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Violenza sulle donne, stalker e bullismo: i segreti della criminologa Cocivera per riconoscere i primi segnali

Un viaggio nel mondo del crimine con la psicopedagogista clinico forense e consulente familiare. Attualmente al lavoro con il caso Bonavera

E’ tutta una questione di comportamenti che si evidenziano nel linguaggio del corpo fino a scavare nelle radici dell’infanzia. Da qui comincia il mestiere del criminologo, attraverso l’occhio attento di chi cerca di far luce sulla complessità del fenomeno criminoso con un approccio multidisciplinare di tipo scientifico, puntando i riflettori su un unico interrogativo: cosa spinge l’uomo a compiere atti criminali? A condurci nell’affascinante mondo della criminologia la dottoressa Mariapia Cocivera, psicopedagogista clinico forense, criminologa investigativa Cpt-Ctu, perito presso il tribunale di Messina e consulente familiare. Una professionista a tutto tondo che attualmente si sta occupando anche del caso Bonavera mediante quella scienza empirica che spesso viene messa all’ombra, ma che consente di guardare oltre quello che si può vedere. Una  professione che parte da un percorso universitario in  Giurisprudenza, Medicina,Sociologia o  Pedagogia e di cui oggi esistono dei corsi di laurea specifici, ma che si affina nella formazione post-laurea con master ad hoc che consentono di mettere insieme scienze giuridiche e umane. 

Ma che cosa fa il criminologo? “Studia le dinamiche sottese al comportamento  di vittime e carnefici- afferma la professionista- che nella maggior parte dei casi  nascono da un disagio proveniente da un ambiente particolare di provenienza . Sicuramente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio,  perché ci può essere la voglia di riscatto sociale anche in contesti difficili.  Inoltre c’è chi si ammala dal punto di vista psichico e chi  invece è un criminale lucido  caratterizzato da un' indole cattiva. Bisogna distinguere chi può essere recuperato da chi invece  merita solo un posto in carcere”. Nessuna generalizzazione però, ogni storia è un caso a sé  ma  una cosa è certa la violenza parla attraverso segnali ben precisi.

Indizi che si possono manifestare anche da giovanissimi, ma qual è la situazione  attuale su base territoriale?: “C’è un’alta percentuale di microdelinquenza  tra gli adolescenti di oggi che parte da  un abuso di sostanze stupefacenti o di alcol. Da qui nascono fenomeni di bullismo e cyberbullismo che sfociano  in una voglia di prevaricazione per emergere a tutti i costi”, sottolinea la Cocivera.

Tutto ciò alimenta la voglia di esibizionismo che trova nei social  e nel loro uso sbagliato campo fertile.  Oggi tutto viene messo in rete, più fa scalpore più piace al popolo social, al punto  da assistere alla “spettacolarizzazione” della violenza. Ultimo  in ordine di tempo  il video filmato da un passante che ha immortalato dal vivo  la vicenda della giovane Ilenia Bonavera mentre viene aggredita  in mezzo alla folla, ma cosa sta succedendo alla società di oggi? “La gente oggi preferisce filmare- continua- piuttosto che dare una mano. Oggi manca il senso di giustizia verso il più debole. Filmo però decido di farmi i fatti miei,  perché essere coinvolti avrebbe delle conseguenze.  Manca il senso del dovere non solo morale ma giuridico, c’è solo tanta voglia di visibilità e più una cosa scuote più dà visibilità”.  Una tendenza diffusa che rappresenta una lama a doppio taglio: “ Quando si diffondono  questi video  non si pensa alle ripercussioni che potranno avere non solo  sui familiari della vittima  ma anche sui parenti del presunto carnefice.  Si crea un effetto domino dalle conseguenze devastanti, dall’altro lato però sono prove che contribuiscono a dare una mano agli inquirenti”. 

Un situazione che lascia riflettere ma che andrebbe combattuta con la prevenzione : “Se si attivassero  delle azioni di prevenzione a sostegno della genitorialità  laddove  il  disagio è tangibile, molti fenomeni violenti si potrebbero evitare. Una violenza che oggi si manifesta anche a livello verbale e che non va sottovalutata”.

