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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

Ancora truffe comunitarie della mafia dei Nebrodi, sequestrati a due indagati un milione e mezzo di euro di beni

L'inchiesta condotta dalla procura antimafia di Messina e dalla Guardia di Finanza, sotto analisi due centri di assistenza agricola a Tortorici e Cesarò

Un sequestro di un milione e mezzo di euro, ancora truffe ai fondi comunitari destinati all'agricoltura. Sotto indagine due persone legate alla mafia dei Nebrodi. I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza hanno eseguito due decreti di sequestro emessi dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina, su richiesta della procura, Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di due persone ritenute  socialmente pericolose.

I provvedimenti sono stati estesi anche ai familiari dei due soggetti destinatari delle investigazioni economico-patrimoniali nati a Locri e Catania. Le indagini scaturiscono dalla ricostruzione del profilo di pericolosità qualificata degli indagati  come emerso dalle molteplici iniziative investigative coordinate dalla Procura peloritana e delegate alla Guardia di Finanza di Messina.

L’articolato e complesso quadro indiziario che ha portato all'esecuzione delle due misure di prevenzione, personali e patrimoniali, riflette il quadro probatorio emerso nel corso del processo alla “mafia dei Nebrodi”, le indagini furono coordinate dalla Procura di Messina, che nell’ottobre 2022, aveva giudiziariamente accertato, l’esistenza e l’operatività della famiglia mafiosa dei “tortoriciani”, coinvolta nella commissione di attività illecite nel territorio nebroideo. Più in particolare, quel processo aveva consentito di ritenere giudiziariamente provata l'operatività della compagine criminale mafiosa nella provincia messinese.  I due indagati hanno avuto un ruolo determinante nella commissione delle molteplici condotte truffaldine e predatorie, in quanto gestori di due Centri di Assistenza Agricola (Caa), dei quali uno, ubicato a Tortorici l’altro, a Cesarò. 

I centri, anello debole della catena del controllo pubblico sull’erogazione dei fondi, rappresentavano l’anticamera da cui passare per presentarsi all’Unione Europea come legittimi beneficiari di quei contributi che, sulla carta, avrebbero dovuto sostenere gli agricoltori rispettosi delle regole e contrastare l’abbandono delle aree rurali. Sulla scorta dei dettagliati elementi investigativi all’epoca raccolti, i finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Messina hanno accertato, per uno dei due soggetti destinatari dei provvedimenti, nell’arco temporale 2005/2014, l’esistenza di numerose condotte integranti i reati di associazione di tipo mafioso e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, violazione, quest’ultima, ascrivibile anche all’altro soggetto coinvolto, nei confronti del quale le manifestazioni di pericolosità si sono protratte nel periodo 2012-2016.

Gli approfondimenti economico-patrimoniali hanno consentito di disvelare la disponibilità di beni, in capo agli indagati e relativi familiari, in misura sproporzionata rispetto ai redditi leciti dichiarati, dimostrando la stretta correlazione temporale tra i comportamenti antisociali documentati e l’illecito arricchimento accertato. 

I beni sequestrati

L’Autorità Giudiziaria di Messina ha quindi disposto l’odierna esecuzione di apposite misure di prevenzione patrimoniali: 
-    n. 1 compendio aziendale comprensivo dei relativi beni patrimoniali (attivo nel settore agricolo);
-    n. 6 terreni, n. 3 quote societarie, n. 35 rapporti finanziari (n. 10 polizze assicurative, n. 11 deposito titoli, n. 4 carte di pagamento/prepagate, n. 1 deposito a risparmio, n. 8 conti correnti, n. 1 somma derivante da disinvestimento di quote del fondo comune d’investimento);
-    n. 1 autoveicolo e n. 2 quote di proprietà, relative a n. 2 fabbricati, nella disponibilità diretta e indiretta o comunque riconducibili  agli indagati  per un valore complessivo di stima pari ad € 1,5 milioni.

Ai fini dell’esercizio del diritto di cronaca, costituzionalmente garantito e nel rispetto dei diritti dei due soggetti proposti, che, in considerazione dell’attuale fase, essendo il provvedimento di sequestro non definitivo e potendo sempre essere provata la loro non pericolosità fino alla irrevocabilità del medesimo provvedimento, con la precisazione che il giudizio, che si svolgerà in contraddittorio con le parti e le difese davanti al giudice terzo e imparziale, potrà concludersi anche con la prova dell’assenza di ogni forma di pericolosità e di sproporzione fra i beni posseduti e i redditi dichiarati o presunti 
 

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