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Cronaca

Reati informatici, sempre più imprese siciliane a rischio: a Messina 55 denunce ogni 10 mila abitanti

Nella nostra regione c'è stata una crescita dei casi del 12,4% nell'ultimo anno. Il 39,4% delle imprese investe in cyber sicurezza per contrastare attacchi di phishing, furti d'identità, hackeraggio a conti bancari online, ma anche virus, spyware o malware. La crescita più accentuata nella città dello Stretto

Le imprese siciliane sono sempre più soggette a reati informatici. Nell'ultimo anno, nella nostra regione sono infatti cresciuti del 12,4%, dinamica a doppia cifra inferiore rispetto al trend rilevato a livello medio nazionale (+18,4%). Tra le province i reati informatici registrano una crescita più accentuata a Messina (+26,8%), Caltanissetta (+15,2%) e Agrigento (+15,2%).

Lo rileva l’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Sicilia, nel suo ultimo report. L’incidenza del fenomeno è pari a 48 denunce ogni 10 mila abitanti, con intensità maggiore nelle province di Caltanissetta (57), Trapani (57) e Messina (55), Palermo (52), Siracusa (50) e Enna (50). 

Nella nostra regione, come riporta il bollettino annuale dell’indagine Excelsior di Unioncamere-Anpal, nel 2022 si attesta al 39,4% la quota di Mpi siciliane che investono in cyber sicurezza, sopra di 9,4 punti percentuali rispetto a quella rilevata nel periodo 2017-2021 (30%). A livello provinciale tale quota risulta essere più elevata per Ragusa (48%), Enna (44,9%) e Messina (42%). 

Secondo la rilevazione tematica di Eurobarometro della Commissione europea in Italia, la quota di micro, piccole e medie imprese che nell’ultimo anno ha fronteggiato almeno un attacco informatico è del 37%, superiore di 9 punti percentuali rispetto al 28% della media Ue. 

In particolare sono monitorati i casi di virus, spyware o malware (esclusi ransomware), attacco di phishing, acquisizione di account o furto di identità, hacking (compresi i tentativi) di conti bancari online, accesso non autorizzato a file o reti, ransomware (malware che limita l’uso dei dispositivi e permette di ripristinare le funzionalità dopo il pagamento di un riscatto), attacco DoS (che impedisce di accedere alla rete o alle risorse del computer), ascolto non autorizzato di videoconferenze o messaggi istantanei. 

L’analisi delle modalità di aggressione informatica evidenzia che, in relazione all’episodio più grave, nel 35% dei casi l’attacco ha sfruttato la vulnerabilità del software, hardware o della rete, una quota di 12 punti percentuali sopra la media Ue (23%) che colloca l’Italia al 2° posto tra i 27 paesi dell’Ue. Per il 26% dei casi è stata una violazione di password, quota superiore di 7 punti al 19% della media Ue che posizione l’Italia al 4° posto in Ue, per il 21% una truffa o frode e per il 20% un malware, cioè un programma/codice che altera le attività di un sistema.

Tra le conseguenze dell’attacco subito dalle imprese italiane, più diffuse sono l’ulteriore tempo impegnato per rispondere agli attacchi informatici per il 30% dei casi, i costi di riparazione o ripristino per il 25%, l’impossibilità di usare risorse o servizi e di far continuare ai propri dipendenti le attività quotidiane hanno interessato, entrambe, per il 18% delle imprese. Se in generale le conseguenze dell’attacco di cybercriminalità non presentano una specifica accentuazione in Italia, va segnalato che la richiesta di riscatto in denaro si riscontra nell’11% dei casi di attacco cybercriminale ad imprese italiane, una quota doppia rispetto al 6% della media Ue a 27. 

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