Ma davanti a vicende così atroci su cosa deve soffermarsi il criminologo? “ Quello che io leggo dagli atti di causa non basta- rivela la Cucivera  che  il prossimo 24 febbraio incontrerà Daniela Agata Nicotra, rinchiusa nel penitenziario di piazza Lanza per l’omicidio della 26enne messinese Ylenia Bonavera- bisogna sentire il racconto e osservare il linguaggio del corpo di chi ha commesso il fatto. E’ molto più importante ciò che non si dice rispetto a quello che si dice”. Il criminologo  deve esaminare a fondo anche il più comune dei comportamenti per rendersi conto se  chi ha davanti mente oppure no: “Bisogna fare le domande giuste- prosegue- osservare la postura del corpo, comprendere le inflessioni della voce, perché nel nostro mestiere anche il silenzio comunica. Il biglietto da visita è l’impatto visivo  che può esprimere sicurezza o situazione di disagio. Ad esempio se sei davanti ad un caso di bugia e quindi di simulazione il soggetto ha uno sguardo sfuggente, tende a toccarsi viso e capelli perché sta cercando di tirare fuori una scusa”. Tutto è spiegabile scientificamente e il corpo è una mappa da leggere in ogni circostanza.

Oggi la violenza fa spettacolo sui social ed è sempre più diffusa tra i più piccoli, come si evince dagli ultimi casi di cronaca. Tra i più eclatanti  quello della bambina di 10 anni morta a Palermo per una sfida su Tik Tok: “I social sono diventati una rovina- ci tiene a precisare -per chi non ne comprende la gravità. I bambini pur di essere uguali agli altri agiscono senza la cognizione del pericolo. In questo ha ancora un ruolo fondamentale la genitorialità.  Il divieto non è la strada giusta diventa un invito per il bambino, bisognerebbe parlarne  sempre coinvolgendo i bambini nella spiegazione. I figli hanno bisogno di capire perché un comportamento è positivo o negativo . Bisognerebbe attivare dei progetti gratuiti nelle scuole per parlare di prevenzione nei social prima ai genitori che ai bambini”.

Si assiste sempre di più ad una violenza che diventa normalità: “Ormai non sconvolge più- afferma la professionista che lavora attivamente con donne vittime di violenza- e questo è ancora peggio.  Il mio lavoro è incoraggiarle a reagire perché finché sei viva la soluzione la trovi”. Una reazione che deve partire  dalla violenza più silenziosa quella psicologica: “E’ la più diffusa  si cerca di annichilire la vittima con un annientamento mentale che poi diventa fisico”. Quali sono i campanelli di allarme per capire che si ha davanti un possibile stalker? “Lo stalker- puntualizza la Cocivera- non accetta il rifiuto è un soggetto debole  che spesso viene  da rapporti familiari inesistenti o abusanti, una persona che ha subito violenze in famiglia o che presenta una carenza di figure di attaccamento . Non riesce ad instaurare rapporti amicali o amorosi  perché vive proiettato in un passato che non vuole  che si ripeta nel presente, ad esempio non vuole essere abbandonato ancora una volta e diventa morboso. Si caratterizza per un comportamento eccessivamente ossessivo”. Questo si esplicita nella tendenza a non volere che la propria compagna indossi un determinato vestito, metta il rossetto o esca con qualcuno di diverso da lui . “Le ragazze a volte non si rendono conto- racconta- e pensano che essere gelosi vuol dire amare,  una gelosia sana ci sta ma se questa arriva ad evolversi bisogna fuggire a gambe levate”. La violenza  anche se in aumento oggi non resta in silenzio: “ Lavoro con vittime di stalking – conclude - e oggi c’è una tendenza a reagire maggiore rispetto al passato.  Il sistema della giustizia si è rafforzato,  le donne hanno più fiducia e denunciano più facilmente”. 


 

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