando ad assumere il farmaco per valutare gli effetti a lungo termine, con un’estensione programmata al momento per tre anni.

 “Il nostro Centro - sottolinea  Sonia Messina – è stato selezionato sulla base di criteri molto stringenti in termini di affidabilità scientifica e clinica, e gestione della sicurezza e ringrazio la mia équipe per questo. Siamo felici di essere stati scelti tra i 4 gruppi italiani presenti soprattutto perché alcuni piccoli pazienti del sud Italia hanno potuto accedere a questa terapia innovativa. Pur essendo un campo in cui sono stati tentati molti studi sperimentali, questa ricerca segna un cambio di passo radicale rispetto alle conoscenze scientifiche precedenti ed è la prima volta che riscontriamo effetti così positivi sui pazienti. Anche la pubblicazione su “The Lancet Neurology”, la rivista neurologica più prestigiosa e solitamente riservata a studi su patologie con frequenza molto più alta, dimostra l’importanza di questi risultati che impattano in modo decisivo sul decorso della malattia e sulle aspettative di vita dei pazienti”.  

“Sono felice - ha detto la rettrice Giovanna Spatari -  che la nostra Università sia coinvolta in un progetto così importante che impatta fortemente sul piano scientifico e sulle prospettive di trattamento di una malattia così grave e rara. Sono obiettivi che ci rendono orgogliosi e che dobbiamo continuare a perseguire”.

 “Un risultato - ha detto il manager del Policlinico Giorgio Giulio Santonocito - che valorizza l’importanza di una realtà punto di riferimento per molte famiglie e per molti bimbi che necessitano di essere seguiti e monitorati in modo costante. Un lavoro, quello pubblicato, che è anche un esempio concreto di quel connubio tra assistenza e ricerca, tipico di una azienda ospedaliera universitaria, indispensabile per offrire i trattamenti più all’avanguardia in campo clinico e scientifico”.

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