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Cronaca

Fallimento Centonove, contabile assolto e pena ridotta per l'editore

Si chiude in appello il processo per bancarotta dello storico settimanale. A Basso 4 anni e 4 mesi

Assoluzione totale per il contabile Giuseppe Garufi "perché il fatto non sussiste" e riduzione della condanna da 6 anni e 5 mesi a quattro anni e 4 mesi per Enzo Basso.

Si chiude così in Appello la sentenza sulla bancarotta dello storico settimanale Centonove.

A presiedere la Corte il giudice Alfredo Sicuro, relatore Antonino Giacobello. Il collegio era completato dal giudice Luana Lino.

L’editore del settimanale Enzo Basso ha reso spontanee dichiarazioni. Per tre ore ha ripercorso la vicenda giudiziaria replicando punto per punto sui capi di imputazione e alle dure affermazione formulate dal procuratore generale Felice Lima la scorsa udienza che aveva chiesto anche un aggravamento della pena rispetto alla condanna di primo grado, sei mesi in più per Basso e tre per Garufi.

Basso ha chiarito di non aver mai né lucrato né ottenuto vantaggi economici dalla gestione di Centonove o delle società collegate anzi di aver investito rimettendoci capitale proprio. Anche per Basso sono arrivate alcune assoluzioni perché il fatto non sussiste in merito alle contestazioni di falso che secondo l'accusa erano stati commessi con Garufi, ora prosciolto con formula piena.

"Finalmente, dopo sette anni di processi, è giustizia per un onesto lavoratore che ha solo svolto il suo mestiere", è il commento del legale di Garufi, Carlo Mastroeni.

"Prendiamo atto del parziale accoglimento dell’appello - spiega invece l'avvocato Andrea Calderone -  tuttavia è una sentenza che ci soddisfa solo in parte pertanto attendiamo il deposito delle motivazioni convinti di poter dimostrare le nostre ragioni in Cassazione".

Adesso la parola spetta dunque alla Corte Suprema che già per altri due imputati che avevano scelto il rito abbreviato, Francesco Pinizzotto e Andrea Ceccio (difesi dagli avvocati Luigi Giacobbe e Alberto Gullino) ha annullato la sentenza di condanna della Corte d’Appello di Messina con rinvio ad altra sezione.

Tutti erano stati chiamati in causa per alcune ipotesi di bancarotta e per i passaggi societari dell'editoriale. La Guardia di Finanza contestava la costituzione di una serie di società finalizzate a percepire i contributi dell'editoria ed evitare le conseguenze dei fallimenti delle società madre. 

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